Stenio Solinas, il Giornale 6/6/2012, 6 giugno 2012
Cesare «Augusto» Battisti, l’imperatore delle bugie - È un romanzo, avverte la copertina di Face au mur , «Faccia al muro» (Flammarion, pagg
Cesare «Augusto» Battisti, l’imperatore delle bugie - È un romanzo, avverte la copertina di Face au mur , «Faccia al muro» (Flammarion, pagg. 363, euro 11,50). L’ha scritto uno che di nome fa Cesare, racconta la storia di uno che di nome fa Augusto... Il cognome del primo è Battisti, quello del secondo non si sa: lo chiamano «gringo», ovvero lo straniero, e infatti è un italiano, è in carcere in Brasile, attende di sapere se lo estraderanno o meno, è un uomo in fuga, come Battisti, appunto. È un romanzo, la vita di Augusto, o è un romanzo la vita che Cesare ( Battisti) racconta come fosse la sua, quella vera? Augusto è «idealista», naturalmente, pur se qualche volta ha ceduto ai «cocktails mondani» in quel di Parigi. Il Brasile è stato per lui «l’inizio della mia via Crucis», anche se al suo termine non c’è stata la crocefissione, ma «la libertà». È arrivato lì per «l’esigenza imperiosa di ricostruire successivamente i ponti un tempo bruciati dietro di sé, in una ritirata ordinata degna di quei grandi ideali capaci di trasformare lo spirito di rivolta in carne da cannone ». Durante «gli “anni di piombo”, sulle scale di un palazzo milanese», ha rischiato di morire per un «proiettile calibro nove»e l’ha salvato Enzo,un«compagno zoppo». Chi l’abbia esploso, non ce lo dice, probabilmente uno senza ideali né spirito di rivolta. Quarant’anni dopo,però,è consapevole di essere «una macerie degli anni Settanta, un piccolo sognatore all’epoca, e un vecchio coglione sognatore oggi». Adesso che è in galera, s’accorge che «i suoi nemici non hanno più bisogno di nulla, hanno ormai vinto sulla Storia, talmente vinto che non sanno più cosa fare della loro vittoria ». Pensa che allora, «in quell’epoca di transizione fra l’effervescenza rivoluzionaria post-68 e la noia degli anni 1980», vagava «con gli altri nelle nebbie di una clandestinità senza ritorno e senz’altro scopo se non la sopravvivenza. Eravamo i resti di un piccolo esercito in fuga», e lui un «soldato della libertà » che a volte si sorprendeva a pensare che «la Rivoluzione era poco più di una parola, un’astrazione fuori moda, buona appena per innervosire i guardiani dell’ordine e dello Stato,i “nemici del mondo libero”. Che non erano meno ridicoli di noi, ma che ci trasformavano in bersagli da abbattere, o da mettere in cella per il resto dei nostri giorni ». Fra una citazione di Sartre e una di Nelson Mandela che cita Shakespeare, un pensiero «all’amante e al bambino che vivono nell’anima di uno scrittore», il ricordo delle figlie che non ha visto crescere, Cesare- Augusto in Brasile c’è arrivato dopo «un viaggio troppo lungo, indebolito da anni di persecuzioni, menzogne, minacce e privazioni». Nel racconto, un po’ confuso, da un lato fa capire di essere stato tenuto in caldo e poi «venduto»alle autorità da ex compagni di lotta, ma dall’altro ammette di conoscere bene «lacostituzionebrasiliana,l’articolo 5 mi protegge. Potevo contare a Rio su un contatto politico e su un famoso studio di avvocati, raccomandatomigiàdallaFrancia. Sembrava tutto semplice, poco più di una formalità. Sei mesi era il periodo che gli altri italiani avevano passato dietro le sbarre, prima di avere il diritto di rimanere in Brasile. Più mi impegnavo in Rio e più trovavo che l’avvocato e gli altri avevano ragione: non c’era da inquietarsi». Cesare-Augusto, idealista, soldato della libertà, scrittore nel cui animo giocano insieme l’amante e il bambino,ha anche«lo spirito del missionario», tutt’uno con il sogno di «una società da cambiare», perché «in piena degenerazione», disposto per questo a «pagare il prezzo più alto, come appunto è avvenuto ». Un uomo, insomma, «ricercato sì, ma per delle cause che ci erano care».Perché poi Cesare-Augusto si sente parte «della vita di una generazione che aveva osato generalizzare la rivolta». Fortunatamente per lui, c’è sempre il corpo e l’anima di una donna a bilanciare e vincere tutte le illusioni perdute. Cesare-Augusto avrà quello di Janaína, un po’ puttana, un po’ bambina e un po’ spiona per conto di quelli che lo vogliono vendere. Rischierà per questo amore fino in fondo, pronto anche «a lasciarci la pelle».Invece la salva,la pelle naturalmente. E naturalmente anche Janaína, che non si prostituirà più e gli terrà ordinata la casa. È un missionario, Cesare-Augusto, lo abbiamo detto prima. Face au mur si legge con fastidio. Ci sono gli uccellini bianchi, simbolo di libertà, da osservare dalle finestre di una cella, un po’ di folklore locale, foresta amazzonica, favelas, corpi abbronzati, insomma quelle cose lì, poco sesso e molto alcol, qualche storia nella storia allacciata alla bene e meglio. È il tredicesimo romanzo di Battisti, e se gli altri dodici erano così, non mi sono perso nulla. Il fastidio, va da sé, non è di natura critica: autobiografia mascherata, è il racconto di uno che si è sempre nascosto, fin da quando, camperos e giubbetto di renna, andava in giro ad ammazzare deipoveridisgraziati, «i gendarmi diffusi », «i cittadini poliziotti », ovvero sindacalisti, medici, magistrati, negozianti, guardie carcerarie che i Proletari armati per il comunismo (Pac) avevano scelto come bersaglio rivoluzionario. Nel bel libro di Sergio Turone Il caso Battisti (Garzanti) si può trovare la vera storia di un piccolo rapinatore di provincia traghettato dalla malavita comune alla lotta armata, guidato sempre e soltanto dal proprio istinto di sopravvivenza, non stupido, cinico quel tanto che bastava e se il caso anche di più. Uno che degli anni Settanta ha preso sanguinosamente la coda, e poi li ha ricostruiti scientemente e in modo affabulatorio come se non ci fosse mai stato se non per divenirne capro espiatorio e coscienza critica. Viene da qui, da questo pasticciato romanzo criminale la credulità di molti suoi difensori sull’essere stato inchiodato da un solo pentito, e per due omicidi commessi contemporaneamente in città diverse, processato in contumacia senza potersi difendere e con falsi mandati ai suoi avvocati, vittima di uno «Stato d’eccezione».Palle,semplicemente. A un’altra faccia si sarebbe dovuto intitolare il libro. Battisti la incarna perfettamente e quando si guarda allo specchio lo sa benissimo. Sia che vi veda riflesso Cesare, sia che vi veda riflesso Augusto.