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 2012  giugno 09 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. GLI AIUTI ALLA SPAGNA


BRUXELLES - I fondi necessari a ricapitalizzare le banche spagnole potrebbero arrivare a un massimo di 100 miliardi di euro. Lo riferiscono fonti comunitarie all’inizio della teleconferenza dell’Eurogruppo nella quale è in discussione la possibile concessione di un piano di aiuti per la Spagna. Un sostegno che Madrid non ha ancora ufficialmente chiesto e che potrebbe arrivare proprio nella riunione appena iniziata. Una stima analoga era stata diffusa due giorni fa dall’agenzia Fitch, quando abbassò il rating del paese iberico. Il documento non indica una cifra precisa, ma solo il tetto massimo di un eventuale impegno. Spetta ora ai ministri della zona dell’euro decidere l’entità degli aiuti e le condizioni del prestito. Tra le altre una riforma del settore finanziario e la riduzione degli squilibri macroeconomici.
La Spagna però insiste e resiste: non ci sarà alcuna richiesta di aiuti all’Ue fino a quando non saranno noti i risultati degli audit sulle banche assegnati alle società Oliver Wyman e Roland Berger e che dovrebbero essere resi noti il 21 giugno.
Lo ha detto il ministro dell’Industria, José Manuel Soria, mentre è in corso la conference call.
"Non è previsto da parte del governo chiedere alcun tipo di aiuto" fino a quando non saranno resi noti i dati dei revisori indipendenti sulle necessità del sistema bancario, ha detto,
parlando dopo una riunione del Partito popolare a Las Palmas.
Dal canto suo, il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, in un’intervista rilasciata a una radio tedesca aveva insistito affinchè fosse trovata una soluzione "veloce" alla crisi spagnola, sebbene "la situazione non sia paragonabile a quella della Grecia". Da parte spagnola, quindi non si cercano accelerazioni. La necessità per il governo iberico è "prima analizzare il rapporto dell’Fondo monetario internazionale che quantifica in 40 miliardi le necessità delle banche". Poi, "di voler attendere l’esito della riunione dell’Eurogruppo", al termine della quale dovrebbe però essere emessa una dichiarazione scritta nella quale, riferiscono fonti diplomatiche, si chiederà alla Spagna di accettare il piano.
Un altro punto, per il governo spagnolo, è il non coinvolgimento del Fondo Monetario Internazionale. Il cui direttore, Christine Lagarde, ha però preso parte alla riunione dell’eurogruppo in teleconferenza.
(09 giugno 2012)

REPUBBLICA.IT - EUROGRUPPO IN TELECONFERENZA
MILANO - L’allarme arriva dal Fondo monetario internazionale: "Alle banche spagnole servono 80 miliardi di euro". L’Eurogruppo si mobilita e convoca una riunione d’emergenza - in teleconferenza - per oggi pomeriggio, ma a Madrid continua il balletto delle smentite. Dopo aver passato l’intera settimana a spiegare le difficoltà a rifinanziare sul mercato il debito (i titoli di Stato spagnoli vengono collocati in asta con rendimenti superiori al 6%), il governo di Mariano Rajoy smentisce adesso di aver chiesto, e di aver bisogno, dell’intervento dell’Ue per mettere in sicurezza il Paese.
Insomma i dubbi sul futuro di Madrid restano e proprio per questo la teleconferenza di oggi è stata programmata "in vista dell’approvazione di una dichiarazione che sottolinei l’intenzione della Spagna di sollecitare un aiuto e l’impegno dello stesso Eurogruppo" in questa direzione. In ogni caso, spiegano fonti europee, non sono sul tavolo "nè il calendario e nemmeno la scelta dello strumento" per ricapitalizzare le banche spagnole. I ministri dell’Eurogruppo, però, dovrebbero indicare "alcune condizioni per il settore bancario" che la Spagna sarebbe tenuta a rispettare per ottenere gli aiuti. La zona euro, comunque, si aspetta una richiesta di aiuto da parte di Madrid "in qualsiasi momento".
