Salvatore Bragantini, Corriere della Sera 9/6/2012, 9 giugno 2012
Nel 2009, lasciando l’Italia, l’ex ambasciatore Usa Spogli affermò che la nostra grande piaga è la corruzione; la muta reazione confermò la diagnosi — certo umiliante — di un male che trabocca ogni giorno dalle cronache
Nel 2009, lasciando l’Italia, l’ex ambasciatore Usa Spogli affermò che la nostra grande piaga è la corruzione; la muta reazione confermò la diagnosi — certo umiliante — di un male che trabocca ogni giorno dalle cronache. Sfugge sempre il danno che esso fa, anche all’economia. La corruzione, beninteso, esiste ovunque, la colpa non è nel Dna nostro; il tema vero è perché la nostra società civile non riesce a prevenirla, e poi a bloccarne le prime manifestazioni. Il solo argine alla corruzione da noi è nel lavoro della magistratura, ma essa è un’estrema rete di sicurezza che deve entrare in gioco solo quando qualche intoppo fa saltare i filtri del sistema. Se però questi sono sempre occlusi, essa fa, dopo e male, il lavoro che altri avrebbe dovuto fare bene prima. Quando la casa brucia, i pompieri sparano con violenza l’acqua; di quadri e arredi del salotto buono non si curano. Inutile poi lamentarsi se qualche pompiere va giù pesante. È la mancanza di preveggenza dei padroni di casa ad aver innescato il fuoco. Un effetto collaterale di questa mancanza del «filtro civile» è il logorìo dei carri dei pompieri, usati troppo e male, invece dei furgoni delle pulizie, che restano fermi in garage. Qualche esempio? Un lobbista amico del presidente della Lombardia Formigoni, con lui assai munifico, riceve in 10 anni 60 o 70 milioni, a titolo di consulenza, da un Istituto di cura privato con il quale la Regione, a sua volta, è stata assai munifica. Il lobbista, pur di sanità ignaro, coltivava i suoi contatti in Regione lavorando molto «sul lato umano». L’hanno stoppato solo i Pm. Ferma l’ammirazione per chi sia dotato di psicologia così fine, preziosa anzi, sorgono ovvie domande. Fino all’arrivo dei Pm andava tutto bene? Perché — negli infiniti dibattiti in Regione — sono mancate aspre domande sui rapporti stretti fra il presidente della Regione e un lobbista che così apertamente ne sfruttava l’amicizia? Nessuno dei molti, influenti e pii, amici del presidente Formigoni gli ha mai intimato, a brutto muso, la fine di tale malcostume? Poi ci sono le distrazioni dei fondi che l’Italia — cioè noi tutti — paga ai partiti. La denuncia del caso Lusi non è venuta dai suoi, troppo distratti, amici di partito. Non parliamo della Lega, che a Roma ladrona si trovava tanto bene; mesta attende l’imminente ritorno alle amate valli. Anche qui, chi sapeva — ed erano tanti — ha taciuto; se imbraccia oggi fiero la ramazza, fa solo ridere. Alcune centinaia (o migliaia?) di calciatori e addetti ai lavori sapevano del calcio-scommesse, eppure nessuno ha squarciato il velo. Chi doveva consigliare la Regione Sicilia nella copertura dei suoi rischi finanziari non può decentemente dire che quanto ha ricevuto da controparti della Regione remunerava una consulenza. Non succede mai nulla fino all’ululato delle sirene! Se una società di giochi facente capo a soggetti con legami malavitosi riceve 148 milioni da Bpm, si arcua giusto qualche sopracciglio. All’arrivo degli inquirenti, accorre il deputato Laboccetta, che gli sfila il computer del titolare spacciandolo per proprio, per cancellare con calma tutto. Ovviamente il benemerito pastura quieto fra i banchi di Montecitorio. Chi in Bpm s’era opposto è stato bruscamente zittito: avrà cercato consensi nella struttura, senza frutto. In questi e in altri casi qualcosa era pur trapelato, prima dell’arrivo dei Pm, nelle cronache nere finanziarie, ma senza che si smuovesse l’opinione pubblica, come invece accade in Germania se un ministro copia la tesi di laurea, o se la moglie del presidente riceve soldi da un poco di buono. Non si pretende che il Paese sia composto di tanti Giorgio Ambrosoli, che da soli scoperchiano il malaffare. Basterebbe che si levasse spontaneo un moto di simpatia — nel senso originario della parola — verso chi lo fa. Una volta «contagiato» un sufficiente numero di cittadini attenti al bene pubblico, la partita sarebbe vinta. I 148 milioni al clan Corallo, i 60 al munifico lobbista, il loro multiplo che l’ospedale ha bellamente incassato, i «tesoretti» sperperati in corruzione da tanti partiti, sono rubati a famiglie e imprese meritevoli. Essi tuttavia tacciono: se lo scandalo tocca il loro settore, per il timore di contraccolpi, se non li tocca, perché non li tocca. Alzino finalmente la testa! È questa la zavorra che ci impiomba, scoraggiando nuove iniziative di italiani e stranieri. Il governo fa bene contro l’evasione; faccia ancor di più. Raccolga lo spunto del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco: aumentiamo il peso delle donne, meno aduse alla corruzione, nell’economia. Ammutolita la Lega, aiutiamo però il Sud, gran riserva di sviluppo economico e civile, a superare le storiche debolezze sul tema. Monti parli, oltre che alle menti, ai cuori. Dica la verità: la pervasiva corruzione divora il futuro dei nostri figli.