Nicola Nosego, Wired giugno 2012, 7 giugno 2012
L’oro di Londra – Questa parte della città era da anni una delle aree più svantaggiate dell’intera Inghilterra
L’oro di Londra – Questa parte della città era da anni una delle aree più svantaggiate dell’intera Inghilterra. Un sito industriale da cui l’industria se n’era andata da un pezzo lasciandosi dietro terreni inquinati, degrado e disoccupazione. Un’area mal collegata con il resto della città, profondamente multietnica, ma dove le comunità sono poco integrate tra loro, considerata malfamata dagli stessi abitanti di East London (che già non sono abituati bene) per la frequenza degli scippi. IL PROGETTO LONDRA 2012, partito con ambiziose parole d’ordine all’insegna della sostenibilità e dell’inclusione delle comunità locali, ha prima di tutto recuperato terreni e acque. Prima è venuta lapars destruens, con l’abbattimento di oltre 200 vecchi edifici, ma con il recupero di quasi il 97 per cento del loro materiale, in gran parte ripulito e riutilizzato nella costruzione delle strutture olimpiche. Il suolo dell’area è stato trattato in un vero e proprio "ospedale del terreno", dove è stato lavato e setacciato per eliminare idrocarburi, arsenico, piombo, persino alcune tracce di materiali radioattivi eredità del passato industriale dell’area. Imponenti anche gli interventi sulle vie d’acqua. I canali del Lea sono stati ripuliti e ampliati, e infine ripopolati con la flora e la fauna locale scomparse a causa dell’inquinamento. Quanto all’energia, che il parco Olimpico consumerà massicciamente durante i Giochi, è stato costruito un Energy Centre che produce elettricità con caldaie a biomassa e altre tecnologie verdi, mentre un secondo impianto recupera il calore generato. Il conto è salato: l’ultimo rapporto ufficiale del Public Accounts Committee, il comitato parlamentare che tiene sotto controllo i conti dei giochi, stima il costo finale per la manifestazione e per quello che lascerà alla città a 11 miliardi di sterline (13,6 miliardi di euro): ben più dei 2,3 miliardi stimati al tempo della candidatura. La speranza, però, è che i benefici di questi lavori si facciano sentire ben oltre la fine dei Giochi. Il villaggio olimpico e paraolimpico è destinato a essere riconvertito in uno spazio per oltre 9000 nuove abitazioni. I trasporti che collegano l’area al resto di Londra sono stati rafforzati, in particolare la metropolitana leggera di superficie, e l’area è finalmente incorporata nel resto della città. Altro tratto caratteristico del progetto è stato lo sforzo di negoziare ogni intervento con le comunità locali. Per legge, il comitato organizzatore ha dovuto sottoporre ogni progetto urbanistico, prima dell’approvazione, a una discussione aperta con gli abitanti dei quartieri interessati, basata su incontri pubblici e sondaggi. Anche dopo l’approvazione, i progetti venivano regolarmente sottoposti al feedback dei cittadini. Un progetto molto ambizioso, forse anche troppo, come spiega Pierluigi Sacco, professore di economia della cultura allo Iuav di Venezia che da anni studia l’impatto sociale ed economico degli interventi di rinnovamento urbano: «Il progetto sulla carta era molto avanzato. Gli inglesi hanno una grande tradizione in fatto di rinnovamento urbano. Sono stati i primi a farlo davvero, in particolare a Liverpool, che era una delle città più brutte del paese e si è letteralmente reinventata per la candidatura a capitale europea della cultura nel 2008». Ma secondo Sacco oggi ci sono segnali che Londra 2012 potrebbe ricadere in alcuni "vecchi vizi" di queste operazioni: quelli per colpa dei quali i maggiori benefici non vanno ai residenti dell’area interessata. «La svolta conservatrice (nel 2008 il laburista Livingstone ha ceduto la poltrona di sindaco a Johnson, appena riconfermato) ha portato una visione più tradizionalista dello sviluppo urbano rispetto a quella con cui era partito il progetto olimpico». Ovvero, più attenzione agli aspetti meramente immobiliari, e meno ai posti di lavoro per gli abitanti dell’area. Le Olimpiadi hanno cambiato volto a quella zona est di Londra, ormai recuperata, e trasformeranno la geografia sociale della città. Il problema è chi ne beneficerà. «Se non si creano anche opportunità di lavoro permanenti, il risultato è la gentrificazione. Le nuove abitazioni attireranno persone con redditi più alti e chi ci vive ora verrà spinto verso sobborghi più lontani». Detto questo, a Londra 2012 va riconosciuto il grande sforzo per coinvolge- re fino all’ultimo cittadino nel ripensamento della città. Cosa che, con ravvicinarsi di Expo 2015, diventa un’esigenza molto sentita anche sotto la Madonnina.