Carlo Alberto Bucci, la Repubblica 11/6/2012, 11 giugno 2012
ROMA — Gaio come il nome che gli aveva dato Cesare quando lo adottò, elegante come la statuaria imperiale l’ha tramandato quale padre della Pax romana, Ottaviano Augusto si fa circonfondere dal raggio di sole che entra a mezzogiorno dal cerchio aperto nella cupola del Pantheon
ROMA — Gaio come il nome che gli aveva dato Cesare quando lo adottò, elegante come la statuaria imperiale l’ha tramandato quale padre della Pax romana, Ottaviano Augusto si fa circonfondere dal raggio di sole che entra a mezzogiorno dal cerchio aperto nella cupola del Pantheon. È il giorno del suo compleanno e, seguendo idealmente la scia luminosa, il principe percorre in 13 minuti netti i 750 metri che lo portano al suo Mausoleo. Giusto in tempo per assistere all’ingresso del sole nella tomba di famiglia lungo il percorso che dalla terra porta al cielo. «Ossia ai 44,4 metri di altezza del Mausoleo dove era collocata — spiega Paola Virgili — la statua dell’imperatore al sommo di un’ascensione iniziata con l’apoteosi di Romolo proprio nel punto dove Augusto fece poi costruire il Pantheon in Campo Marzio». Solidi scavi e misurazioni dei reperti trovati, più un pizzico di suggestione astrologica tenuta prudentemente a freno in vista di studi successivi, sono alla base della nuova ipotesi dell’archeologa romana che ha scavato e indagato per anni i resti del Mausoleo fatto erigere da Augusto di ritorno dalla conquista dell’Egitto nel 29 a.C. E che ora si appresta a pubblicare il suo lavoro mettendolo però in relazione con gli scavi da lei eseguiti davanti all’altro monumento fatto erigere nel 27 in Campo Marzio da Augusto insieme con suo genero Agrippa, il celeberrimo Pantheon. Era il 1995 quando Virgili, allora alle dipendenze della Sovrintendenza comunale, poteva scendere sotto il livello di calpestio della piazza del Pantheon e trovare 11 gradini di due scale che portavano al Pantheon di Augusto, prima che nel 118 il suo successore Adriano lo ricostruisse integralmente. «Ho dimostrato che anche il tempio di Augusto si apriva verso Nord, in direzione del Mausoleo, e non in quella opposta. E sono convinta che la celebre “rotonda” fosse già nell’edificio augusteo». La posizione e la forma del Pantheon sono fondamentali per questa ipotesi. E la critica è divisa. Alcuni studiosi continuano a ritenere che il tempio di Augusto fosse invece di pianta rettangolare e aperto verso sud. L’idea della cupola col foro di luce al centro è funzionale all’idea di un rito solare compiuto da Augusto nel passaggio dal Pantheon al Mausoleo, dalla vita terrena a quella eterna. Spiega Virgili: «Il 23 settembre, giorno del suo compleanno, alle 12.13 il sole entra dall’omphalos e disegna un cerchio di luce sulla porta del tempio. Io mi sono fatta questo film, ossia che Augusto in quel momento iniziasse un percorso lungo il mezzo miglio romano che distanziava i due monumenti. Sono 750 metri da percorrere camminando in 13 minuti. Perché passato quel lasso di tempo il sole entra nella porta che conduce al centro del Mausoleo». Oggi, sepolta sotto metri di terra e interrotta da case e chiese barocche, quella strada di luce è indicata, sostiene la studiosa, dai resti delle piazze che Augusto fece costruire dai suoi architetti davanti ai due monumenti e che i suoi successori coprirono con altri piani di calpestio 3 mantenendone però l’orientamento. «Le pietre delle piazze indicano una direzione che è fuori asse rispetto all’ingresso dei rispettivi edifici. Perché questo disassamento? mi sono sempre chiesta. Poi ho capito: le due piazze sono in asse tra di loro, e sono i punti di partenza e di arrivo di una strada che le collegava. Anche gli obelischi di età flavia/ adrianea sono ortogonali a tale asse». Nella stesso ampio, e allora vuoto, Campo Marzio, Augusto fece del resto erigere una gigantesca Meridiana che, con l’obelisco oggi a piazza Montecitorio, segnava le stagioni e i giorni del suo impero. E il 23 settembre, equinozio d’autunno, giorno del suo compleanno da condividere niente di meno che con Romolo, l’obelisco disegnava un’ombra lunga che andava a toccare proprio la testa del leggendario gemello fondatore dell’Urbe. «Siamo dentro un complesso piano urbanistico e simbolico in un discorso fatto di corpi di fabbrica e di scultura, di immagini che parlavano al popolo più e meglio dei testi scritti» sottolinea l’archeologa. Con l’architetto Alberto Mancini, Virgili ha realizzato la tavola con la ricostruzione del Mausoleum Augustiper i due volumi dell’Atlante di Roma di Andrea Carandini in libreria da domani (Electa). Rispetto alle altre ipotesi ricostruttive del sepolcro, quella di Paola Virgili proietta nel 3D la misurazione di tutti gli elementi superstiti rimasti attaccati al nucleo originario del monumento dopo secoli di spoliazioni, crolli, superfetazioni e demolizioni. E propone un disegno che si impone per un monumentale muro di cinta più alto di quanto si pensasse, superato il quale si entrava in una catena di anelli concentrici: per tre corridoi anulari, e non due come precedentemente si credeva, coperti da volte non fatte di leggero calcestruzzo ma di candido travertino («in nessun altro edificio romano a noi noto esiste qualcosa di simile», spiega Virgili). Materiali sempre più preziosi mano a mano che si arrivava verso il nucleo centrale del monumento di famiglia. In un’ascesa lungo le scale elicoidali che contornavano il pilastro centrale portando all’urna con le ceneri del principe. E in cima, «come fosse una colonna coclide», la statua dell’imperatore. Bello come il sole.