ALBERTO MATTIOLI, La Stampa 7/6/2012, 7 giugno 2012
In Francia si cambia l’età della pensione torna a sessant’anni - Atre giorni dal primo turno delle legislative, François Hollande rispetta una promessa fatta in campagna elettorale
In Francia si cambia l’età della pensione torna a sessant’anni - Atre giorni dal primo turno delle legislative, François Hollande rispetta una promessa fatta in campagna elettorale. Dopo aver detto cose di sinistra, ieri è passato all’azione e ne ha fatta una: riabbassare l’età dell’età della pensione a 60 anni, dopo che Nicolas Sarkozy l’aveva alzata. Però quella di Sarkò fu una riforma, questa di Hollande è una controriformetta: la novità riguarda solo i lavoratori che hanno cominciato a lavorare molto giovani, per il 2013 non più di 110 mila persone. Tant’è: Hollande l’aveva promesso e ieri l’ha fatto. Dal Consiglio dei ministri sono uscite confermate le indiscrezioni che già circolavano. Il decreto entrerà in vigore il 1° novembre. Tecnicamente, si tratta di estendere il dispositivo detto «carriere lunghe», finora applicato a chi aveva iniziato a lavorare a 17 anni o meno, anche a chi ha cominciato a 18 e a 19. Per loro sarà possibile andare in pensione a 60 anni, fermo restando l’obbligo di avere 41 anni di contributi. E il governo ha deciso di abbuonare due trimestri ad altrettante categorie: i disoccupati e le madri. Secondo Marisol Touraine, ministra degli Affari sociali, il costo del provvedimento è relativamente basso: 1,1 miliardi di euro nel 2013, che saliranno progressivamente a tre nel ‘17. «La riforma giura Touraine - è interamente finanziata». Si provvederà con un aumento dei contributi dello 0,2%, metà a carico del lavoratore e metà del datore di lavoro. Il significato della mossa è però politico. La riforma delle pensioni è il fiore all’occhiello di Sarkozy, che per realizzarla pagò un prezzo alto in termini di consenso, proteste e tensioni sociali. La controriforma che tocca centomila persone è più che simbolica, ma di certo non è radicale. Però, spiega la portavoce del governo, Najat Vallaud-Belkacem, «era indispensabile per correggere un’ingiustizia».