E in un’intervista alla radio tedesca il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker confermando l’appuntamento del pomeriggio insiste perché si trovi "velocemente" una soluzione alla crisi spagnola, sebbene la situazione non sia paragonabile a quella della Grecia. E proprio per questo il ministero spagnolo dell’Economia ha detto alla France Presse che "non c’è nulla di cambiato" nella posizione della Spagna e quindi che per il momento Madrid non ha intenzione di chiedere aiuti europei per le sue banche. Soprattutto perché non sembra ci sia l’intenzione di concedere contropartite.
Duro il cancelliere tedesco, Angela Merkel, nel suo videomessaggio settimanale dice: "Dobbiamo mostrare solidarietà, ma
non senza contropartite. Per questo richiamerò l’attenzione su quali intense riforme stanno attuando Spagna, Portogallo e Italia".
Madrid però insiste: una decisione su una eventuale richiesta di aiuti per le banche verrà presa solo dopo la pubblicazione di un rapporto del Fondo monetario internazionale (Fmi) e una verifica da parte di due organismi specializzati. E così dopo la pubblicazione del rapporto dell’Fmi anticipata a ieri, si attende adesso l’audit della tedesca Roland Berger e della americana Oliver Wyman è atteso nei prossimi giorni e comunque entro il 21 giugno.
E così il pressing tedesco sulla Spagna aumenta. Prima il presidente della Bundesbank Jens Weidmann chiede l’utilizzo del fondo salvastati: "Se la Spagna si sente sopraffatta dai suoi bisogni finanziari deve utilizzare gli strumenti che sono stati creati". Poi, il vicecancelliere Philipp Roesler insiste perché Madrid faccia presto: "Se la Spagna ha bisogno degli aiuti per stabilizzare le banche deve farne velocemente richiesta presso il fondo salvastati europeo EFSF: lo strumento per questa circostanza esiste".

LA STIMA DEL FONDO
NEW YORK - A poche ore dalla stima del Fondo monetario internazionale sui soldi necessari per salvare le banche spagnole, i ministri delle Finanze della zona euro si riuniscono in teleconferenza per discutere della questione iberica, in vista della possibile richiesta di aiuti da parte di Madrid. Il consulto dovrebbe partire intorno alle 16 di oggi. Il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha esortato a risolvere rapidamente la crisi bancaria spagnola. "La soluzione deve arrivare rapidamente", ha detto Juncker in una intervista rilasciata ieri alla radio tedesca Deutschlandradiokultur, sottolineando anche che la situazione spagnola non è comunque comparabile con quella della grecia, considerati gli sforzi compiuti da madrid per rimettere a posti i suoi conti pubblici.
C’è tensione fra Juncker che chiede un intervento rapido e il governo spagnolo che continua a ribadire di non volere aiuti per il sistema bancario. "Non c’è stato nessun cambiamento", ha spiegato il portavoce del ministero dell’Economia.
Intanto l’Fmi ha fatto i conti: almeno 40 miliardi per la ricapitalizzazione. Tanti sono i soldi che, secondo le stime comunicate dal Fondo monetario internazionale, servono alla Spagna per salvare il suo sistema bancario. Una cifra importante, che deriva dagli stress test fatti dall’Fmi prendendo in considerazione anche lo scenario di un "severo deterioramento delle condizioni economiche". Non preoccupano le grandi banche, che sembrano sufficientemente capitalizzate e pronte a resistere a eventuali shock. I timori arrivano invece su altri istituti che devono essere ricapitalizzati e che restano vulnerabili: servirebbero almeno circa 40 miliardi di euro per la ricapitalizzazione. Lo afferma il Fondo monetario internazionale. A questi 40 miliardi ne vanno aggiunti almeno altrettanti per eventuali costi di ristrutturazione e perdite. Questo ’cuscinetto’ è necessario per convincere i mercati che la Spagna ha spazio di manovra per gestire un’eventuale crisi.
