Mario Pirani, la Repubblica 11/6/2012, 11 giugno 2012
L’anno scorso la polemica fu vivace sulla tolleranza o meno del copiare a scuola. Ad affrontare la questione fu l’ormai noto Gruppo di Firenze che ha raccolto un vasto consenso regionale attorno alle sue parole d’ordine
L’anno scorso la polemica fu vivace sulla tolleranza o meno del copiare a scuola. Ad affrontare la questione fu l’ormai noto Gruppo di Firenze che ha raccolto un vasto consenso regionale attorno alle sue parole d’ordine. Quest’anno alla vigilia degli esami conclusivi del primo e secondo ciclo di studi il Gruppo ha avuto il conforto di ben 558 firme di insegnanti e presidi, superando la soglia dell’appello dell’anno precedente. Servirà a riportare un po’ di decoro in esami spesso ridotti ad uno show televisivo di terz’ordine? Un minimo di ottimismo ci è dato dalla presa di coscienza di un così vasto schieramento di docenti decisi a non lasciar correre e che hanno saputo imprimere una certa enfasi positiva nel loro appello al ministro Profumo, ribadendo le conclusioni dell’ultimo anno: «Dichiariamo pubblicamente che ci impegneremo a far sì che gli esami si svolgano in un clima sereno, ma nel rispetto della legalità, dell’equità e dell’imparzialità ». Una aggiunta: «Gentile ministro le chiediamo di garantire la regolarità dei prossimi esami di Stato, dando disposizioni per una vigilanza veramente rigorosa e mettendo in atto tutte le iniziative normative e tecniche utili a far sì che vengano premiati il merito e l’impegno invece della furbizia e della slealtà». È davvero singolare che il linguaggio di una “disposizione” pedagogica debba assumere la veste di un impegno morale per raggiungere almeno il suo scopo comunicativo. Ma tant’è e me lo conferma la caterva di lettere di appoggio che il Gruppo di Firenze ha ricevuto e mi ha inviato in copia. Ne scelgo una ad esempio della situazione, sgorgata si direbbe dall’empito emotivo di un anziano professore che non ne può più: «Una guerra si combatte, non dichiarata, tra i dirigenti scolastici e le famiglie, considerate dagli stessi l’unico interlocutore in grado di metterne in pericolo non solo l’autorità ma la loro stessa ragion d’essere. Non c’è questione deliberativa, organizzativa o didattica che non si porti dietro la fatidica domanda: “ma i genitori che diranno?”. Ormai nei collegi e nei consigli si vota con l’ombra incombente del genitore che protesta, pronto a raccogliere firme, a presentare reclami o sollevare polveroni mediatici. Le faccio un esempio: una circolare a fine anno invita i docenti ad accogliere le richieste per andare in bagno da parte dei ragazzi senza limite d’orario. La cosa, già prima faticosamente gestibile, dà la stura definitiva al pretesto permanente che porta ad interrompere la lezione e le attività. La dirigente (preside) accoglie la richiesta dei genitori dopo che un alunno non era riuscito a trattenere il suo bisogno. Un caso particolare, che diventa incapacità di distinguere e mantenere una organizzazione rispettosa dell’attività scolastica. Con un colpo di circolare tutti gli alunni diventano ad un tratto incontinenti ». Gli aspetti più aberranti si verificano, comunque, durante gli esami dove si coniugano il comportamento degli allievi e la loro immaturità etica; il comportamento di molti docenti; la difficoltà di contrastare l’uso degli strumenti tecnici e la scarsa volontà di farlo. L’inadeguatezza deontologica si manifesta nella allergia alle sanzioni in chi avrebbe il dovere di irrogarle. Già l’anno scorso di fronte a tutti i possibili artifici elettronici messi in piedi per copiare i compiti e pubblicare in tempo reale soluzioni e traduzioni, ci fu risposto dalla polizia postale: “Abbiamo le mani legate”. È proprio impossibile intervenire? Almeno si dovrebbe stabilire per legge il divieto di pubblicare le soluzioni dei compiti d’esame durante l’orario delle prove. Oppure arrendersi al buonismo ideologico imperante e tollerare o addirittura giustificare gli “aiutini” che spesso diventano “aiutoni” ad opera dell’insegnante che si aggira tra i banchi segnalando gli errori ai candidati. O addirittura, come segnala una rivista, considerando una perizia tecnologica acquisita l’uso accorto e furbesco dei nuovi strumenti per copiare.