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 2012  giugno 07 Giovedì calendario

WOOOW!

L’arte di trasformare l’adrenalina in soldi è tutta italiana. E funziona in tutto il mondo –

Volare, in effetti, è il nome di questa infernale attrazione, ed è un nome italiano per un motivo preciso: è fatta da italiani. «Si tratta della giostra di cui vado più fiero, perché è stata la prima a unire l’aspetto panoramico con l’adrenalina offerta da una montagna russa», racconta Alberto Zamperla, presidente del Gruppo Zamperla. Una realtà da 1300 dipendenti, quattro stabilimenti di produzione in Italia, Filippine e Cina; un fatturato medio di 45 milioni di euro all’anno, attrazioni e interi parchi realizzati in tutto il pianeta. E nemmeno l’ombra della crisi. «Il portafoglio dei progetti del 2012 è tutto pieno da un pezzo, e abbiamo già parecchie commissioni per il 2013». Ma allora è vero che quando l’economia va giù, la voglia di divertimento va su, come sulle montagne russe? «Assolutamente si. Magari non ci si può permettere il viaggio alle Bahamas, ma rimane la necessità di staccare un giorno o due per estraniarsi dai problemi e immergersi in un mondo positivo e divertente». È ancora più analitico Gary Goddard, capo del Goddard Group e veterano di questo mondo, con un lungo passato alla Disney: «Diciamo che il ciclo economico del settore funziona così: quando l’economia va bene, gli affari vanno bene, ma quando inizia ad andare male, le famiglie bloccano le spese extra e i parchi divertimento accusano il colpo per un po’. Se la crisi persiste, però, a un certo punto sono le famiglie stesse a imporsi i momenti di svago, veloci ed economici come quelli dei parchi, e allora i nostri affari tornano a impennarsi. È nello spirito umano cercare tregue nei momenti negativi... Pensa all’America della grande depressione, quando i biglietti dei cinema andavano a ruba». Volare è una giostra (sì, si chiamano comunque così, anche se sono grandi, grosse e cattive) da circa tre milioni di euro, si trova al Prater di Vienna, ma è stata venduta anche ad altri parchi nel mondo, tra cui quello di Coney Island, negli Usa, e il Sarkanniemi di Tampere, in Finlandia. Quest’ultimo, anche se non particolarmente vasto, contiene alcune delle attrazioni più originali al mondo, compresa Angry Birds Land. Gli uccellini arrabbiati, nati proprio nel paese scandinavo, hanno una zona tutta loro che apre al pubblico esattamente in questi giorni. Per una volta i riflettori dell’industria dei parchi sono puntati sul Vecchio Continente. «In realtà non c’è molta differenza tra parchi europei e americani», afferma Goddard, passaporto Usa e mamma triestina. «Lo stesso Walt Disney si ispirò a un modello europeo per creare Disneyland, prendendo spunto dai Tivoli Gardens in Danimarca, come del resto ho fatto io». I Tivoli Gardens di Copenhagen sono uno dei più famosi parchi europei e, piuttosto che puntare su attrazioni spendaccione, sfruttano il perfetto equilibrio tra giostre di vario genere. L’eccezione alla regola è lo spettacolare Daemon. Inaugurato nel 2004, è un ottovolante che offre emozioni degne di un aereo acrobatico, tra cui un "immelmann loop" che riproduce una nota manovra dei caccia militari. Il rollercoaster - o montagna russa, ottovolante, che dir si voglia - è un po’ il simbolo dei parchi divertimento, e i migliori si trovano negli Stati Uniti, in Giappone e in Cina. Anche l’Italia vanta un pezzo da novanta: il Katun di Mirabilandia, che sparando gli impavidi visitatori a un’altezza di 33 metri si piazza tra i primi dieci "vertical loop" del mondo. Ambientato nel mondo dei Maya, grazie al suo chilometro e 200 metri, è anche considerato il più lungo d’Europa e nel punto di massima velocità tocca i 110 chilometri orari. «Mirabilandia è uno dei due parchi italiani degni di questo nome, insieme a Gardaland. Poi, c’è il vuoto assoluto», afferma Zamperla, senza il timore di assestare una stoccata ad altre realtà che, secondo lui, promettono molto con un massiccio battage pubblicitario ma offrono ben poco. «A Mirabilandia ci sono cinque nostre attrazioni, installate fin dall’apertura del parco». Erano i primi anni ’90 e il gruppo Zamperla stava conoscendo il suo periodo d’oro, quello che l’avrebbe messo tra i grandi nomi dell’industria dei parchi diverti- mento. Ma fino a quel momento non erano state solo rose e fiori.

