Massimo M. Veronese, il Giornale 6/6/2012, 6 giugno 2012
Quei somari di talento che contraddicono i prof - Al Professore piacciono i secchioni. Quelli come lui, da 30 e loden, giovani adulti mai ragazzi, la fantasia ovunque tranne che al potere
Quei somari di talento che contraddicono i prof - Al Professore piacciono i secchioni. Quelli come lui, da 30 e loden, giovani adulti mai ragazzi, la fantasia ovunque tranne che al potere. Premi per chi si impegna di più ha promesso Profumo che governa l’Istruzione, all’eccellenza scolastica, ai secchioni appunto, saranno destinati più o meno 30 milioni. Va ricompensato il merito, e non c’è nulla di male, ma, attenzione, non il talento che non conosce leggi e verità, non la passione che fa girare il mondo, non il temperamento che da sostanza ai desideri. I Prof, Monti, la Fornero, Profumo, si guardano e premiano se stessi per interposta persona, per quello che erano loro a scuola, primi in tutto, diligenti, seriosi, incapaci di passarti un compito, senza un cambio di passo, noiosi da morire. Premiano un modo nuovo di essere vecchi, ricominciano dalla propria fine, fanno del male al genio ma con metodo. In ogni scuola superiore, è il progetto del governo accademico, sarà identificato lo studente dell’anno scelto tra chi ha avuto 100 alla maturità e i migliori risultati negli ultimi tre anni. È la vetrina della nuova economia, il futuro che fa giustizia del passato: per lo sgobbone riduzione del 30% delle tasse d’iscrizione all’Università e la card «Iomerito» con sconti per musei, tram e metropolitane. Studia insomma e andrai dove vuoi, quantomeno con i mezzi pubblici. E poi? Sgravi fiscali, oro colato in questi tempi tartassati, alle imprese che assumono, a tempo indeterminato entro tre anni dalla laurea, i più bravi. I più bravi non i migliori. É la bilancia che dice quanto sei grosso ma non quanto sei grande. Perché con la logica algebrica dei Prof il meglio della cultura e del genio italiano dell’ultimo secolo sarebbe finito a pagarsi il biglietto del tram per mettersi in coda all’ufficio di collocamento. Montale era ragioniere come Fantozzi, Quasimodo geometra come Calboni, Elio Vittorini, suo cognato, perito tecnico, Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Benedetto Croce non finirono mai gli studi di Giurisprudenza,Gabriele D’Annunzio quelli di Lettere, Alberto Moravia, complice la tubercolosi, prese «a mala pena» la licenza ginnasiale. Orio Vergani gli studi li lasciò a metà, Vasco Pratolini fu tipografo, venditore ambulante, barista, autodidatta, mai primo della classe. Rizzoli e Mondadori, padri di tutti i libri, finirono appena le elementari, poi uno andò a lavorare in drogheria e l’altro trovò posto nella tipografia di un orfanotrofio. A proposito di futuro rubato ai giovani di oggi, ma non a quelli di ieri, che si arrangiavano, si inventavano, mentre i prof studiavano sodo, come se giovani poi si fosse solo adesso. É vero che le cose sono cambiate: il problema è che i professori sono rimasti sempre gli stessi. Bisognerebbe premiare ragazzi che sognano quello che fanno, perché il mondo non è sempre nei giudizi della gente. In tempi flessibili come questi le certezze immutabili del merito fanno un certo effetto. Le uniche opportunità di Enzo Ferrari, pilota, meccanico, respinto al primo colloquio di lavoro dalla Fiat, sono state quelle che lui stesso ha creato, Enrico Mattei ha messoin gioco tutto se stesso per diventare l’uomo che voleva essere, cominciando a vendere vernici per la Max Meyer dopo essere stato operaio in fabbrica. Anziché abbattersi hanno accettato la sfida, preso gli ostacoli come stimolo a far funzionare l’ingegno pragmatico e l’immaginazione, non come limiti di cui lamentarsi sui blog o via facebook. Merito si dice, giudizio. Ma Salvador Dalì fu espulso dalla Scuola di Belle Arti di Madrid perchè si rifiutava di far giudicare i suoi dipinti dai professori; Gustave Flaubert, che pure era il primo della classe, un secchione ma di talento, fu cacciato dal collegio per aver capeggiato una rivolta contro un supplente; il poeta Shelley fu mandato via perché si rifiutò di rispondere alle domande degli insegnanti su un pamphlet che aveva appena elaborato sull’ateismo, non è a voi, declamava, ma alla Storia che devo rispondere. Sul pezzo di carta alla fine non c’è mai scritto quale sarà il tuo futuro. Bastassero poi la passione, o la vocazione in un Paese dove tutti possono diventare qualcuno e tutti essere nessuno. Quanto talento finisce sprecato se non c’è un carattere a sorreggerlo, quante volte il bisogno di ribadire le proprie qualità fugge dalla competizione, perchè ingannato dal voto a scuola. Ai Professori piacciono i secchioni. Le pupe mai...