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 2012  giugno 08 Venerdì calendario

«HO SCELTO IL LUOGO IN MODO CASUALE. IL TELECOMANDO? ERA SULLE PAGINE GIALLE» —

«Intendo rispondere». Ore 22.20, mercoledì sera, alla Questura di Lecce finalmente si apre il verbale. Dopo otto ore passate a negare, «io quello del video? Ma state scherzando, io quel giorno ero a casa mia e mia moglie Pina ve lo può confermare...». Sempre con quella stessa faccia, Giovanni Vantaggiato, nessuna esitazione, tranquillo, «una maschera terrificante, tra l’indifferenza e la cattiveria» racconta chi c’era.
Ma in quel momento, sono passate le dieci di sera, dopo che il procuratore Cataldo Motta è già sbottato, anzi si è proprio infuriato, ha lanciato pure delle carte per terra su negli uffici della Questura, è proprio in quel momento, dunque, che un altro degli inquirenti, fissando in volto quell’uomo chiuso a riccio, gli dice una cosa che sente sgorgare dal cuore: «Ma scusa, dopo quello che hai fatto, non hai paura per i tuoi nipotini? Non hai paura della rabbia dei mesagnesi? Quelli ti scuoiano...». Già, i mesagnesi, i concittadini di Melissa Bassi, vittima innocente della bomba di Brindisi.
È a quel punto che la difesa strenua di Vantaggiato va in tilt, farfuglia qualcosa, un cortocircuito scatta nella sua coscienza. Ore 22.20, questura di Lecce: «Intendo rispondere. È vero che sono stato io a collocare l’ordigno e a farlo esplodere nei pressi della scuola Morvillo Falcone di Brindisi la mattina del 19 maggio scorso...». È l’inizio della confessione.
«Non ho una vera ragione»
Verbale stringato, di due pagine appena, in cui Giovanni Vantaggiato descrive con precisione maniacale come ha fatto a costruire la bomba, anzi gliela disegna proprio sul tavolo agli inquirenti, le bombole di gas, la polvere pirica, la batteria, i fili elettrici, le lampadine, il telecomando: «Ho acquistato il telecomando da un impiantista da me scelto sulle Pagine Gialle, un impiantista che si trova in un paese tra Copertino e Maglie, non ricordo esattamente il nome del paese...». Una bomba nata dalle Pagine Gialle, che ha ucciso una ragazza e ne ha ferite per sempre altre cinque.
Gli inquirenti, naturalmente, battono sul movente, vogliono capire che cosa ha armato tanta distruzione. Ricevono da lui, però, risposte bizzarre: «Non ho una ragione specifica per la quale ho scelto sia la città che il posto. La scelta del luogo è stata del tutto casuale. E l’ho fatto perché ce l’avevo con il mondo intero e, nello specifico, perché prima si lavorava e si guadagnava mentre adesso questo non succede più...». Il benzinaio di Copertino, il venditore di gasolio ad uso agricolo, 68 anni e padre di due figlie, avrebbe dunque messo una bomba davanti alla scuola di Brindisi solo perché stressato dalla crisi? Difficile credergli. Tutto l’interrogatorio viene registrato, il verbale contiene solo un riassunto delle parole dette. «Io vivevo un momento in cui ero proprio depresso — racconta — ma non volevo ammazzare nessuno». Però quando parla, e questo gli investigatori lo notano, non usa il dialetto, si esprime in un buon italiano e usa spessissimo il «noi», la prima persona plurale: «Noi abbiamo parcheggiato, noi abbiamo fatto...». Così chi lo interroga comincia a insospettirsi: «Noi chi?». E lui allora frena: «Il noi si usa molto dalle nostre parti. Ma io non ho ricevuto aiuto da nessuno nel collocare l’ordigno, nel prepararlo e nel farlo esplodere. L’ho fatto esplodere in un punto di passaggio delle persone ma non avevo nulla contro di loro, in quanto non avevo un obiettivo ben preciso. La mia voleva essere solo una forma di protesta e quando ho premuto il telecomando ero convinto che non passasse nessuno».
Non una parola dolce per Melissa, nessun’ombra di pentimento. «Ho sbagliato a fare quello che ho fatto — dice il benzinaio — ma non avrei mai confessato. Se non foste venuti voi a prendermi, non sarei mai venuto da voi a costituirmi. La fifa era troppa...». Nessuna voglia di costituirsi, anzi: «Avevo lasciato la macchina parcheggiata in via Oberdan e quando sono scappato ho buttato il telecomando lungo la strada per Lecce, poi sono tornato a casa e ho fatto finta di niente, ho pranzato regolarmente».
Avrete visto tutti quel video: lui che cammina sotto il chiosco dei panini — «non avevo notato che c’erano le telecamere» — sempre con la mano destra in tasca, tanto che si era pensato che l’Unabomber pugliese potesse avere un handicap, un arto offeso: «No, la verità è che da bambino, mentre giocavo, i miei compagni per scherzo mi infilarono un ferro in questa mano e da allora, quando non serve, la metto in tasca». Come un riflesso condizionato.
«10 chili di esplosivo a bombola»
Un uomo lucido, per niente fuori di testa, supercontrollato. Ecco il racconto da brividi della preparazione dell’attentato: «Ho collocato l’ordigno nella notte tra il 18 e il 19 maggio. Ho trasportato il bidone, che avevo rubato a San Pietro in Lama, all’interno della Fiat Punto bianca intestata a mia moglie e così pure, sempre all’interno della Punto, le tre bombole che avevo rubato qualche tempo addietro, con tutto il materiale necessario per confezionare il meccanismo d’innesco. Una volta giunto a Brindisi mi sono fermato in via Palmiro Togliatti (la via che costeggia la scuola, ndr), ho scaricato il bidone ed ho caricato al suo interno le 3 bombole e lì ho effettuato i collegamenti. A quel punto ho trasportato il bidone munito di ruote percorrendo il marciapiedi di via Togliatti per poi svoltare verso la scuola».
L’ordigno fai-da-te era così concepito: «In ogni singola bombola (svuotata del gas, ndr) ho messo circa 10 chili di polvere pirica, comprata in più occasioni da vari rivenditori della provincia di Lecce. Per l’innesco ho utilizzato una centralina collegata ad una batteria, che ho acquistato dalla ditta Greco sulla via per Nardò. La batteria a sua volta era collegata con tre coppie di fili elettrici avvolti intorno alla resistenza di 3 lampadine da 12 volt a cui avevo rimosso il vetro di copertura e che poi avevo inserito all’interno di ognuna delle 3 bombole. Una volta dato l’impulso con il telecomando, la centralina riceve il segnale e lo trasmette alla batteria, la quale dà l’impulso elettrico ai fili che incendiano la resistenza che a sua volta dà l’innesco alla polvere pirica. La mattina dopo sono tornato davanti alla scuola con la mia Hyundai Sonica e ho parcheggiato nei pressi. A piedi ho fatto un primo passaggio davanti al chiosco e verso le 8 meno 20 ho premuto il telecomando...».
Ore 00.20. Verbale chiuso. Ecco com’è morta Melissa. Non c’era posto per la pietà, sul libretto delle istruzioni.
Fabrizio Caccia