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 2012  giugno 10 Domenica calendario

Gros: “Ora non ci sono più le risorse per aiutare l’Italia” - La Spagna non è affatto salva, secondo Daniel Gros

Gros: “Ora non ci sono più le risorse per aiutare l’Italia” - La Spagna non è affatto salva, secondo Daniel Gros. Ha 6-8 anni di traversata del deserto davanti, prima di tornare a crescere. Inoltre, non è detto che i 100 miliardi di euro della Ue alle banche serviranno a restituire la fiducia ai mercati. Soprattutto, avverte l’economista e direttore dell’autorevole think tank Ceps,ilsalvataggiodiMadrid,prosciugando le risorse europee, abbandona a se stessa l’Italia. Che dovrà cavarsela da sola, se la crisi dovesse nuovamente aggravarsi. Professore, la Spagna è salva? «Ho paura che ci vorrà molto di più delle cifre che circolano ora. Solo se tornerà la fiducia degli investitori, le cose potranno migliorare». Ma il Fmi stima che ci vogliono 40 miliardi di euro perché le banche mettano a riparo i conti. E l’Eurogruppo ha messo sul tavolo ben 100 miliardi. «Il Fmi dice che 40 miliardi basteranno “per ora”, se le cose non peggioreranno. E dobbiamo fare mente locale sulla situazione spagnola che non è affatto quella che ci descrive il governo». In che senso? Che non tornerà a crescere nel 2014? «L’economia spagnola non tornerà a crescere per 6-8 anni, altro che 2014; c’è poco da illudersi. Il paese è nel mezzo di una recessione profonda dovuta allo scoppio di una bolla immobiliare che è stata finanziata in gran parte da capitali stranieri». Molti venivano dalla Germania... «Non solo. E l’aspetto da sottolineare è che è stata una bolla di proporzioni gigantesche; adesso il problema non sono i prezzi ma le case vuote, cioè i soldi letteralmente buttati via. Ripeto, rispetto alla bolla immobiliare irlandese la differenza sta nella provenienza dei crediti. Tre quarti di quelli spagnoli provenivano dall’estero, mentre quelli irlandesi erano interni e questo ha consentito un rapido riassorbimento della crisi». Si è parlato molto dell’ipotesi di dotare il fondo salva-Stati Efsf della possibilità di salvare direttamente le banche. Sembra che anche il governo spagnolo l’avrebbe preferita a un piano di salvataggio “classico”. «Il governo Rajoy questo non lo ha mai chiesto apertamente. E dubito che avrebbe accettato di veder finire le banche spagnole in parte o del tutto controllate dal fondo europeo. Ma in ogni caso sarebbe stata la soluzione migliore, questo è indubbio». Anche lei pensa che si debba cambiare lo statuto del fondo per consentirgli di intervenire sulle banche? «Sì ma non c’è bisogno di cambiare lo statuto dell’Efsf: basta costituire un altro fondo che abbia questo compito. Ma tanto ormai è tardi. E il problema vero è un altro». Quale? «Dopo la Spagna non ci saranno più margini per aiutare l’Italia. Rimarrà senza difese, costretta ad aiutarsi da sé, nel caso la situazione precipiti. Per ora sta reggendo, le aste vanno bene e il surplus è una prospettiva importante. Ma servono altri sforzi». Ancora? Il governo, per proteggere l’avanzo primario ha alzato le accise per finanziare il terremoto... «Certo, Mario Monti sta facendo molti sforzi. Ma è ancora poco. Vorrei ricordare che in passato, quando la Turchia, il Brasile o i paesi asiatici finirono nei guai, chiedemmo a questi paesi sforzi mostruosi, surplus di bilancio di 5-6 punti». Cosa bisogna fare quindi? «In Spagna servono capitali e non prestiti. È il motivo per cui ero favorevole all’idea che il fondo Efsf salvasse direttamente le banche. Secondo, l’Italia deve fare molto di più per raddrizzare in modo strutturale i conti: tagliare la spesa e fare le riforme».