"Questi stress test - spiega il Fondo - non intendono stabilire una cifra definitiva sulla necessità di capitali da parte delle banche spagnole, ma hanno avuto come obiettivo quello di identificare le debolezze critiche esistenti in alcuni segmenti del sistema e per alcuni istituti". Debolezze che negli ultimi quattro anni sono state aggravate da una crisi "senza precedenti nella storia moderna", con una ristrutturazione che "inizialmente è andata avanti lentamente". Il Fondo riconosce quindi come "le autorità spagnole di recente hanno accelerato le riforme del sistema finanziario", compiendo "significativi progressi". Ma non basta. E quindi l’invito a Madrid è chiaro: "Bisogna agire rapidamente e non risparmiare sforzi per recuperare la fiducia nel sistema finanziario e preservare la sua stabilità".
(09 giugno 2012)

CORRIERE.IT
MILANO - La crisi spagnola è giunta a un momento di svolta. I ministri delle finanze della zona dell’euro sono pronti a impegnarsi ad aiuti «fino a 100 miliardi di euro» alla Spagna per la ricapitalizzazione delle sue banche. È l’indicazione contenuta nella bozza di conclusioni dell’Eurogruppo messa a punto stamattina in una riunione di «alti funzionari» e che i ministri delle Finanze stanno discutendo in teleconferenza. Il documento non indica una cifra precisa, ma solo il tetto massimo di un eventuale impegno. Spetta ora ai ministri delle Finanze della zona euro decidere l’entità degli aiuti e le condizioni del prestito. Al momento, però, non c’è ancora una richiesta di aiuti da parte della Spagna. Secondo fonti, Madrid continua a resistere alle pressioni che arrivano dai partner. L’Eurogruppo in ogni caso chiederà alla Spagna una riforma del settore finanziario in cambio degli aiuti necessari a ricapitalizzare le banche.

JUNCKER - La situazione della Spagna non è comparabile a quella della Grecia, ma per le banche spagnole serve una soluzione rapida: è questa la posizione del presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. «La soluzione deve arrivare rapidamente», ha dichiarato ad una radio tedesca.

FMI - Intanto si comincia anche a quantificare l’importo del primo aiuto necessario per mettere in sicurezza le banche spagnole. Servono infatti almeno 40 miliardi per mettere al riparo il sistema bancario spagnolo da un ulteriore peggioramento della crisi economica e finanziaria. Queste le conclusioni degli stress test del Fondo Monetario Internazionale. Per cui, se le grandi banche spagnole sembrano sufficientemente capitalizzate e pronte a resistere a eventuali choc, restano comunque «vulnerabili» parecchie altre banche, nonostante gli sforzi compiuti dalle autorità e dalla Bce. Gli stress test dell’Fmi hanno preso in considerazione anche lo scenario di un «severo deterioramento delle condizioni economiche».

GLI STRESS TEST - I risultati dell’analisi dell’Fmi confermano le preoccupazioni per lo stato di salute di un sistema bancario - sottolineano da Washington - che negli ultimi quattro anni è stato colpito da una crisi «senza precedenti nella storia moderna», con una ristrutturazione che «inizialmente è andata avanti lentamente». Questo non ha fatto altro che aggravare le cose, col risultato che «la qualità degli asset bancari ha continuato a deteriorarsi» provocando una grave stretta creditizia e accentuando la dipendenza dai fondi della Bce per poter continuare ad avere accesso sui mercati. Il Fondo riconosce quindi come «le autorità spagnole di recente hanno accelerato le riforme del sistema finanziario», compiendo «significativi progressi». Nonostante ciò l’invito alle autorità di Madrid è chiaro: «Bisogna agire rapidamente e non risparmiare sforzi per recuperare la fiducia nel sistema finanziario e preservare la sua stabilità». Ecco quindi la necessità di una iniezione di capitali per almeno 40 miliardi di euro, per rafforzare le molte banche che non reggerebbero l’urto di nuovi choc economici e finanziari. E per adempiere a quelli che sono gli obblighi e i requisiti patrimoniali previsti da Basilea 3. In prospettiva futura però sono molti di più i soldi che serviranno: «Il capitale necessario per queste banche, poi - prosegue il Fondo - dovrebbe essere più grande se si includono i costi di ristrutturazione e la riclassificazione dei prestiti». La buona notizia è che dagli stress test targati Fmi non sono emerse particolari criticità sugli istituti bancari più importanti. Ma questo di certo non elimina i rischi di un tracollo del sistema finanziario spagnolo e di un contagio ad altri Paesi.

