il Fatto Quotidiano 8/6/2012, 8 giugno 2012
LE TENSIONI TRA IL PREMIER E I GIORNALI DALL’IRPEF AL RAP DI FERRARA:
In principio fu l’Irpef. Già ai tempi della manovra Salva Italia, a dicembre, Mario Monti replicò piccato a un editoriale dell’amico (e competitor, come dicono alla Bocconi) Francesco Giavazzi che, con Alberto Alesina, sul Corriere della Sera aveva diffidato il premier dal fare cassa aumentando le aliquote più alte sui redditi. “La via più semplice di gravare sui soliti noti sarebbe stata quella di alzare l’aliquota Irpef, cosa già condannata da frettolosi e valenti economisti amici che si sono fidati più delle vostre indiscrezioni che del nostro buonsenso”, commentò Monti durante la conferenza stampa. Ma nelle bozze la misura c’era eccome, poi è sparita dopo (almeno cronologicamente) l’editoriale sul Corriere. Se Monti ha mai pensato di tacitare Giavazzi nominandolo consulente per il taglio degli incentivi alle imprese, si è sbagliato. Per tigna accademica e per dimostrare indipendenza, Giavazzi ha continuato a firmare con Alesina, sul Corriere, il giornale su cui fino a pochi mesi fa scriveva anche il premier. Per lunghi mesi il Corriere diretto da Ferruccio de Bortoli ha approfittato di Giavazzi (e non solo) per distinguersi da Repubblica, completamente filogovernativa, a cominciare dagli editoriali del fondatore Eugenio Scalfari. Poi, a marzo, con la riforma dell’articolo 18 anche il giornale di Ezio Mauro è diventato molto più critico (Scalfari escluso). Con la Confindustria il rapporto si è compromesso quando Emma Marcegaglia ha dichiarato a caldo al Financial Times che la riforma del lavoro era “very bad”, pessima. Monti l’ha preso come un gesto antinazionale, in un momento delicato dal punto di vista degli spread. Con la successione, ora il presidente è Giorgio Squinzi, i rapporti con gli industriali non sono migliorati. Ma anche l’establishment internazionale, con i suoi giornali più rappresentativi, ha oscillato. Dopo il grande entusiasmo iniziale, il Financial Times si è scoperto molto critico, quantomeno sulla politica interna (mentre lo sostiene nella linea europea, di contenimento al rigore di Angela Merkel). Il Wall Street Journal prima lo ha scambiato per una versione maschile di Margaret Thatcher, poi ha denunciato la delusione per essersi sbagliato. L’unico che era partito antimontiano e poi si è convertito è il Foglio: Giuliano Ferrara è arrivato addirittura a mettersi cuffie rosa e intonare un rap per chiedere a Silvio Berlusconi: “Ti prego, ti prego, ti prego, Cavaliere ti voglio bene, Sei stato grande, Sei stato tanto, Sei stato troppo, Ma tienimi da conto Monti”.