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 2012  giugno 06 Mercoledì calendario

IL PD SMANIA PER IL VOTO: SE VINCE SIAMO ROVINATI


Il morbo pro-elezioni subito e comunque è contagiosissimo. Ad averne la febbre alta, a quanto sembra, è adesso il segmento più a sinistra del Pd, quello rappresentato da Stefano Fassina, il responsabile economico del partito di Pier Luigi Bersani. Nello stato maggiore del Pd Fassina non è il solo a invocare elezioni al più presto, e questo perché a suo giudizio Mario Monti non ha più una maggioranza solida che lo sostenga. Elezioni subito, invoca Fassina (subito contraddetto da Bersani), in nome di «riforme» che diano una scrollata positiva al nostro Paese. Quali siano queste «riforme», l’esperto in economia del Pd non lo indica neppure vagamente. Purché si vada a votare. Vendoliani e dipietristi e alcuni suoi frizzanti compagni e compagne di partito lo hanno elogiato. Alle elezioni!, Alle elezioni! Per fare poi che cosa non sappiamo, e tenendo presente che la maggioranza politica sarebbe più o meno quella di cui ho detto sopra, con annessa Rifondazione comunista, nonché la eventuale lista civica cui farà da stemma Roberto Saviano, e magari un po’ di «grillini» più o meno indipendenti dal loro leader carismatico. Insisto, tutti questi galantuomini staranno assieme per fare che cosa? Abbassare l’Imu? Non credo. Abbassare le aliquote del prelievo fiscale sul lavoro? Non credo. Mandare di nuovo la gente in pensione a 62 anni? La Germania ci scaraventerebbe addosso le Panzer divisionen. Trovare del lavoro meglio se a tempo indeterminato a qualcuno di quella immensa tribù di giovani che non ne hanno? Nella situazione economica del Paese, ci vorrebbe per questo il Mago Otelma piuttosto che Fassina. Trasformare la schiamazzante politica dei partiti in una competiz ione seria e leale in cui ci si misuri sulle proposte possibili e realizzabili? Campa cavallo. Buttar giù i costi di una politica politicante che non giova minimamente al Paese ma solo ai familiari dei deputati e dei consiglieri eletti? Non c’è un partito che sia uno che avanzi queste proposte, non uno. E allora? Parole in libertà. Che il governo Monti sia claudicante, è sotto gli occhi di tutti. Ivi compresi di quelli come il sottoscritto che nei primi mesi gli avevano fatto un’apertura di credito. Ciascuno dei partiti che lo sostiene soffre di mal di pancia e rivalità interne. È difficilissimo tenere buono un elettorato generale che tassa dopo tassa è stato dissanguato. È difficile per la nostra economia cominciare e continuare la giornata quando sai che lo spread è abbondantemente oltre i 400 punti, il che significa che siamo costretti a pagare smisuratamente i soldi che lo Stato deve prendere in prestito per poi dare uno stipendio a fine mese ai maestri di scuola, ai vigili urbani, ai dipendenti dei ministeri, ai medici degli ospedali pubblici. E senza quei soldi pagati salati, l’Italia chiude. Ho l’impressione che Fassina e compagni questo temano, l’insurrezione del loro elettorato tradizionale con relativo esodo verso le praterie festanti del «Movimento 5 Stelle», il movimento politico che in fatto di bestemmie e pernacchie contro la situazione presente non ha rivali. Dammi una pernacchia, e ti solleverò il mondo. Fammi ridere compagno, almeno quello. Ho letto, sia pure nel più completo disinteresse, la lunga intervista rilasciata da Beppe Grillo a Gian Antonio Stella di Sette. A parte il solito delirio anti-corruzione della classe politica (lo chiamo così non perché non sia d’accordo che quella è una classe politica da sommergere a pernacchie, ma perché di quei discorsi ogni giorno ne puoi ascoltare a milioni negli autobus e nei bar), di cose concrete ce n’erano pochino più di zero. Che l’Italia non dovrà mai più fare un inceneritore e puntare tutto sulla raccolta differenziata (che a Roma attualmente è al 20 per cento, ci vorranno dunque le SS le più spietate per portarla oltre il 50 per cento); e poi una squisitezza sfuggita a tutti, che sarebbe il caso di mettere «un tetto» sulle pensioni superiori ai 3.000 euro (immagino Grillo volesse dire «netti», ma non lo diceva). E qui ho avuto un soprassalto, perché io ce l’ho una pensione superiore ai 3.000 euro netti: me la sono pagata giorno per giorno, mese per mese, centesimo per centesimo, senza mai usufruire di un qualche «scivolo » o altre oscenità. E allora, ci andiamo o non ci andiamo alle elezioni subito pur di mettere un tetto alle pensioni faraoniche oltre i 3.000 euro, quelle che ti permettono di vivere a forza di escort e di champagne? È vero che Fassina non lo ha detto, ma solo perché non ha detto nulla di nulla e solo schiaffeggiato l’aria con la bocca. Qualcuno vuole dire invece che dobbiamo andar via dall’euro? Se ha il coraggio lo dica, dopo di che ci conteremo quelli che sono d’accordo e quelli che non lo sono. Non che quella sarebbe «una riforma». Sarebbe un punto concreto e doloroso, come lo è sempre la politica quando è una cosa seria e non un ammasso di fanfaronate.