Raffaele La Capria, Corriere della Sera 08/06/2012, 8 giugno 2012
IL VERO NIETZSCHE MORALISTA E POETA
Ogni scrittore alla fatidica età di ottant’anni sente che è arrivato il momento di fare un bilancio dei libri che ha scritto e delle idee di cui si è nutrito. Con questo libro dal titolo Il bue squartato e altri macelli (Mursia, pp. 302, 17), anche Sossio Giametta dà conto di sé e del proprio lavoro intellettuale. II «bue squartato» è Nietzsche, l’autore amato, tradotto, commentato da Giametta per tutta la vita. Dal «bue squartato» ogni interprete ha staccato una bistecca, e dunque troviamo il Nietzsche di Thomas Mann, quello di Musil, quello di Heinrich Mann, di Hesse, di Rilke, di Hoffmannsthal, di Zweig, e poi quello di Heidegger, di Jaspers, Deleuze, Klossowski, Bataille. E chissà cosa direbbe Giametta a proposito del Nietzsche pop, proposto da Arthur C. Danto, che rappresenterebbe per la storia del pensiero quello che Andy Warhol è per l’arte (sul «Corriere della Sera» di mercoledì). Probabilmente farebbe un salto sulla sedia e direbbe che in questa, come in tutte le altre interpretazioni, si vede più l’interprete che l’interpretato. E direbbe anche che sono interpretazioni parziali, e che «non fanno il bue che pascola nei prati della sua epoca». Invece è proprio quello che nel suo recente libro l’autore vuol farci vedere, e con ciò vuol dire che si è posto il problema del Nietzsche globale facendone il punto centrale della propria speculazione.
Quel che colpisce a prima vista in questo libro è l’abbandono di una lingua bruscamente filosofica e il desiderio di esporre il proprio pensiero con la beata leggerezza di uno stile semplice che si apre a ogni lettore, anche a quelli meno preparati. Ne vien fuori una narrazione autobiografica, quasi un romanzo di idee chiaramente esposte e a volte temerariamente affrontate, data la confidenza che l’autore ha con la sua materia. Che è non solo Nietzsche (è nota la sua collaborazione con Colli e Montanari all’edizione critica delle opere per Adelphi), ma anche Schopenhauer, Spinoza, Goethe, e tanti altri. Tutta una vita di studi e di «sudate carte» trova in questo libro un esito felice che si mostra soprattutto, come ho osservato, nella scrittura e nel coraggio delle proprie opinioni, anche quando sono «azzardate» e, come si dice, «scorrette».
L’autore non si tira mai indietro, neanche quando affronta problemi scabrosi come la pena di morte, o il comunismo, o la natura di Cristo e del cristianesimo, o quello di Nietzsche come «creatore del cuore spirituale del fascismo». Il suo libro è pieno di osservazioni sulla vita in generale, sulla filosofia, sull’arte, sulla letteratura, sulla politica, e si pone continuamente domande, cerca risposte, e ne dà di sorprendenti. Soprattutto sorprende, in uno studioso che si confronta con problemi così ardui, il candore, e a volte l’ingenuità di un ragazzo di ottant’anni, pieno di entusiasmo davanti alla scoperta del mondo. L’ingenuità appare soprattutto quando lo scrittore parla di se stesso e accenna ai propri tentativi letterari, ai dubbi e alle difficoltà da lui incontrate. A volte lo assale la preoccupazione che il lettore non abbia capito la portata delle questioni affrontate, e avverte: «La mia interpetrazione si distingue dalle altre»; oppure: «Quello che comunque nessun altro interprete ha visto e capito...».
Tra le cose non capite, c’è appunto il fatto che Nietzsche è una creatura della crisi storica del suo tempo, e della decadence della cultura del Novecento, è colui che l’annuncia, distruggendo i presupposti filosofici dell’epoca precedente, e diventa il profeta di una religione laica. È un effetto più che una causa. Ed è un moralista, uno dei grandi moralisti che costellano la storia della filosofia, come Agostino, Montaigne, Rousseau. Non è stato mai un filosofo metodico, non ha un suo sistema concettuale «ma si può dire che ha un sistema morale». E inoltre egli è «un moralista-poeta o un poeta-moralista, il moralista penetra nel poeta e il poeta nel moralista». E vi sono in lui due nuclei strettamente collegati. «quello poetico e quello scettico, l’uno positivo e l’altro negativo».
Quando Giametta parla di Nietzsche si sente «il lungo studio e il grande amore/ che (gli) ha fatto cercar lo (suo) volume», si sente una confidenza che a volte sembra eccessiva, e arriva al punto di confondere i propri problemi esistenziali con quelli del suo grande punto di riferimento. Per concludere vorrei indicare brevemente anche gli altri temi discussi in questo libro: il cristianesimo e la Chiesa, lo stile in generale, la politica di oggi e di ieri, i consigli da dare ai giovani pensatori; tutti dettati dall’esperienza di una vita, e pacatamente argomentati anche quando sono estremi.
Raffaele La Capria