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 2012  giugno 08 Venerdì calendario

Se questa crisi è tutta colpa di un frigo beige - È tutta colpa di quel dannato congelatore beige

Se questa crisi è tutta colpa di un frigo beige - È tutta colpa di quel dannato congelatore beige. A Phoebe piace da impazzire. Niente da fare. Marvin è davvero di cattivo umo­re. Ha fatto i conti e la piccola econo­mia domestica della sua famiglia non gira. Marvin non perde tempo e an­nulla l’acquisto. È Jim, il superboss della catena di elettrodomestici, a ri­cevere la disdetta. Si chiude nel suo ufficetto, ci pensa su e chiama il suo distributore a Phoenix: «Ti ricordi il mio ordine del mese scorso? Bene, ri­ducilo del 10 per cento; ho troppa merce in negozio». Rialza il telefono e, senza colpo ferire, annulla anche l’acquisto della nuovissima Buick a cuscino d’aria che aveva opzionato da Bill Waters. «Prendiamo tempo» dice tra sé e sé in una giornata di cattiva forma. La storia continua in una spirale micidiale. An­che Waters viene infettato dal virus de­pressivo: riduce il suo magazzino di au­to a Detroit. E alla segretaria che, stupi­ta, lo interpella risponde seccato: «Sen­to che c’è una tendenza ». E annulla il ro­gito per una nuova casa. Il romanzo continua. In una gigante­sca serie di cause ed effetti. Il ridicolo presidente degli Stati Uniti si chiede per­plesso: «Ma cosa sta succedendo in America?». Semplice, gli rispondono. Una famiglia di Tucson ha rinunciato a comprare un frigorifero beige e da lì è scattata una reazione a catena. Sembra la storia delle banane di Johnny Stecchi­no. È invece un romanzo di fantascien­za degli anni ’ 70 Scritto da Mack Reynol­ds. Effetto Valanga , si intitola. Consigliamo vivamente la lettura a chi ci governa. Ieri, per l’ennesima vol­ta, hanno preso tempo sulla cosiddetta Fase due, insomma sul decreto Svilup­po, a cui Corrado Passera, isolato, sem­bra tenere molto. Nel romanzo di Rey­nolds la cosa si risolve in modo grotte­sco: si pensa cioè di inviare due agenti segreti dotati di un po’ di contanti per permettere a Phoebe di comprare il suo amato frigider beige. E rompere così la catena di depressione. Da noi, forse, ba­sterebbe lasciare in tasca qualche tassa. Il punto è che oggi ci troviamo in una spirale depressiva molto simile a quel­la descritta da Reynolds. Certo, la crisi c’è. Le nostre finanze pubbliche sono a pezzi. E la competitività delle imprese non è da favola. Ma c’è un elemento in più che ci frena. È la mancanza di fidu­cia. Il diffuso umor nero di consumato­ri e imprese. Il governo (compreso quel­lo precedente con le pazze manovre estive) ci ha messo del suo: svuotando ancor di più le tasche dei consumatori. L’Imu è una tassail cui effetto depressi­vo va al di là dei suoi risvolti espropriati­vi. Non vogliamo certo dire che si deb­bano scavare buche e poi riempirle co­sì tanto per creare qualche inutile po­sto di lavoro. Ma ci vuole un salto. Un’idea. La creazione di un ambiente favorevole al consumo e all’investi­mento. Non sempre e non solo le varia­bili economiche sono governate dal vincolo di bilancio. Nel lungo periodo certamente è ciò che conta. Ma nel bre­ve ci sono elementi psicologici che ren­dono la situazione anche peggiore ri­spetto a quello che la realtà descrive­rebbe. Siamo in una trappola di fiducia: se fi­no a ieri si sottovalutava la crisi, oggi stiamo alimentandola descrivendola peggio di quanto sia. Quello che insegna la storia economi­ca è piuttosto banale. Le crisi, periodi­camente, ci sono. Ma la loro ampiezza dipende dagli errori della politica. Mil­ton Friedman ha spiegato perfettamen­te nella sua opera monumentale sulla politica monetaria come la Grande De­pressione sia stata alimentata proprio da folli decisioni pubbliche. Non siamo in grado di dire quanto le misure di Passera possano servire alla nostra ripresa. Ma siamo certi che ali­mentare una speranza e poi frustrarla, o più semplicemente mostrare una cer­ta lunghezza nel trovare la soluzione ad un problema, renda il contesto anco­ra più deprimente.