TUTTO HA INIZIO NEL 1860, quando il bisnonno di Alberto si innamora di un’amazzone e fonda, con lei, un circo. Suo figlio Umberto, però, non ama quel- la vita e decide di recarsi a Parigi, nei primi del ’900, ad acquistare uno dei proiettori dei fratelli Lumière, con cui porta sulle piazze italiane una sorta di cinema itinerante. Nel periodo intorno alla seconda guerra mondiale, però, fa l’errore di non accorgersi dell’avvento dei colossal americani e delle sale moderne, rimanendo legato al romantico, ma ormai morente, cinema da strada. «l’innovazione va cercata in continua- zione, e mio nonno non lo fece. È stato uno sbaglio che mi ha insegnato molto e che ho sempre evitato di ripetere, puntando sul progresso». Il figlio Antonio, padre di Alberto, inizia a costruire e vendere giostre, e decide di mandare il futuro presidente del gruppo negli Stati Uniti, verso la metà degli anni ’80. «Avevo solo 24 anni e andai lì con la missione di imparare le strategie di marketing a stelle e strisce, e l’importanza del customer care, perché è dai clienti che ottieni i migliori feedback sui tuoi prodotti». Grazie a questa esperienza, Alberto fa crescere il gruppo, che si fa trovare preparato alla chiamata della Disney. «Ci chiese- ro di realizzare alcune delle principali attrazioni di Eurodisney». È il momento della svolta, dell’occasione che ti cambia la vita: il gruppo Zamperla, grazie alla commessa, guadagna un credito tale da non aver più bisogno di presentazioni. «Tutti hanno iniziato a cercarci, chiedendoci di realizzare non solo singole attrazioni, ma anche interi parchi». L’esempio più eclatante è quello di Coneylsland, a New York. Nel 2005, l’amministrazione Bloomberg vuole riportare il luna park cittadino, ormai dismesso, agli antichi fasti, così cerca i migliori sul campo. E li trova nell’azienda vicentina, forte dell’ottimo lavoro fatto nel 2002 nel parco Victoria Gardens di New York. La sfida, però, è ardua: realizzare il tutto in pochi mesi. Con un investimento di circa 24 milioni di dollari l’impresa riesce: in cento giorni gli uomini di Zamperla installano 19 attrazioni e arrivano puntuali all’inaugurazione. Un miracolo, osannato dalla stampa americana, che vale anche un contratto di dieci anni per la gestione del parco. È così che Alberto Zamperla ha l’idea di fondare la Centrai Amusement International, una società dedicata proprio al management dei centri d’intrattenimento, con cui intende completare l’offerta del gruppo. «Si dice che nessuno è profeta in patria», è la risposta di Zamperla quando gli chiedo se la sua azienda abbia messo mano anche a Gardaland, parco con una media di tre milioni di visitatori all’anno, secondo solo al Colosseo di Roma tra le attrazioni turistiche italiane (classifica fornita dal ministero dei Beni Culturali). «Non ho mai capito il perché, ma alla fine scelgono aziende straniere. È un peccato, perché un progetto tutto made in Italy sarebbe un bei messaggio da lanciare». Il boss delle giostre, nonostante tutto, è un grande estimatore del parco di Castelnuovo del Garda, così come lo è Gary Goddard: «Conosco Gardaland molto bene. È da sempre un ottimo parco e negli ultimi anni, grazie alle costose attrazioni installate, è diventato an- cora più spettacolare». Tra queste aggiunte recenti, non si può non parlare un po’ di Raptor". progettato nel 2009 dagli svizzeri della Bolliger & Mabillard, è stato completato nel dicembre del 2010, con una spesa totale che si aggira attorno ai 20 milioni di euro. Si tratta, manco a dirlo, di un