Gianni Barbacetto, Il Fatto Quotidiano, 7.6.2012, 8 giugno 2012
SISTEMA PENATI
Chiusa l’inchiesta sull’ex presidente: 22 indagati.
Ora che le indagini sono giunte al termine, le carte raccolte dalla Procura di Monza raccontano il "sistema Sesto" come "sistema Penati". E’ stato l’uomo forte del Pd in Lombardia, Filippo Penati, prima di essere chiamato a Roma da Pier Luigi Bersani, nel 2009, a dirigere la sua segreteria politica. Dai doucmenti d’indagine, Penati emerge come il protagonista indiscusso di una storia che inizia alla fine degli anni 90, quando è sindaco di Sesto San Giovanni, attraversa il periodo in cui è presidente della Provincia di Milano (2004-2009) e arriva fino alla campagna elettorale del 2010, quando è il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Lombardia.
Il sistema Penati ha un perno: Piero Di Caterina, vulcanico imprenditore dei trasporti che è amico, sostenitore e finanziatore di Penati. E’ lui a prestargli, negli anni, molti soldi che si dimostrano utili a fare una rapida carriera politica, passando dalla Stalingrado d’Italia a Milano e da lì a Roma, ai vertici del partito. Di Caterina condivide le idee politiche dell’amico che sostiene economicamente, ma ritiene suo diritto, a un certo punto, ottenere la restituzione di quelli che considera prestiti, o investimenti.
Penati comincia a restituire, ma facendo pagare Di Caterina da alcuni imprenditori che hanno affari aperti a Sesto. Tangenti triangolate, secondo i pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia.
La prima "restituzione" avviene nel 2000, quando un altro imprenditore sestese, Giuseppe Pasini, compie una strana operazione immobiliare: acquista una piccola area (3 mila metri quadrati) da Di Caterina, dandogli in cambio un’area ben più ampia (10 mila metri quadrati), più un conguaglio di 1 miliardo e 250 milioni di lire.
Perchè lo fa? Perchè Pasini si sente costretto a pagare, se vuole vedere approvato l’intervento edilizio che ha in progetto sull’area ex Ercole Marelli.
In questo primo capitolo, dunque, i pm ipotizzano un Pasini concusso e un Penati concussore (assieme al suo collaboratore Giordano Vimercati e al "mediatore" Di Caterina).
Per avere il cambio di destinazione (da industriale a terziario) di parte della stessa area ex Marelli, un altro imprenditore, Paolo Fondrini (di Sesto Autoveicoli spa), è indotto a vendere appezzamenti di tereno a Di Caterina e a Pasini.
Il secondo capitolo di questa storia riguarda l’area ex FALCK. Pasini, che ancora sperava di potervi realizzare il suo intervento immobiliare. tra il 2000 e il 2004 paga all’estero a Di Caterina, intermediario di Penati, una stecca di 4 miliardi di lire (prima tranche di una tangente che avrebbe dovuto essere di 20 miliardi). Poi è indotto ad affidare i lavori alle coop emiliane rappresentate da Omer Degli Esposti, ad affidare il progetto (per 300 mila euro) ad architetti indicati dal gruppo Penati e a riconoscere una "mediazione immobiliare" (ritenuta falsa dai pm) di oltre 1,8 milioni di euro a due professionisti vicini alle coop, Francesco Agnello e Gianpaolo Salami.
Il terzo capitolo è del 2008. Anno cruciale, in cui s’incrociano tre diversi affari, secondo le indagini della GdF di Milano comandata dal colonnello Vincenzo Tomei. Reato contestato, questa volta, la corruzione. Di Caterina torna alla carica con Penati: vuole indietro altri soldi. Ha dato ai Democratici di sinistra e a Penati circa 3 milioni e mezzo di euro tra il 1997 e il 2003 e non meno di 50 mila nel 2008-2009.
Al segretario generale di Penati, Antonino Princiotta, ha pagato direttamente 100 mila euro. Ecco allora che vengono inventate altre triangolazioni per risarcirlo. Viene stipulato un contratto di compravendita simulata d’immobili: questi non passano di mano, ma il venditore (Di Caterina) incassa comunque 2 milioni di euro come caparra confirmatoria che il compratore (Bruno Binasco, per il gruppo Gavio) non recupera quando l’ipotesi di compravendita tramonta.
A pagare questa volta è il gruppo Gavio, che in cambio ottiene da Penati un sostanzioso aumento (18,8 milioni di euro) dell’appalto per la realizzazione della terza corsia dell’autostrada Milano Serravalle. Non basta. Penati fa comprare dalla Provincia di cui è presidente un edificio di Di Caterina (in via Varanini a Milano, per 1,3 milioni). Infine firma una determina, poi ratificata da una delibera di giunta, per far avere a Di Caterina 12 milioni di euro per i suoi servizi di trasporto nel sistema Sitam (Sistema integrato tariffario area milanese). A partire da quel cruciale 2008 entrano in scena nuovi protagonisti. Il più importante nel sistema è l’architetto Renato Sarno, che diventa il re delle "consulenze" ed è considerato il nuovo, onnipresente mediatore tra Penati e le imprese. Ma c’è anche Massimo Di Marco, l’amministratore delegato della Milano Serravalle, che incassa 68 mila euro come "ringraziamento" dal gruppo Gavio. I fatti del 2008 diventano centrali per questa inchiesta: perché allontanano il pericolo della prescrizione; e perché tengono a Monza (e non a Milano) la competenza a indagare.
Il quarto capitolo di questa storia di soldi e politica, infine, si chiama "Fare Metropoli". E’ l’associazione culturale di Penati che funziona in realtà come cassa per raccogliere soldi durante le campagne elettorali del 2009 e del 2010. Finanziamenti illeciti versati da banchieri (Massimo Ponzellini ed Enrico Coralli) e imprenditori (Enrico Intini, Roberto De Santis, Agostino Spoglianti, Paolo Golzio e Marco Gadaleta). Avvisati della chiusura indagini, ieri, 22 indagati e un’azienda, la Codelfa del gruppo Gavio. La procura di Monza prosegue l’inchiesta per altri filoni: tra questi, l’acquisto delle azioni Serravalle dal gruppo Gavio, l’acquisto della sede della società autostradale dal gruppo Cabassi e altri appalti Serravalle.