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 2012  giugno 08 Venerdì calendario

AMERICA’S BLUFF


La Grecia rischia di implodere con le elezioni del 17 giugno, l’euro sta molto male, ma anche il dollaro non si sente tanto bene. Ancorché il cambio sia migliorato e l’attenzione dei media di tutto il mondo sia puntata su Atene, la grande malata, e su Berlino, il medico impietoso che lascia la piaga purulenta, la divisa americana riflette un’economia fuori controllo. Nel 2011 il Prodotto interno lordo (Pil) degli Usa è aumentato dell’1,7% al netto dell’inflazione. Non male se si guarda all’Italia in recessione e all’Europa che resta al palo. Ma la crescita americana è drogata dalla spesa pubblica in deficit senza freni. L’anno scorso lo sbilancio tra le entrate fiscali e le uscite delle pubbliche amministrazioni è stato negativo per 1,3 trilioni di dollari, pari all’8,4% del Pil, il doppio del deficit medio dell’Eurozona. Diversamente dall’Italia che punta al pareggio di bilancio già l’anno prossimo, a Washington anche nel 2012 si suona ancora la stessa musica. Il deficit determina l’incremento del debito pubblico. Che ha ormai superato i 18 trilioni di dollari, ovvero il 117% del Pil. Ma a questa cifra va aggiunta anche quella quota del debito delle imprese sponsorizzate dal governo che corrisponde alla percentuale di insolvenze sui mutui concessi o garantiti da queste società, ovvero da Fanny Mae, Freddie Mac e Ginni Mae. Poiché le tre hanno un debito di 6,5 trilioni e le insolvenze sono pari a un terzo degli impieghi, stiamo parlando di 2,2 trilioni da aggiungere al conteggio ufficiale del debito. Perché aggiungere? Perché il governo non solo sponsorizza queste imprese, ma le ricapitalizza in caso di bisogno. È già avvenuto nel 2008-2009 quando lo scoppio della bolla speculativa sugli immobili precipitò verso il fallimento le tre sorelle del mattone.


La triplice forza. A colpi di deficit di un trilione l’anno, gli Usa rischiano di accumulare un debito pubblico ancora più pesante dell’attuale. Che spinge sempre più in alto l’indebitamento globale dell’economia americana. La somma dei debiti di famiglie, imprese non finanziarie, settore pubblico federale e locale e delle imprese finanziarie è salita fino a 55,1 trilioni, circa tre volte e mezzo il Pil, che è stato di 15,3 trilioni. Eppure, le agenzie di rating conservano la tripla A e i mercati finanziari continuano a leggere con gli occhiali rosa le statistiche americane. Potenza del triplice primato – militare, tecnologico e finanziario – degli Usa. E impotenza dell’Europa.
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