FEDERICO FUBINI SUL CORRIERE DEI STAMATTINA
La sola certezza è che fra tre settimane l’Europa sarà diversa da oggi, ma il calendario fino ad allora è tale che nessuno può dire esattamente come. La successione dei rischi e delle occasioni è di quelle che di rado si presentano nella storia con questa densità. Già durante questo weekend la Spagna chiederà un aiuto europeo da circa 100 miliardi di euro per le proprie banche destabilizzate dalla bolla immobiliare. Quindi, domenica prossima, gli elettori torneranno alle urne in Grecia dopo quattro anni in cui l’economia è crollata del 20 per cento e un cittadino su quattro ha perso il lavoro. I greci voteranno combattuti tra collera e terrore. Se prevarrà la paura di uscire rovinosamente dall’euro, allora vinceranno i conservatori di Néa Demokratia, la Grecia continuerà ad applicare le misure necessarie per ricevere gli aiuti e potrà trascinarsi in avanti nell’area monetaria. Ma se invece avrà la meglio la rabbia per i sacrifici imposti da Bruxelles, Berlino e dal Fondo monetario, si piazzerà prima la sinistra radicale di Syriza; in quel caso entreremmo in acque incognite.
Nel frattempo, i principali governi stanno negoziando un accordo per il vertice di fine mese che dia all’euro un assetto politico e istituzionale finalmente più completo. In gioco è quella credibilità di sistema che finora è mancata. Senza, è impossibile resistere a lungo agli choc finanziari in arrivo a ondate dalla Grecia, dalla Spagna e domani chissà da dove. Fra i governi si parla di garanzie europee per i depositi bancari, di investimenti comuni per la crescita, eurobond. Enzo Moavero Milanesi, ministro per gli Affari europei, in questi giorni si sposta fra le capitali a portare con forza la richiesta italiana di concretezza. Per ora però se ne vede poca. Da Parigi il nuovo governo minaccia di non ratificare il «fiscal compact», le regole di bilancio care alle Germania, se le misure per la crescita decise al vertice saranno troppo deboli. Berlino risponde frenando sulle banche, o sull’eurobond, perché non vuole pagare a causa dell’imprudenza altrui.
Se i cittadini si sentono confusi, devono sapere che non sono i soli: i politici che dovrebbero guidarli stanno mostrando di esserlo anche più di loro. Ciò che solo pochi fra i leader sembrano aver capito è che per salvare l’euro e il benessere dei loro cittadini in Europa deve emergere un grande scambio. La messa in comune dei debiti e dei rischi bancari dei Paesi più deboli, in sostanza a carico della Germania, potrà funzionare solo se ci sarà anche una profonda condivisione della sovranità. I tedeschi non rischieranno le proprie risorse se non avranno parte del controllo su ciò che fanno gli altri Paesi, semplicemente perché non si fidano più. Vogliono essere certi che nessuno abusi della loro disponibilità. L’allergia di tante lobby greche, francesi o italiane all’idea di disfarsi dei propri privilegi viene puntualmente registrata a Berlino e non fa che alimentare la diffidenza e frenare un accordo possibile.
Altri Paesi invece non si fidano del controllo tedesco, dunque non vogliono mettere in comune la loro sovranità. È questo collasso della fiducia reciproca la vera fonte del contagio politico, morale e finanziario d’Europa. Si può fermare. Ma solo se sapremo ricostruire la fiducia perduta fra di noi.
Federico Fubini

ANDREA NICASTRO SUL CORRIERE DI STAMATTINA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
MADRID — Ecco una pubblicità nelle pagine locali di un giornale spagnolo di ieri: primario istituto di credito VENDE bilocali vista mare, terrazza, garage e finiture medio lusso. Prezzo, 80% di sconto, 25 mila euro. Ci sono interi villaggi turistici vuoti, centinaia di migliaia di mutui inesigibili, si parla di perdite per le banche da 30 a 120 miliardi. Ai 19 chiesti ufficialmente da Bankia, il terzo istituto del Paese, si sono aggiunti ieri altri 9 miliardi per due casse già nazionalizzate, CatalunyaCaixa e Novagalicia. Eppure il premier Mariano Rajoy continua a sfogliare una complessa margherita: aiuti ora, aiuti dopo, aiuti sì, ma come? Per spiegare la sua reticenza si è parlato di «orgoglio», ma accettare che i miliardi per le banche passino dal bilancio pubblico escluderebbe la Spagna dal mercato del credito e la legherebbe, mani e piedi, alla benevolenza europea. Con un deficit aumentato dai prestiti Ue al 17-20%, lo spread schizzerebbe minimo a quota mille e Rajoy perderebbe la poltrona.
