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 2012  giugno 10 Domenica calendario

SPAM - Steve ha 24 anni, ha conseguito due lauree brevi nel campo dell’aeronautica, vive in una cittadina qualsiasi di uno degli Stati Uniti d’America e tra febbraio e marzo 2012 è riuscito a guadagnare circa 1

SPAM - Steve ha 24 anni, ha conseguito due lauree brevi nel campo dell’aeronautica, vive in una cittadina qualsiasi di uno degli Stati Uniti d’America e tra febbraio e marzo 2012 è riuscito a guadagnare circa 1.000 dollari al giorno. Una rendita raggiunta non grazie alle sue competenze tecniche aeronautiche ma attraverso la spam, ovvero i messaggi pubblicitari indesiderati nei quali chiunque usa la posta elettronica su internet s’imbatte quotidianamente. Il giovane spammer, insomma, passa il suo tempo a inondare i siti delle reti sociali più frequentate di annunci ’civetta’, che indirizzano migliaia di utenti verso siti di commercio online disposti a pagare chi riesce a portare sulle loro pagine internet possibili acquirenti. Steve, però, non fa nulla di illegale, sfrutta solo alcune falle dei siti a suo vantaggio, creando soprattutto fastidio per la quantità enorme di materiale pubblicitario che gli utenti si ritrovano davanti. E il giro di affari di questo ragazzo americano è solo una goccia nell’enorme mare dell’economia sommersa della spam. Un’economia che in verità alle volte è anche frutto di crimini. Ha il sapore di una spy­story, per esempio, la storia dell’indagine avviata a fine 2010 dalla polizia russa su Igor Gusev, un informatico di 31 anni, che era a capo di una rete di siti che riuscivano a mandare circa 50 miliardi di messaggi spam al giorno. Il signor Gusev è riuscito a sparire prima dell’arresto per non aver dichiarato la sua attività commerciale e aver venduto illegalmente farmaci online per circa 150 milioni di dollari (cifra resa nota da Brian Krebs, giornalista specializzato in sicurezza online). Al suo braccio destro, Dmitry Stupin, noto nella cerchia degli hacker col nome di ’SaintD.’, invece, è andata peggio: pare che pochi mesi dopo l’avvio delle indagini le autorità l’abbiano letteralmente tirato giù da un aereo già pronto a decollare per l’estero sulla pista dell’aeroporto di Mosca. L’indagine ha segnato una svolta nella politica russa, che fino ad allora aveva praticamente ignorato il proficuo mondo dei cyber-criminali moscoviti, autori di gran parte della spam mondiale. Secondo gli esperti, dopo la chiusura della rete di Gusev e Stupin la spam è diminuita di un quinto in tutto il pianeta. Una quantità notevole, se si tiene conto che più dei due terzi di tutti i messaggi di posta elettronica inviati nel mondo è costituita da spam: secondo due produttori di antivirus, Symantec e Kaspersky, la quota di ’posta elettronica spazzatura’ è tra il 70 e il 77% del totale. Un dato da prendere come positivo, visto che qualche anno fa era arrivato al 90%. Ma perché la pubblicità indesiderata, anche se così invisa da tutti, continua a intasare internet? La risposta viene da una ricerca dell’Università della California di San Diego: la spam, nonostante quasi sempre pubblicizzi farmaci, orologi e programmi per computer contraffatti, continua a vivere perché produce vendite e cospicui guadagni. Un gruzzolo che in realtà si spartiscono in pochi, alcune decine di persone secondo gli esperti statunitensi. Nell’affollato mondo delle e-mail indesiderate, che alle volte sono anche portatrici di virus o messaggi ingannevoli che tentano di carpire codici segreti e password, la ricerca californiana guidata da Stefan Savage si è concentrata sugli annunci che pubblicizzano prodotti reali. Si è scoperto così che il 12% degli statunitensi (circa 38 milioni di persone) ha comprato qualche bene reclamizzato dalla spam e che dietro a questi messaggi c’è una struttura di vendita efficiente in grado di consegnare il 91% degli acquisti. Indagando su più di 365 milioni di messaggi il team ha scoperto che essi erano riconducibili a non più di 45 persone, quasi tutti russi, che gestivano una rete di circa 69 mila siti specializzati nella vendita di farmaci, software piratati, orologi contraffatti o rubati. Secondo i ricercatori americani i russi controllano tra il 40 e il 60% delle vendite di questi prodotti. L’unico piccolo ’neo’ è che i farmaci venduti da questi canali non offrono nessuna garanzia in merito a dosaggi, sicurezza, principi attivi. La ricerca, inoltre, ha rivelato che i più ’creduloni’ (o risparmiatori estremi, visto che la differenza con i farmaci autentici è prima di tutto nel prezzo con ribassi che arrivano all’85%) sono i compratori statunitensi: negli Usa il 72% di coloro che sono finiti nei siti pubblicizzati da spam, infatti, ha messo nel proprio carrello virtuale almeno un prodotto (in Europa la percentuale va dal 20 della Francia al 36 della Germania). La maggior parte delle vendite, inoltre, riguarda farmaci «per la salute maschile». Infine, un dato che fa riflettere: secondo l’Università di San Diego più del 60% delle transazioni monetarie legate a questi acquisti di prodotti contraffatti passerebbe attraverso una sola banca, un istituto dell’Azerbaigian. Ecco perché Savage è convinto che per vincere il diffondersi della spam basterebbe colpire quegli istituti bancari e creditizi che permettono ai venditori di fare affari. Per ora, però, la protezione più diffusa è quella dei filtri che ’scremano’ i messaggi indesiderati da quelli richiesti. Gli stessi filtri che, pare, Steve si sia ritrovato davanti dopo aver raccontato pubblicamente le sue strategie, attirandosi le ire dell’intera comunità degli hacker.