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 2012  giugno 06 Mercoledì calendario

Melissa e la giustizia frettolosa Troppi finti mostri in prima pagina - Sbatti il mostro in prima pagina, e chissenefrega se «quel» mostro non è «il» mostro di Melissa

Melissa e la giustizia frettolosa Troppi finti mostri in prima pagina - Sbatti il mostro in prima pagina, e chissenefrega se «quel» mostro non è «il» mostro di Melissa. Non uno, non due, ma decine di sospet­tati più o meno eccellenti, più o me­no per davvero sospettati, hanno avuto la vita distrutta, son dovuti scappare da casa, dagli amici, dal la­voro. A rischiare la pelle pure quei poveri poliziotti in borghese usciti con una volante dalla questura di Brindisi, lo scorso 21 maggio, e pre­si a calci e sputi perché «scambiati» per gli assassini della studentessa di Mesagne. Il tutto per quell’ansia da vendetta, e soprattutto da scoop, che ha colpito illustri giornalisti, no­te agenzie di stampa, quotidiani lo­cali, tutti incappati in notizie false e puntualmente divulgate per la gio­ia di chi aveva subito un interrogato­rio ma era poi tornato a casa sorri­dente e con le scuse degli investiga­tori. Prendete Raffaele N. un ex milita­re dell’Aeronautica, dipinto come mezzo spione, passione per l’elet­tronica e gli esplosi­vi. La sua foto ha fat­to il giro del mondo accanto a un titolo eloquente:l’autore della strage inca­strato da una video­camera. Due gocce d’acqua con l’uo­mo immortalato nel video davanti la scuola, precedenti specifici, un alibi così e così. A molti cronisti, e qualche investigatore, è ba­stato questo per non avere pietà. E invece Raffaele non era quel che a molti investigato­ri sembrava. S’è salvato per una di quelle incredibili coincidenze che poi, a seconda del credo, ti fanno rin­graziare il Signore, la Dea Bendata, il fondoschiena.Il giorno prima del­l’attentato l’uomo è in Grecia, la sera prende un aereo per Bari, destina­zione ultima casa sua, a Brindisi. Una volta atterrato si fa convincere dal fi­glio a restare a cena e a dormire da lui a Bari, e questo gli sal­va la vita: l’indoma­ni, con comodo, prende e parte in auto. Arriverà a Brindisi a mezzo­giorno, tre ore do­po l’esplosione della bomba. Un po­liziotto lo riconosce: «È lui, ne sono certo». Sembrava fatta. Tam tam. Solo a notte il pm sarà costretto ad arrendersi alle evidenze dei riscon­tri. «Se fossi tornato subito a casa ­racconterà al Giornale nella sua pri­ma accorata intervista - a quest’ora sarei in cella e nessuno cerchereb­be più il vero assassino». Scontato. Stesso discorso per due fratelli al po­polare quartiere Sant’Elia, uno dei quali con qualche problema di de­ambulazione come il mostro che zoppica nel filmato, e un’antenna gigantesca piazzata in terrazzo tan­ta è la passione per i baracchini. An­ch­e qui due più due fa quattro chiac­chiere in questura e niente più: fuo­ri per un doppio alibi di ferro, lui e il fratello complice. Alibi di acciaio. Inattaccabile. Tra figuracce e scuse a capo chino, la caccia all’uomo con nome e cognome in edicola si placa di botto. Anche perché sono 1.421 le persone prese a verbale, ognuna è un potenziale titolo a effet­to, una Babele di accuse incontrolla­te e incontrollabili. Il papà di una ra­gazza ferita nell’agguato è costretto a smentire su queste pagine che non c’entrano niente le pistolettate prese anni prima per il pentimento del fratello criminale, zio della ra­gazza tuttora ricoverata. Anche la mafia locale della Sacra Corona Uni­ta, con annessi i vecchi boss del con­trabbando ormai a riposo, cattura­no l’attenzione di giornali e tv giu­rando che con questo scempio la malavita non c’entra.Immediate lu­ci della ribalta per chi ha precedenti penali, interviste in differita per chi ancora ha paura a uscire di casa e in­crociare il vicino.