Appena ventilata l’ipotesi di un salvataggio in stile Grecia, la fine dell’attuale governo è diventato tema di dibattito. Rajoy ha ottenuto la maggioranza assoluta per il centrodestra a novembre con l’assicurazione di saper cosa fare per risanare l’economia dopo gli errori del governo socialista di Rodriguez Zapatero. Sarà una medicina amara, ma ce la faremo. Se a Madrid, però, dovessero sbarcare i funzionari della troika per decidere quanto aumentare l’Iva, quanti letti lasciare agli ospedali e quanti insegnanti alle scuole, il governo Rajoy avrebbe fallito. Qualcuno ha parlato di «governo tecnico all’italiana», altri di grande coalizione. Anche per questo Rajoy, negli incontri, i sondaggi, gli abboccamenti avuti con i soci europei, insiste sul medesimo principio declinato in tre modi: 1) che le banche non siano salvate a spese del contribuente (spagnolo); 2) che gli aiuti vadano direttamente alle banche; 3) che, come ha detto il suo ministro delle Finanze Cristobal Montoro, «gli uomini in nero», i funzionari europei, non arrivino in Spagna.
A metà mattina la Reuters ha annunciato che la richiesta di sostegno alle banche sarebbe arrivata da Madrid già questo sabato pomeriggio dopo un’ultima conference call tra ministri economici. Le fonti dell’agenzia sono due anonimi esponenti Ue e un tedesco. L’Europa vorrebbe mettere un salvagente attorno all’economia di Madrid prima delle elezioni greche del 17 quando una vittoria dei partiti contrari all’austerità spingerebbe Atene fuori dall’euro con conseguenze difficili da valutare.
Alla notizia, la Borsa di Madrid ha messo a segno il miglior risultato d’Europa (+1,77%) nella speranza che denaro fresco riapra i rubinetti del credito e agevoli l’economia reale. Poi smentite e conferme non hanno chiarito la questione per l’intera giornata. «Nessun appuntamento è in programma», ha detto la vicepresidente Soraya Sáenz de Santamaría, «ma se anche ci fosse non lo commenterei». Quindi il ministero dell’Economia spagnolo: eventuali aiuti «verranno discussi quando si conosceranno le valutazioni degli auditor indipendenti», probabilmente il 21 giugno. Lunedì però arriverà il rapporto del Fondo monetario internazionale di cui sono uscite alcune indiscrezioni stampa. Smentisce anche Bruxelles, ma qualcuno resta convinto dell’annuncio nel weekend, a borse chiuse. Ci sarà o meno la richiesta sarà notizia di oggi. Quel che è evidente è che l’aiuto è indispensabile e tutti, Washington incluso, lo vogliono.
Arriverà, bisogna solo capire come. Se nella forma «soave», dagli obblighi blandi chiesti da Rajoy o nella forma rigida pretesa dalla cancelliera Merkel.
A tarda sera, intanto, è risuonato nelle capitali europee l’ennesimo allarme di Moody’s: «Il rischio di un’uscita della Grecia da Eurolandia — scrive in una nota l’agenzia di rating — minaccia l’esistenza dell’euro». Moody’s ha poi fatto sapere che l’evoluzione della crisi ad Atene e Madrid potrebbe condurla a rivedere le valutazioni di molti membri dell’eurozona. E se il problema bancario della Spagna è «in gran parte specifico del Paese» e non pone pericoli, «eccetto per l’Italia», le vicende greche mettono a rischio anche la tripla A di Parigi e Berlino.
