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 2012  giugno 06 Mercoledì calendario

A BROADWAY SONO NATE DUE STELLE. LA STRANA COPPIA BILL-BARACK —

«President Barack Obama and President Bill Clinton», lampeggiava l’insegna fuori dal New Amsterdam Theater di Broadway, dove lunedì sera lo show politico-musicale tutto esaurito dei due ex nemici giurati del Partito democratico ha fermato per una notte il traffico di Manhattan. Insieme alle altre due kermesse elettorali presiedute dal duo: un party a casa del manager di Wall Street Marc Lasry, dove 50 super-finanziatori hanno sborsato 40mila dollari a testa, e una cena al Waldorf Astoria per 500 ospiti che hanno pagato dai 2500 dollari in su per applaudire Obama, Clinton e Jon Bon Jovi. Ricavato del triplo blitz: oltre 3,5 milioni di dollari.
«The Times They Are a-Changin’», direbbe Bob Dylan. Chi non ricorda, infatti, la tanto pubblicizzata animosità tra i due all’indomani delle primarie democratiche del 2008, quando Clinton accusò Obama di «promuovere un’agenda volta a cancellare il mio lascito di presidente» e l’allora senatore dell’Illinois tacciò il marito della rivale Hillary di «giocare sporco, soprattutto con lo spinoso tema della razza».
Quattro anni più tardi Clinton è il supporter-portavoce-testimonial più in vista della campagna per l’Obama-bis. Un sodalizio, il loro, inaugurato lo scorso aprile quando i due apparsero uno accanto all’altro al fundraising organizzato a casa dell’ex presidente del Comitato nazionale democratico Terry McAuliffe. Il fedelissimo clintoniano e amico personale di Bill e Hillary che quattro anni prima si era speso invano per battere Obama, adesso raccoglieva oltre due milioni di dollari per farlo rieleggere.
«Quando diventi presidente, è tuo compito spiegare al Paese dove ci si trova, verso quale luogo si è diretti e la tua strategia per arrivarci», Clinton arringò la platea di ricchissimi donatori democratici riunita nella villa di McAuliffe in Virginia. «Per questo motivo — terminò in uno scroscio d’applausi — Barack merita di essere rieletto».
Il comizio arrivò 72 ore dopo che la campagna di Obama aveva diffuso un video web narrato dall’ex presidente che accusava il candidato repubblicano Mitt Romney di «inadeguatezza in materia di politica estera», suggerendo che, se fosse stato lui presidente al posto di Obama, «forse non avrebbe autorizzato l’attacco che ha portato alla storica eliminazione di Osama Bin Laden».
Secondo Politico, l’autorevole sito vicino ai conservatori, sarebbe stato lo stesso Clinton a persuadere l’entourage di Obama a ritrarre l’ex governatore del Massachusetts come un pericoloso fanatico d’estrema destra (soprattutto in materia di gay, immigrati, tasse e aborto), abbandonando la meno fortunata strategia d’attacco fino ad allora perseguita da Obama che dipingeva Romney semplicemente come l’eterno indeciso e voltagabbana.
Ma a trarre vantaggio dalla collaborazione sono entrambi. «Offrendosi come il paladino altruista di Obama, Clinton può mondare definitivamente un’eredità personale che l’ossessiona», teorizza il Washington Post. In cambio Obama può «contare su un astuto stratega», ma anche sul «surrogato ideale, capace di andare nelle zone rurali del Profondo Sud e nella cintura industriale del Rust Belt ed essere accolto a braccia aperte dai maschi bianchi della working class».
Poco importa se i media li accusano di cinico opportunismo. Nella sua biografia su Barack Obama The Amateur (un titolo ispirato dall’appellativo attribuito al presidente da Clinton) Edward Klein descrive una scena in cui nell’agosto 2011 Bill esortò la moglie Hillary a dare le dimissioni da Segretaria di Stato per tornare a sfidare Obama per l’Ufficio Ovale. «La lealtà è una barzelletta», avrebbe risposto Clinton di fronte ai dubbi della moglie, «e comunque in politica non esiste».
Ma dietro quella che Romney ha già ribattezzato «la strana coppia» (la sua campagna ha riesumato un’intervista alla Pbs in cui Clinton nel 2007 dava del pivellino ad Obama) ci sarebbe proprio il desiderio di tornare alla Casa Bianca come first husband. «Bill sta spianando la strada alla moglie per le presidenziali del 2016», scrive la blogosfera, «per vincere, Hillary ha bisogno dell’aiuto del team Obama».
Alessandra Farkas