Umberto Broccoli, Sette 8/6/2012, 8 giugno 2012
IL TEMPO DI MORIRE
Estate 1970, luglio: è sabato 11. In corso, una crisi di governo: quella dell’esecutivo Rumor, dimissionario dal 6 luglio. Per gli studenti è vacanza, per la politica è discussione: chi avrà l’incarico dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, Andreotti o Emilio Colombo? È l’epoca dei “governi balneari” o “governi ponte”. Come gli amori estivi, nascevano a luglio e si chiudevano poco prima dell’autunno: un espediente inventato dalla politica di quegli anni per prendere tempo e rinviare gli accordi di governo a dopo la villeggiatura. Sembra incredibile, eppure è così. Quel sabato 11 luglio iniziano gli esami orali di maturità. La riforma dell’esame è passata da un anno: prima si portavano tutte le materie e, teoricamente, potevi essere rimandato a settembre, dopo aver terminato l’esame a luglio. Ora le materie sono due, di cui una a scelta. Sembra più semplice, ma c’è sempre molta paura. Un mese prima, l’8 giugno, Lucio Battisti pubblica un 45 giri: sul lato A, “Fiori rosa, fiori di pesco”; sul lato B “Il tempo di morire”. Un inno alla motocicletta, un simbolo di quegli anni Settanta aperti da Battisti nel segno delle due ruote e ribaditi dai successi di Giacomo Agostini su MV Agusta, campione del mondo sia sulle 250 che sulle 500: invincibile, bello, idolo di noi ragazzi e – soprattutto – delle ragazze. La motocicletta (non necessariamente da 10 hp) diventa anch’essa la metafora della trasgressione, della ribellione, della possibilità di fare colpo sulle ragazze, specie se è tutta cromata / è tua se dici sì. D’estate, una moda nuova, la moda del campeggio e della moto, a quel tempo senza casco (errore mortale), per sentire la libertà come l’aria nei capelli. Gli anni Settanta e la motocicletta: il mercato ne offriva a centinaia. A sedici anni, tendenzialmente, si comperava il Gilera 124. Grigio metallizzato, con una marmitta silentium che (appena finito il rodaggio) si faceva smarmittare per dare al rombo un suono caratteristico e inconfondibile. Le ragazze andavano pazze per chi aveva il Gilera 124, ma – sulla carta – non le si poteva portare dietro, sul sellino. Bisognava avere diciotto anni e la polizia stradale era severissima con i sedicenni, ragazza al seguito: cinquemila lire di multa. La coppia di agenti andava in giro con un Falcone 500 della Guzzi, con tanto di volano con disco argentato, simile a una affettatrice. Una moto lenta, monocilindrica, ma affidabile. Con una pedivella per metterla in moto, sulla quale dovevi salire con tutte le forze, solo dopo aver azionato l’alzavalvole, sul manubrio. Ma se volevi superare il Gilera, potevi ricorrere al MotoBi della Benelli. Assetto da corsa, contachilometri e contagiri e, volendo, lo smarmittamento solito. C’era chi faceva istallare la marmitta a tromboncino, simile a quella delle moto da corsa. Ovviamente fuorilegge e assordante, ma aggressiva. Poi ancora la Honda 125: un traguardo irraggiungibile, perché costava oltre 400.000 lire. Ma era una bicilindrica e poi aveva quello stile giapponese inconfondibile, nonché un numero di giri elevatissimo.
A tutta manetta. Nascevano motociclette come funghi, in quegli anni Settanta. Moto Morini produceva la serie del Corsaro, velocissima. Poi, se si saliva di categoria, c’erano le Ducati, l’Aermacchi, la Guzzi, la Laverda, fino ad arrivare ai sogni di tutti: le motociclette inglesi. E allora c’era solo l’imbarazzo della scelta: la Norton, (con quell’esemplare straordinario chiamato Commando), la BSA, non tanto veloce, ma così elegante (fra tutte brillava la Lightning 650), la Triumph (fra tutte, splendeva la Bonneville). Vento nei capelli e aprire la manetta: vedevi la strada scappare via da sotto le tue gambe e ti illudevi di essere padrone del mondo. E quando fra motociclisti ci si incrociava, ci si salutava: con i guanti da moschettiere, si alzava la mano sinistra per un secondo. Se, poi, si incrociavano due motociclette uguali, ci si lampeggiava con i fari. Come dire: siamo d’accordo su tutto, nella moto, nella marca, nell’abbigliamento, nella voglia di libertà. Sognando di poter incrociare, prima o poi, una lei in giro come un ragazzo la moto che / tocca i duecento quando mi va. Lei (la moto) bella come le inglesi. Lei (la ragazza), strepitosa come Sylvie Vartan.