Andrea Nicastro
anicastro@corriere.it

MARCO ZATTERIN SULLA STAMPA
La frase del giorno è la stessa rituale che apre le corride, la stretta finale sulle banche spagnole si avrà «col permesso delle autorità e tempo permettendo». Più fonti hanno rilevato che, con tutta probabilità, questo è il fine settimana in cui Madrid getterà la spugna a domanderà aiuto all’Ue per ricapitalizzare le sue banche in crisi. Si assicura che succederà già in mattinata e che poco dopo si terrà una teleconferenza dei ministri economici dell’Eurozona che opterà sul da farsi. Non ci sono conferme ufficiali, salvo che il portoghese della Bce, Vitor Constancio, ha dichiarato che una richiesta di Madrid «è attesa». La formula più gettonata alla vigilia è un intervento non diretto dell’Efsf, il fondo salvastati temporaneo.
Bisogna fare in fretta per evitare il peggio. Ieri sera da New York arriva una nota da Moody’s, secondo cui «i problemi del sistema bancario spagnolo sono in gran parte specifici del paese e probabilmente non rappresentano un motivo importante di contagio per gli altri Paesi, eccetto per l’Italia». Per questo i contatti sono frenetici e i mercati pagano l’incertezza: ieri tutti i listini europei in frenata, salvo Madrid che ha fiutato il cambiamento di vento. La Commissione Ue precisa che nessun «salvataggio» potrebbe mai essere deciso senza che il governo spagnolo «abbia chiarito le eventuali necessità e messo a punto un piano compensativo». E’ un modo per ribadire che un intervento sarà possibile se bilanciato da una qualche ristrutturazione sul sistema bancario iberico. «Gli strumenti ci sono e sono pronti», ha fatto sapere responsabile Ue per l’economia, Olli Rehn. Il riferimento è all’Efs e alla sua dote da 440 miliardi. Anche perché il successore permanente, l’Esm, decolla a luglio.
Sono giorni che il contenzioso spagnolo rimbalza dietro le quinte e nelle dichiarazioni dei politici a Madrid. Già martedì il premier Mariano Rajoy ha sollecitato un intervento «a sostegno di chi è in difficoltà». A far precipitare la situazione è stata la riduzione del rating dell’universo creditizio spagnolo intervenuta giovedì, svalutazione di previsioni che è stata accompagnata da un avvertimento sul rischio di contagio dalla crisi greca. «Bisogna intervenire prima del voto greco del 17 giugno», ha spiegato una fonte, in modo da mettere al sicuro la situazione a Madrid nell’evenienza che da Atene arrivino brutte notizie per l’Europa.
Le incognite con cui l’Europa se la deve vedere sono il "quanto" e il "come". Secondo Fitch il costo della ricapitalizzazione di Bankia e le sue sorelle oscilla fra i 60 e 100 miliardi di euro. Il fondo monetario internazionale avrebbe stimato una somma minore: 40 miliardi. Gli uomini di Rajoy ha incaricato due società di consulenza, Roland Berger e Oliver Wyman, di contare quanto denaro debba finire al centro dell’arena.
Stabilite la cifre, potrebbe toccare all’Efsf. Il quale però, sebbene molti lo auspichino e in testa la Commissione Ue, non è in questa fase abilitato ad intervenire direttamente sulle banche. Può versare i soldi della sua dotazione agli stati, ma questa è una cosa che nei quartieri rigoristi non viene vista di buon occhio. Anche se il ministro delle Finanze olandese de Jager, in genere un falco, ha detto di essere favorevole all’intervento dell’Efsf, che potrebbe transitare per il Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria, entità statale che esiste dal 2009, separata dalla politica, che avrebbe l’incarico di rifinanziare le istituzioni crediti più in difficoltà. In tal modo potrebbe ridurre la quota che il governo pare destinato a caricarsi sulle spalle.
Bruxelles lavora alle condizioni. La Spagna dovrà dimostrare di avere i conti pubblici sotto controllo così da assicurare tutti di avere capacità di rimborso del prestito che otterrà dall’Europa. Condizioni decise verranno imposte anche alle aziende di credito. «Nelle notte le pedine potrebbero andare a posto», diceva ieri sera una fonte europea. Stamane vedremo.