Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 08 Venerdì calendario

BARENBOIM ALLA SCALA COME VESTIRSI PER IL PAPA

Sono, assieme a tanti altri italiani, profondamente offeso con il maestro Barenboim. Egli, per cedere alla modernità, si è presentato a dirigere l’Orchestra e il Coro scaligeri con la camicia sbottonata e una «mise» d’avanguardia, mentre tutti i musicisti erano in cravatta bianca, i cantanti in cravatta nera, le cantanti in abito da sera. Offesa diretta anche e non soltanto al Santo Padre che era in sala e all’Emilia, la terra martoriata in onore della quale così opportunamente la magnifica Nona Sinfonia di Beethoven è stata eseguita, ma della più prestigiosa istituzione della città di Milano e, in assoluto, del tempio mondiale della musica classica: la Scala. Sono senza esagerazione alcuna indignato, malgrado la splendida musica ascoltata. Per nostra fortuna il papa Benedetto XVI ha subito ricordato, nel suo intervento, Arturo Toscanini.
Gianalfonso d’Avossa
gadadov@yahoo.com
Caro d’Avossa, l’ abito che noi indossiamo risponde a molte esigenze, non sempre facilmente conciliabili. Vorremmo che fosse pratico e ci permettesse di fare bene il nostro lavoro. Ma vorremmo contemporaneamente che ci rendesse piacevoli e simpatici. Vorremmo conformarci al gusto prevalente e dare ai nostri amici la sensazione che siamo «alla moda». Vorremmo segnalare al mondo la nostra appartenenza a un gruppo sociale. Ma vorremmo anche distinguerci dagli altri con un tocco personale e originale. Ogni grande mutamento sociale e generazionale coincide con nuove mode.
La rivoluzione francese eliminò le parrucche, la rivoluzione borghese sostituì le polpe con i calzoni, la Grande guerra accorciò le gonne, la rivoluzione bolscevica prescrisse le giacche di cuoio, la rivoluzione cinese impose le giubbe abbottonate sino al collo, il ’68 accorciò ulteriormente le gonne e allungò i capelli, la rivoluzione iraniana abolì la cravatta e adottò le camicie senza colletto. Più recentemente il club degli uomini di Stato ha deciso che l’abito raccomandato per le riunioni importanti, soprattutto di fronte alle telecamere, è la camicia sbottonata, preferibilmente senza giacca e pullover (quello di Mario Monti a Camp David ha fatto aggrottare le ciglia di qualche collega). Ogni mutamento della moda divide la società in due campi: gli innovatori e i tradizionalisti. Io e lei apparteniamo probabilmente al campo dei tradizionalisti, ma sarei sorpreso se anche lei, in gioventù, non avesse violato qualche tabù paterno.
Il caso di Barenboim rientra in una categoria particolare. Il concerto non è soltanto musica. È anche uno spettacolo in cui il direttore d’orchestra recita la parte del demiurgo ed estrae la musica dagli strumenti con il tocco della sua bacchetta magica. È inevitabile che molti di essi vogliano accentuare il ruolo con abito diverso e originale. Alla Scala, in occasione del concerto per il Papa, Barenboim ha indossato, come sempre, una giacca di seta a coda di rondine senza revers, ma ha scelto, forse per sintonizzarsi con l’ospite, una camicia bianca. Anche Benedetto XVI, del resto, indossa un abito che è tradizionale, ma arricchito da qualche nota personale. Credo che abbia capito e paternamente perdonato le originalità di una persona che probabilmente si considera pontefice della musica.
Sergio Romano