Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 06 Mercoledì calendario

Cesare «Augusto» Battisti, l’imperatore delle bugie - È un romanzo, avverte la copertina di Face au mur , «Faccia al muro» (Flammarion, pagg

Cesare «Augusto» Battisti, l’imperatore delle bugie - È un romanzo, avverte la copertina di Face au mur , «Faccia al muro» (Flammarion, pagg. 363, euro 11,50). L’ha scritto uno che di nome fa Cesare, racconta la storia di uno che di nome fa Augu­sto... Il cognome del primo è Batti­sti, quello del secondo non si sa: lo chiamano «gringo», ovvero lo stra­niero, e infatti è un italiano, è in car­cere in Brasile, attende di sapere se lo estraderanno o meno, è un uo­mo in fuga, come Battisti, appun­to. È un romanzo, la vita di Augu­sto, o è un romanzo la vita che Cesa­re ( Battisti) racconta come fosse la sua, quella vera? Augusto è «idealista», natural­mente, pur se qualche volta ha ce­duto ai «cocktails mondani» in quel di Parigi. Il Brasile è stato per lui «l’inizio della mia via Crucis», anche se al suo termine non c’è sta­ta la crocefissione, ma «la libertà». È arrivato lì per «l’esigenza impe­riosa di ricostruire successivamen­te i ponti un tempo bruciati dietro di sé, in una ritirata ordinata degna di quei grandi ideali capaci di tra­sformare lo spirito di rivolta in car­ne da cannone ». Durante «gli “an­ni di piombo”, sulle scale di un pa­lazzo milanese», ha rischiato di morire per un «proiettile calibro nove»e l’ha salvato Enzo,un«com­pagno zoppo». Chi l’abbia esplo­so, non ce lo dice, probabilmente uno senza ideali né spirito di rivol­ta. Quarant’anni dopo,però,è con­sapevole di essere «una macerie degli anni Settanta, un piccolo so­gnatore all’epoca, e un vecchio co­glione sognatore oggi». Adesso che è in galera, s’accorge che «i suoi nemici non hanno più biso­gno di nulla, hanno ormai vinto sul­la Storia, talmente vinto che non sanno più cosa fare della loro vitto­ria ». Pensa che allora, «in quel­l’epoca di transizione fra l’efferve­scenza rivoluzionaria post-68 e la noia degli anni 1980», vagava «con gli altri nelle nebbie di una clande­stinità senza ritorno e senz’altro scopo se non la sopravvivenza. Era­vamo i resti di un piccolo esercito in fuga», e lui un «soldato della li­bertà » che a volte si sorprendeva a pensare che «la Rivoluzione era po­co più di una parola, un’astrazione fuori moda, buona appena per in­nervosire i guardiani dell’ordine e dello Stato,i “nemici del mondo li­bero”. Che non erano meno ridico­li di noi, ma che ci trasformavano in bersagli da abbattere, o da mette­re in cella per il resto dei nostri gior­ni ». Fra una citazione di Sartre e una di Nelson Mandela che cita Shake­speare, un pensiero «all’amante e al bambino che vivono nell’anima di uno scrittore», il ricordo delle fi­glie che non ha visto crescere, Cesa­re- Augusto in Brasile c’è arrivato dopo «un viaggio troppo lungo, in­debolito da anni di persecuzioni, menzogne, minacce e privazioni». Nel racconto, un po’ confuso, da un lato fa capire di essere stato tenu­to in caldo e poi «venduto»alle auto­rità da ex compagni di lotta, ma dal­l’altro ammette di conoscere bene «lacostituzionebrasiliana,l’artico­lo 5 mi protegge. Potevo contare a Rio su un contatto politico e su un famoso studio di avvocati, racco­mandatomigiàdallaFrancia. Sem­brava tutto semplice, poco più di una formalità. Sei mesi era il perio­do che gl­i altri italiani avevano pas­sato dietro le sbarre, prima di avere il diritto di rimanere in Brasile. Più mi impegnavo in Rio e più trovavo che l’avvocato e gli altri avevano ra­gione: non c’era da inquietarsi». Cesare-Augusto, idealista, sol­dato della libertà, scrittore nel cui animo giocano insieme l’amante e il bambino,ha anche«lo spirito del missionario», tutt’uno con il so­gno di «una società da cambiare», perché «in piena degenerazione», disposto per questo a «pagare il prezzo più alto, come appunto è av­venuto ». Un uomo, insomma, «ri­cercato sì, ma per delle cause che ci erano care».Perché poi Cesare-Au­gusto si sente parte «della vita di una generazione che aveva osato generalizzare la rivolta». Fortuna­tamente per lui, c’è sempre il cor­po e l’anima di una donna a bilan­ciare e vincere tutte le illusioni per­dute. Cesare-Augusto avrà quello di Janaína, un po’ puttana, un po’ bambina e un po’ spiona per conto di quelli che lo vogliono vendere. Rischierà per questo amore fino in fondo, pronto anche «a lasciarci la pelle».Invece la salva,la pelle natu­ralmente. E naturalmente anche Janaína, che non si prostituirà più e gli terrà ordinata la casa. È un mis­sionario, Cesare-Augusto, lo ab­biamo detto prima. Face au mur si legge con fastidio. Ci sono gli uccellini bianchi, sim­bolo di libertà, da osservare dalle fi­nestre di una cella, un po’ di folklo­re locale, foresta amazzonica, fave­las, corpi abbronzati, insomma quelle cose lì, poco sesso e molto al­col, qualche storia nella storia al­lacciata alla bene e meglio. È il tre­dicesimo romanzo di Battisti, e se gli altri dodici erano così, non mi so­no perso nulla. Il fastidio, va da sé, non è di natura criti­ca: autobiografia mascherata, è il rac­conto di uno che si è sempre nascosto, fin da quando, cam­peros e giubbetto di renna, andava in gi­ro ad ammazzare deipoveridisgrazia­ti, «i gendarmi diffu­si », «i cittadini poli­ziotti », ovvero sinda­calisti, medici, magi­strati, negozianti, guardie carcerarie che i Proletari arma­ti per il comunismo (Pac) avevano scel­to come bersaglio ri­voluzionario. Nel bel libro di Ser­gio Turone Il caso Battisti (Garzanti) si può trovare la vera storia di un piccolo rapinatore di provin­cia traghettato dalla malavita comune al­la lotta armata, guidato sempre e soltanto dal proprio istinto di so­pravvivenza, non stupido, cinico quel tanto che bastava e se il caso anche di più. Uno che degli anni Settanta ha preso sanguinosamen­te la coda, e poi li ha ricostruiti scientemente e in modo affabula­torio come se non ci fosse mai stato se non per divenirne capro espiato­rio e coscienza critica. Viene da qui, da questo pasticciato roman­zo criminale la credulità di molti suoi difensori sull’essere stato in­chiodato da un solo pentito, e per due omicidi commessi contempo­raneamente in città diverse, pro­cessato in contumacia senza poter­si difendere e con falsi mandati ai suoi avvocati, vittima di uno «Stato d’eccezione».Palle,semplicemen­te. A un’altra faccia si sarebbe dovu­to intitolare il libro. Battisti la incar­na perfettamente e quando si guar­da allo specchio lo sa benissimo. Sia che vi veda riflesso Cesare, sia che vi veda riflesso Augusto.