Walter Pedullà, Il Messaggero 10/06/2012, 10 giugno 2012
Il pasticciaccio linguistico - Ci sono nel Pasticciaccio tutti i dialetti che si parlano da Roma a Napoli, nonché tra Napoli e Roma, e dintorni, cioè Abruzzo e Molise, regione natale del commissario Ingravallo
Il pasticciaccio linguistico - Ci sono nel Pasticciaccio tutti i dialetti che si parlano da Roma a Napoli, nonché tra Napoli e Roma, e dintorni, cioè Abruzzo e Molise, regione natale del commissario Ingravallo. Quanto poi al plurilinguismo che mescola lingua e dialetto, Gadda vi era arrivato vent’anni prima, cioè ai propri esordi come narratore. I linguaggi bassi li aveva frequentati sin dalle prime prose e il discorso indiretto libero con cui i neorealisti rendevano omaggio a Verga e al verismo lo aveva praticato sin da quando si era messo a scrivere Racconto italiano d’ignoto del Novecento. Al Sud! Al Sud! Ma la questione gaddiana non è solo meridionale. Gadda scende verso il Sud e si ferma a Roma: dove convivono, si aggrovigliano, fanno gnommero, insomma «pasticciaccio» linguistico i dialetti di tutti coloro i quali partono dalle regioni meridionali per trovar lavoro nella Capitale. A Roma! A Roma! Nel centro che è anche periferia, babele in cui si miscelano cento dialetti. Sono i dialetti ad andare da Gadda o è Gadda ad andare dai dialetti che sembrano storicamente delegati a raccontare la storia di un determinato periodo? Era stato lombardo fino a quando parve che la letteratura italiana risiedesse a Milano. Quando il centro letterario è Firenze, Gadda è lì, con gli ermetici, i maggiori rappresentanti della corrente letteraria dominatrice degli anni Trenta. Infine Roma, la capitale di una nazione sempre più barocca. (...) I linguaggi del Centro-sud sono negati al sublime o alle favole della solidarietà? Il parlato della piccola borghesia confluita a Roma ha inaridito ogni speranza in un’esistenza socialmente e moralmente più decorosa. Nella Capitale dell’impero fascista si parla così perché tale linguaggio è il risultato di un processo di degenerazione o tale degenerazione è figlia di una cultura che si è accomodata in quella miscela linguistica? È la lingua della sopravvivenza dei poveri che condiscono il dialetto con la furbizia e con l’estro. È la lingua cui si affida la borghesia mercantile e impiegatizia per difendere i propri minuscoli privilegi con sotterfugi, fariseismi, ammiccamenti, sornionerie, camuffamenti, reticenze e paternalistiche prepotenze. Non si possono nominare nei dialetti mescolati per formare il romanesco nobili sentimenti, concetti elevati, sottili percezioni? Nella miscela linguistica meridionale di Gadda c’è tutto e nulla. Un mondo impoverito che teme di restar secco. E allora tutti a ingrassarlo e a insaporirlo con le espressioni più fantasiose e acrobatiche. Quasi la cucina di chi non ha altra carne da mettere al fuoco che la propria. Insomma, una sovrabbondanza di condimenti, spezie e battute salatissime, che potrebbero dar fastidio ai palati fini ma che sono una tregua comica alla tragedia quotidiana. In questa lingua si può campare ma è degradante vivere, anche se talvolta è divertente. Su tale terreno linguistico non dovrebbe attecchire mai la grandezza, finché non appare in scena Ines Cionini, la giovanissima prostituta che ama come mai si è amato nella narrativa italiana del Novecento. Per il resto, l’immonda tragedia di una collettività che non potrà più nominare la dignità umana. È però Ingravallo a parlare il più inventivo dialetto e la lingua di più nobile e antico vocabolario. Il plurilinguismo fa di lui il personaggio che vive con più coraggioso e umile senso tragico la situazione. Nel suo parlato convivono la proverbiale saggezza popolare e il più severo rigore intellettuale. Ci guadagna l’italiano della più illustre tradizione ad attingere energia espressiva nei dialetti. Col romanesco però ti potresti pentire quasi di vivere così. La mortuaria vitalità della città papale. La questione meridionale non sarà dunque risolta col linguaggio gaddiano. Che non prevede soluzione, non solo per tale questione locale ma nemmeno per la questione umana. In altri termini la morte – quella di Liliana e quella del padre della sua assassina – va raccontata in italiano, ma alla vita si addice la miscela di dialetti.