rollercoaster nel quale i visitatori devono fare i conti con un mostro alato da domare. Cosa per niente facile, visto che ci sono ben 15 "punti di inversione" (in pratica, si finisce sottosopra), sufficienti a garantirgli il secondo posto in Europa, e l’ottavo nel mondo, per quantità di capovolgimenti. Insomma, stai a vedere che, stringi stringi, il meglio lo si trova sul lago di Garda. «In realtà», precisa Goddard, «i tre parchi irrinunciabili secondo me sono gli Universal Studios e il Disney Magie Kingdom, entrambi in Florida, e il Tokyo Disneyland. Per il loro contenuto tecnologico stellare sono da provare a tutti i costi». Gli fa eco anche Zamperla, che considera Orlando un "must" del divertimento, ma consiglia pure l’Europa Park di Rust, in Germania, il più imponente e vario parco europeo. Con una superficie di 85 ettari, è suddiviso in 13 aree tematiche dedicate ciascuna a un paese europeo. Per l’Italia, per esempio, c’è il Vola da Vinci, una monorotaia basata sul geniale velivolo a pedali progettato da Leonardo. La novità del 2012 è il Wodan Timburcoaster, la prima montagna russa in legno d’Europa. Se fai un salto a Rust, al confine con la Francia e non lontano da Strsburgo, lo trovi nell’area islandese, con i suoi 35 metri d’altezza e una velocità massima di 100 chilometri orari. A proposito di novità, con Zamperla, nelle battute finali, si parla di futuro: a cosa sta segretamente lavorando la sua azienda? «Stiamo progettando un’attrazione d’acqua, interattiva, che sarà installata tra pochi giorni a Coney Island, per poi essere venduta in tutto il mondo. Si chiama WaterMania e consiste in una spericolata monorotaia in cui chi è a bordo può anche sparare con dei cannoni d’acqua contro quelli che stanno sotto a guardare». Poi, aggiunge: «Stiamo anche lavorando a un super rollercoaster, ma forse è meglio non parlarne, per non dare idee ai concorrenti». Ma insistendo un po’ riesco a farmi svelare il segreto. «È un ottovolante che trae spunto dal film Cowboys &Aliens». Alterna sa- lite e discese a tunnel bui nei quali si proiettano filmati interattivi e il pubblico userà delle armi. «Il problema era che i fucili penzolanti potevano rappresentare un rischio per la sicurezza, così, proprio grazie al film, ci è venuta l’idea: far indossare a ciascun partecipante un bracciale, con cui "sparare" verso i nemici mostrati sugli schermi». Questa meraviglia è soltanto in fase progettuale, in attesa di qualche parco che ne finanzi la produzione. Magari in Oriente, dove, a detta sia di Zamperla sia di Goddard, ci sono i mercati emergenti del settore. E se gli Emirati Arabi sono una certezza, con parchi del calibro del Ferrar; Worid di Abu Dhabi, interamente dedicato alla Rossa italiana, la scommessa principale arriva dalla Cina. «Lavoriamo insieme a una grossa società immobiliare», prosegue Zamperia e, percependo il mio stupore davanti a una risposta del genere, puntualizza: «In Cina la tendenza è costruire grossi quartieri, usando come arredo urbano proprio i parchi di divertimento. E qui entriamo in scena noi». Il sorriso e la calma di questo elegante 60enne, mentre mi saluta rivelandomi che il segreto del suo successo è porsi piccoli obiettivi e goderseli uno dopo Paltro, mi fanno venire in mente le parole di commiato del suo collega americano Goddard: «Gli italiani sono ben coscienti degli alti e i bassi della vita, e per questo se la sanno apprezzare al meglio». Certo, alludeva a chi va al parco a divertirsi, ma pare che la ricetta funzioni anche per chi i parchi li crea.