Maximilian Cellino, Il Sole 24 Ore 8/6/2012, 8 giugno 2012
PRESTITI A «TASSO ZERO» PRIVILEGIO PER POCHI
C’era una volta il mutuo in yen o franchi svizzeri. Qualche italiano particolarmente amante (o ignaro) del rischio cambi lo aveva sottoscritto negli scorsi anni, attratto da tassi di interesse in genere di gran lunga inferiori a quelli praticati sui prodotti tradizionali e spesso anche vicini allo zero. Oggi la convenienza di una scelta simile è decisamente più limitata, perché pure nella vecchia Europa i tassi a breve termine sono ormai a livelli rasoterra. Si potrà anche obiettare che tra lo 0,66% fissato dall’Euribor 3 mesi di ieri, lo 0,09% e lo 0,19% dei corrispettivi tassi di Svizzera e Giappone continua a esistere una differenza. Ma è evidente che i vantaggi (minimi) non sono certo in grado di compensare i rischi (enormi) che ci si assume sotto il profilo valutario. Il punto è che in Italia, al giorno d’oggi, esistono molte famiglie che hanno acceso il mutuo nel periodo fra il 2007 e il 2008 che oggi pagano tassi molto vicini all’1% o in alcuni casi anche sotto questo livello: bastava aver scelto un variabile (meglio se indicizzato all’Euribor a un mese, che ieri valeva lo 0,38%) quando le banche si litigavano i clienti abbassando lo spread ben al di sotto del punto percentuale. Per questi mutuatari il periodo di grazia è destinato presumibilmente a proseguire per un bel po’, visto che le stesse attese degli operatori pronosticano un ritorno dell’Euribor 3 mesi sopra l’1% soltanto a fine 2014 (e oltre il 2% nella primavera del 2017). Ma è altrettanto evidente che il «tasso zero», quando si parla di prestiti, non vale per tutti: non lo è per chi ha un prodotto a tasso fisso, ma in questo caso si tratta pur sempre di una scelta di chi ha barattato la tranquillità di un esborso certo con un potenziale maggior costo. Non lo è soprattutto per chi un mutuo lo deve stipulare adesso: l’aumento degli spread praticati dalle banche, un riflesso della crisi finanziaria, ha subito una frenata grazie alle operazioni straordinarie della Bce, ma i ricarichi medi restano sempre triplicati rispetto a un anno fa. Il broker Mutuionline calcola che lo spread medio su un mutuo a 20 anni sia pari al 3,10% se il prodotto è variabile e al 3,31% se fisso (3,39% e 3,65% a 30 anni). Questo significa che il tasso di un nuovo finanziamento si aggira fra il 3,5 e il 4% nel primo caso e attorno al 5,5% nell’altro. Valori che in sé non sono certo storicamente elevati, ma che tenuto conto del livello rasoterra degli indicatori di base (anche l’Irs per i prodotti fissi si aggira attorno al 2%) assumono ben altro significato. E che soprattutto espongono a rischi non indifferenti chi oggi sceglie la rata indicizzata e che in futuro, quando prima o poi l’Euribor tornerà su valori medi del 2,5%-3%, si troverà in mano prodotti eccessivamente costosi.