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 2012  giugno 06 Mercoledì calendario

Il paradosso degli statali: sono di meno ma ci costano quasi 40 miliardi in più - C’era una volta, tanto tem­po fa, lo statale sottopagato, il tra­vet

Il paradosso degli statali: sono di meno ma ci costano quasi 40 miliardi in più - C’era una volta, tanto tem­po fa, lo statale sottopagato, il tra­vet . Ma almeno da una dozzina d’anni a questa parte le cose sono cambiate. I dipendenti pubblici sono diminuiti di numero, ma la spesa per i loro stipendi è aumen­tata del 30% ( anzi, del 29,9%). In ci­fra, questo significa per il bilancio dello Stato un maggiore esborso di 40 miliardi di euro (anzi, 39 mi­liardi e 400 milioni). Siamo passa­ti da una spesa pari al 10,5% del prodotto interno lordo a una del­l’ 11,2% del pil. La Confederazione artigiani di Mestre ha fatto i calcoli prenden­do come periodo di riferimento quello fra il 2001 e il 2009. Bene, fra queste due date, il numero dei di­pendenti della Pubblica ammini­strazione è diminuito di 111mila unità, passando da 3.637.503 a 3.526.586 (-3,04%). Il blocco, an­corché parziale, del turnover nel­le assunzioni pubbliche ha fatto sì che gli statali andati in pensione si­ano più dei giovani reclutati per sostituirli. Ma questa tendenza ha provocato un effetto perverso: l’anzianità media dei dipendenti pubblici si è elevata, e siccome gli stipendi del comparto pubblico sono molto legati all’anzianità di servizi, ecco che i costi complessi­vi delle retribuzioni sono cresciu­ti. Sono aumentati anche al netto dell’inflazione: 13 miliardi puliti in più, per un incremento del­l’ 8,3%. Il confronto con Germania e Francia, i due Paesi europei a noi paragonabili, spiega molte cose. I dipendenti pubblici tedeschi so­no 4 milioni e mezzo, quelli france­si 5 milioni e 200 mila. Noi abbia­mo 58,4 dipendenti pubblici per ogni 1.000 cittadini,un po’ più del­la Germania ( 55,4 ogni mille tede­schi) e molto meno della Francia (80,8 ogni mille abitanti). Ma in Germania e in Francia la spesa per le retribuzioni del personale pubblico è aumentata di meno ri­spetto a noi, rimanendo stabile in rapporto al pil o, nel caso tedesco, addirittura in diminuzione. Gli ar­tigiani mestrini calcolano che se il trend tedesco fosse stato esporta­to in Italia, il costo degli stipendi pubblici sarebbe inferiore di 23 miliardi circa all’anno (141 miliar­di anziché 171). Più o meno quel che il governo si aspetta dal gettito dell’Imu. Certo, si tratta solo di si­mulazioni anche se basate su dati Eurostat, «ma rendono bene l’idea di quanti progressi si potreb­bero fare in Italia », commenta il se­gretario Giuseppe Bortolussi. C’è poi il confronto con gli au­menti retributivi del settore priva­to, che nello stesso lasso di tempo, non hanno superato il 4% al netto dell’inflazione.Euro più,euro me­no, la metà rispetto agli aumenti del settore pubblico. Secondo la Banca d’Italia, le retribuzioni lor­de reali, dunque al netto dell’infla­zione, sono passate da 23.800 a 29.100 euro l’anno,il triplo rispet­to al totale degli stipendi (da 21.029 a 22.467 euro). Inoltre il tra­vet pubblico lavora mediamente per 1.430 ore all’anno contro le 1.704 ore dei dipendenti del setto­re privato. Dividendo lo stipendio medio per ogni ora lavorata, allo statale vanno 20 euro l’ora contro i 13 euro del dipendente privato. Ma secondo i sindacati, le medie non rendono giustizia, in partico­lare per quanto riguarda le retribu­zioni. Generali, ambasciatori, ma­gistrati, primari, prefetti e mana­ge­r pubblici guadagnano quattro­cinque volte di più dell’impiegato medio, ricorda la Cisl. È vero che in questi ultimi anni c’è stato un blocco della contratta­zione, a causa della crisi. E c’è sta­to anche un blocco degli scatti d’anzianità, blocco parziale che ha risparmiato molti settori, a co­minciare dalla scuola. Ma è anche vero che il dipendente pubblico non è licenziabile e, di fatto, è ina­movibile. Mentre i dipendenti del settore privato, quando l’azienda è in crisi, vanno in cassa integra­zione o a casa. Inoltre, il costo del personale rende cari i servizi pub­blici per tutti, cittadini e imprese. «La dinamica delle retribuzioni del pubblico impiego - osserva il ministro Piero Giarda, impegna­to nella spending review- non si ac­compagna a un progresso tecni­co, il che spiega lo svantaggio com­petitivo del settore pubblico».