Roberto Giardina, ItaliaOggi 7/6/2012, 7 giugno 2012
I TEDESCHI PENSANO IN MODO DIVERSO
La Germania ha il record mondiale dell’export, con mille e 60 miliardi di euro, l’11,4 % in più rispetto al 2010, il saldo positivo supera i 158 miliardi, il livello più basso di disoccupazione, in particolare di quella giovanile, il pil aumenta e i debiti diminuiscono, l’inflazione è sotto controllo, si investe nella ricerca più degli altri europei messi insieme.
Allo stesso tempo prospera la cultura, sono aperti 6 mila musei, altro record europeo, e nessun altro paese vanta tanti scrittori e artisti, oltre 300 mila, ha 84 teatri dell’opera, un settimo di quelli esistenti al mondo.
Qual è il motivo? Perché il made in Germany non ha rivali, perché la politica della Merkel è più accorta, avvantaggia i suoi connazionali e danneggia gli altri europei? Sarà, ma la rivista Philosophie Magazine in copertina si chiede: «Denken Deutsche anders?», i tedeschi pensano in modo diverso. Il merito del successo in economia è anche dei suoi filosofi, Kant o Hegel, tanto per citare i soliti. Il direttore e fondatore dello Spiegel, Rudolf Augstein, quando scrisse una storica intervista con Martin Heidegger, affermò con consapevole arroganza: «I filosofi francesi, se cominciano a pensare, devono scrivere in tedesco». Allusione a Jean-Paul Sartre, che si era ispirato fino al limite del plagio al pensiero di Heidegger.
«L’Europa è in crisi. E la Germania prospera. E il suo nuovo ruolo guida suscita paura», scrive la rivista nel numero di maggio-giugno, «e ci si chiede all’estero perché il paese dei poeti e dei pensatori esporta più di tutti? Perché l’ecologia è qui importante, e il timore per il futuro così grande?». Dietro questi interrogativi ci sono radici filosofiche? Diciamo, paradossalmente, che la rivista si risponde con la sua semplice esistenza. In quale altro paese d’Europa potrebbe sopravvivere un simile periodico, in concorrenza perfino con un altro, il mensile Philosophie Heute. E dove, per spiegare un boom economico e finanziario, si indagherebbe tra i filosofi e non tra i capitani d’industria?
Da bravi maestri della logica, ci si comincia a chiedere che cosa sia la Germania, e come definire un tedesco. Domande niente affatto teoriche, e che valgono anche per noi. Mentre le altre grandi potenze si affermano già nel XV e XVI secolo, la Spagna, la Francia, l’Olanda, l’Inghilterra, la Germania è ancora un insieme di staterelli senza gran peso, fino al XIX secolo. L’unità è data dalla lingua, come scrive Johann Gottlieb Fichte nel Discorso alla nazione del 1807. La madrelingua è alla base del Vaterland, della patria. E ancora una volta si deve pensare all’Italia. Cielo d’Alcamo e Dante arrivano prima dei bersaglieri piemontesi.
Nazionalismo? In Germania esiste un patriottismo della Costituzione, ricorda Jürgen Habermas, una conseguenza della colpa storica legata al nazismo, ma questa identità legata ai principi democratici della Carta consente di integrare chi viene da fuori, e allo stesso tempo di integrare la patria tedesca nella Comunità europea. La nascita del mito del made in Germany è legato all’identità nazionale, sentita dagli operai e dagli ingegneri, dai politici, e dei ricercatori, già alla fine del Novecento, uno spirito che permise di uscire dalla tragica depressione seguita alla Grande Guerra.
La filosofia non è confinata all’Università. I laureati sono ricercati dalle società di pubblicità perché sanno giocare con le parole, e perché conoscono gli esseri umani. E sono i migliori controllori della spesa pubblica per Dieter Engels, presidente del Rechnungshof, la Corte dei conti. «Perché», spiega, «sono persone abituate a pensare in modo logico, e a saper distinguere tra la necessità e il superfluo, tra progetti ragionevoli e spese ingiustificate».L’inchiesta della rivista si conclude con un’intervista a Ralf Ledtke, professore di filosofia e filologia classica all’università di Bamberga: «Si dovrebbe istituire un giuramento per gli ingegneri simile al giuramento di Ippocrate per i medici. Dovrebbero impegnarsi a rispettare il creato, e sentirsi come una parte della natura». Non dunque Deutschland über alles, ma l’individuo al servizio dell’umanità. L’ingegneria, e in senso lato la tecnica, non devono avere come fine il profitto, ma il bene sociale. Suonerà retorico per chi non è tedesco.