Massimo Gaggi, Corriere della Sera 08/06/2012, 8 giugno 2012
BERNANKE: «PRONTI AD AGIRE SE LA CRISI EUROPEA PRECIPITA» —
La Federal Reserve è pronta a intervenire con ulteriori misure a sostegno dell’economia Usa se le condizioni congiunturali peggioreranno di nuovo, come vari indicatori fanno temere. Ma per adesso l’elicottero di Ben Bernanke non decolla. Soprannominato «helicopter Ben» perché una volta suggerì che sarebbe meglio inondare l’America di liquidità buttando soldi dagli elicotteri piuttosto che lasciarla soccombere in una depressione, il capo della Banca centrale Usa ieri, convocato dal Congresso per un «hearing», ha preferito accantonare i piani monetari d’emergenza (che, pure, esistono). Ha, invece, lanciato un appello ai politici: fate la vostra parte per sostenere l’economia e affrontare il problema del debito pubblico perché non sarà l’autorità monetaria a togliervi le castagne dal fuoco.
Nel giorno in cui l’agenzia Fitch ha ridotto il «rating» della Spagna (da A a BBB), ha avvertito che il salvataggio delle banche iberiche potrebbe costare fino a 100 miliardi di euro e non i 30 ipotizzati fin qui e ha minacciato un ulteriore «downgrading» degli stessi Stati Uniti se non verrà affrontato il nodo del debito pubblico, Bernanke si è concentrato su due messaggi: l’America cresce ancora, ma troppo poco soprattutto per colpa della crisi europea che comprime l’export Usa, fa calare la fiducia delle imprese e dei consumatori su tutte e due le sponde dell’Atlantico e mette sotto stress banche e mercati finanziari.
Secondo messaggio: la Fed dispone ancora di diversi strumenti monetari per affrontare le emergenze, ma adesso tocca al Congresso muoversi, disinnescando la mina debito con azioni di lungo periodo, mentre nel breve bisogna evitare che la scadenza simultanea a fine anno di una serie di incentivi e «sconti» sul prelievo tributario produca il cosiddetto «fiscal cliff»: tagli di spesa e aumenti delle tasse che sottrarrebbero all’improvviso all’economia reale un volume di risorse pari al 3-5 per cento del Pil. Un fenomeno che farebbe scivolare gli Stati Uniti in una nuova recessione, ha sentenziato il capo della Fed.
Il messaggio non ha entusiasmato i mercati, che nei giorni scorsi si erano convinti, sulla base degli interventi di tre autorevoli esponenti della Fed, che la Banca centrale è pronta a muoversi di nuovo. Ma non ci sono state nemmeno reazioni troppo negative (la Borsa ha guadagnato lo 0,3%): Bernanke non poteva fare annunci anticipando la riunione del «board» della Fed che si terrà a Washington la prossima settimana, subito dopo il G-20 in Messico e le elezioni greche. Secondo Mohamed El-Erian, amministratore delegato di Pimco, il più grosso fondo obbligazionario del mondo, Bernanke ha scelto di seguire l’esempio del suo «dirimpettaio» Mario Draghi, il capo della Banca centrale europea, che nei giorni scorsi ha usato termini insolitamente duri nel richiamare le autorità politiche della Ue a rimboccarsi le maniche anziché aspettare che siano i banchieri centrali dell’Eurotower a risolvere i problemi del Continente.
El-Erian è comunque convinto che, con l’Europa in recessione e l’economia americana che sta rallentando come quelle degli altri «motori» mondiali (Cina e Brasile) e della Russia, la Fed si prepara a scendere in campo. Gli fa eco Bill Gross, il fondatore di Pimco, che dà al 60 per cento le possibilità che Bernanke dia il via a un’ulteriore fase di «quantitative easing», acquistando titoli e immettendo altra liquidità nel sistema. Tre membri del «direttorio» (la vicepresidente Janet Yellen e i capi della Fed di Atlanta e San Francisco) si sono già esposti in questo senso. Ma Bernanke è più prudente: sa che l’istituto è diviso (i governatori conservatori sono contrari) e che intervenire a pochi mesi dal voto lo esporrà all’accusa della destra di voler aiutare Obama.
Massimo Gaggi