Valerio Cappelli, Corriere della sera, 9 giugno 2012, 9 giugno 2012
Alemanno e l’eredità di Lucio Dalla: «Sono prigioniero in casa mia» Il compagno: «I parenti negano l’evidenza e mi hanno tolto le chiavi
Alemanno e l’eredità di Lucio Dalla: «Sono prigioniero in casa mia» Il compagno: «I parenti negano l’evidenza e mi hanno tolto le chiavi. Piansi al funerale e mi dissero che recitavo» ROMA - «Sono prigioniero in casa», dice Marco Alemanno. Si era detto che attorno all’eredità di Lucio Dalla non ci sarebbero state guerre. Ma il cielo, protagonista di tante sue canzoni, è carico di nuvole, turbolenze in arrivo. Da una parte ci sono i parenti, cugini: in prima linea Simone Baroncini, primo corno all’Orchestra del San Carlo di Napoli, e sua madre, capo dei vigili a Bologna. Dall’altra la persona che negli ultimi nove anni è stata più vicina al cantautore: Marco Alemanno, il giovane attore pugliese di 32 anni. Al funerale, per la commozione, gli si strozzarono le parole in gola. Lucio era l’artista, Marco organizzava l’attività di un mondo che condividevano. Il «caso» è sulla Fondazione nel nome di Dalla, scomparso improvvisamente in Svizzera il primo marzo, a 68 anni, che dovrebbe raccogliere la sua eredità artistica. Nei giorni che seguirono, il cugino in un’intervista al Corriere disse: «Nessun contrasto e non chiedo soldi, la maggior parte dei parenti è d’accordo sulla Fondazione». Dice ora Alemanno: «I parenti fanno finta che io non esista, negano l’evidenza, da due mesi non ho più contatti diretti». I problemi sono nati subito: «Dopo che è morto Lucio, tutto lo staff è venuto da me, che ero la persona più vicina, chiedendomi se ci fosse il testamento. A me risultava che non avesse lasciato scritto niente, comunque cercate e vedete, risposi. Io non ero nelle condizioni... Come si fa in questi casi, in assenza di testamento, l’avvocato ha depositato l’eredità giacente in Tribunale, che ha chiamato un curatore. I familiari si sono risentiti». Prima ancora, all’orazione funebre finita tra le lacrime, gli «aventi diritto» dissero che «avevo messo in scena una commedia, recitato una parte». Lui continua ad abitare a Bologna, nella casa di Dalla in via D’Azeglio, fatta su più livelli, 2200 metri quadrati. «Ma sono prigioniero nella mia casa, perché io la chiamo casa mia. Ho un letto, bagno e cucina. Da sei anni sono residente-possessore, come dice la legge. Se devo andare in un altro spazio della proprietà, dove ci sono i miei oggetti o le opere d’arte che Lucio mi ha regalato, deve esserci un testimone, attento, chissà, che non rubi nulla. Mi hanno tolto le chiavi, cambiato le serrature. Ho solo la parte mia. C’è un curatore, che sta in mezzo, tra me e i cugini. Fui obbligato a fare un inventario, perfino sul mio computer. I parenti quel giorno presero a darmi del lei, mi chiamavano per cognome. Quando cominciarono a discutere su una lampada, andai su tutte le furie. Poi ci fu mio padre che risultava assunto come custode della casa alle Tremiti. Anche da questo fatto è nata una questione». Un giorno gli chiesero chi avesse e dove fossero gli effetti personali di Dalla: portafogli, orologio, bracciale... «Chi doveva averli, e dove mai potevano essere? La notte, quando provo a dormire, apro il cassetto con i suoi oggetti per poter sentire ancora il suo profumo. Ma di questo a loro forse non importa o comunque non credo possano neanche immaginare che cosa voglia dire davvero». Lucio e Marco si videro la prima volta nel 1997. «Passeggiavo per Bologna, ci incontrammo per caso». L’anno dopo Marco andò a fare lì l’università. Si dava da fare per vivere: «La mattina pulivo le scale, il pomeriggio provavo nel teatro off, la notte barista in un centro sociale. Lucio si era intenerito «del piccolo pugliese di Nardò dal futuro incerto», e nel 2004 lo prese a lavorare con sé. Riguardo alla Fondazione, i cugini la immaginano come «un centro di attività, concerti, mostre, teatro, registrazioni e altro». «Lucio ed io ne parlavamo da un anno e mezzo. Lui voleva concentrarsi su una delle sue passioni: il talent scout. Voleva individuare nuovi talenti, musicisti o pittori, in collegamento con l’università. Una settimana prima di partire per l’ultima tournée ci proponemmo di cominciare a cercare fondi e spazi». Come andrà a finire? «Rispondo con un gigantesco non lo so. Si farà la Fondazione? Non lo so. Ne farò parte? Non lo so. Resterò in via D’Azeglio? Non lo so». Infine ci sono i colleghi e amici di Lucio: Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia, Franco Battiato, Renato Zero, Mimmo Paladino, Toni Servillo. «Mi hanno detto: gli volevamo bene, qualunque cosa succeda, siamo con te». Il 27 giugno al Festival di Taormina ci sarà un omaggio a Dalla. Marco Alemanno interpreterà un racconto da un libro di Lucio: «È intitolato Bella Lavita , come fosse un nome e un cognome, è ambientato tra Taormina, i paesini dell’Etna e Catania. Il protagonista è un ragazzo siciliano, Carmelo, e il proprietario di un autogrill del Nord innamorato del Sud. C’è tutto l’amore di Lucio per la Sicilia».