Massimo Malpica, il Giornale 6/6/2012, 6 giugno 2012
Terremoto in Emilia, qualcuno sapeva - Gli emiliani potevano essere avvisati del pericolo di un imminente terremoto? Si potevano evitare i danni e limitare il conto delle vittime (ieri salito a 26 morti)? La commissione Grandi rischi già il 28 gennaio scorso, in seguito a piccole scosse tra Verona, Reggio Emilia e Parma, aveva segnalato al termine di una riunione «possibili eventi nelle stesse aree, ma a profondità più superficiali che avrebbero un’area di risentimento più ridotta e danni potenziali più gravi»
Terremoto in Emilia, qualcuno sapeva - Gli emiliani potevano essere avvisati del pericolo di un imminente terremoto? Si potevano evitare i danni e limitare il conto delle vittime (ieri salito a 26 morti)? La commissione Grandi rischi già il 28 gennaio scorso, in seguito a piccole scosse tra Verona, Reggio Emilia e Parma, aveva segnalato al termine di una riunione «possibili eventi nelle stesse aree, ma a profondità più superficiali che avrebbero un’area di risentimento più ridotta e danni potenziali più gravi». Dunque informava del pericolo potenziale la Protezione civile, alla quale girava una serie di raccomandazioni. Alcune delle quali, oggi, suonano a dir poco profetiche: «Continuare le verifiche strutturali, con particolare riguardo agli edifici di interesse pubblico e alle infrastrutture; per la verifica strutturale di chiese ed edifici storici di interesse architettonico ed artistico sono richieste specifiche competenze ». E considerando il gran numero di chiese, torri campanarie e orologi crollati negli ultimi giorni in quasi tutti i centri colpiti dal sisma, verrebbe da pensare che le «specifiche competenze» non siano state individuate. Non in tempo, almeno. Ma la Commissione aveva anche caldeggiato«un’opera di sensibilizzazione dei cittadini allo scopo di aumentare le verifiche strutturali negli edifici privati », altro punto sul quale non sembra che la comunicazione sia stata efficace, sempre che ci sia stata. Terza attività consigliata dalla Commissione, una «particolare attenzione» alla «sicurezza degli elementi non strutturali (per esempio cornicioni, controsoffitti, lampadari, comignoli e insegne, ndr ) che anche per terremoti di bassa intensità possono creare danno alla popolazione », e infine «in via preventiva, continuare le procedure di protezione civile e le esercitazioni di evacuazione in tutta l’area interessata dallo scuotimento nei recenti eventi».L’ultimo appello della commissione sottolineava la necessità di comunicare «in tutte le fasi del terremoto, prima, durante e dopo, in modo da trasmettere un messaggio coerente e conseguente alla popolazione e alle autorità ». Di tutto questo che cosa è stato fatto? La protezione civile, ieri sera, in un comunicato ha sostenuto che l’area indicata come «a rischio» dalla commissione era vastissima, «la quasi totalità delle aree sismiche del Nord Italia, escludendo il Friuli Venezia Giulia». Come a sottintendere la difficoltà di «indovinare » l’epicentro prossimo venturo. E quanto alle raccomandazioni espresse al termine di quella riunione di fine gennaio, per Franco Gabrielli «trovano perfetta rispondenza »con l’azione di monitoraggio svolta abitualmente dalla Protezione civile, ricordando tra l’altro una recente esercitazione in Garfagnana, una delle aree indicate nel documento. Sul punto il presidente emerito della «Grandi rischi» (che si è riunita anche ieri), Giuseppe Zamberletti, conferma che l’area dell’allarme «storicamente non era a rischio sismico». Quanto al dubbio che la Protezione civile abbia fatto tutto ciò che le era stato consigliato dalla commissione, Zamberletti puntualizza: «Siamo consulenti del governo e della protezione civile, mi risulta che si stava lavorando per mettere a punto tutta la macchina della prevenzione, lavoro lungo in una realtà in cui non c’era rischio sismico almeno fino a gennaio». Per lui, l’effetto collaterale dei cinque secoli trascorsi senza che la terra tremasse è il problema dei problemi: «La mancanza di tecnici e di professionalità specifiche». «La chiave spiega - è preparare i tecnici. Perché altrimenti succede quello che è successo, ossia che qualcuno verifica un capannone che poi invece viene giù uccidendo gli operai ». Zamberletti, però, respinge il sospetto che si sia sottovalutato il rischio proprio per la presunta bassa sismicità dell’area: «Chi fa Protezione civile è pessimista per natura, non penso proprio che qualcuno abbia sottovalutato ». Occorreva allertare gli enti locali? «Bisogna agire, ma con prudenza - conclude Zamberletti - senza lanciare allarmi che creano solo panico per un evento che non sappiamo quando si verificherà».