6 giugno 2012
APPUNTI PER GAZZETTA. LA CRISI
08 00 24
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Draghi: "Colpe della crisi non solo Ue"
Obama insiste: "Serve piano immediato"
http://www.repubblica.it/economia/2012/06/06/news/la_bce_lascia_i_tassi_invariati_e_lancia_aste_illimitate_a_tasso_fisso-36653776/
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Il governatore della Bce: "Ripresa peggiora. Incertezza aumentata. L’attuale liquidità non sarà eterna". "Rigore non solo con più tasse". Poi la stoccata agli Usa dopo le critiche di Obama. Tassi invariati, ma board si divide. I mercati riprendono il rally. Sulla crisi telefonata Cina-Stati Uniti BORSE IN DIRETTA
Rep Tv GRECO: "L’Europa corre con Wall Street"
Moody’s taglia il rating a sette banche tedesche
Stipendi dei top manager: +20% I più pagati di Wall Street
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MILANO - L’Europa «ha responsabilità» per la crisi globale, ma anche gli altri paesi, soprattutto quelli con alti debiti come gli Stati Uniti, «ne hanno». Il presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, risponde a tono alle richieste di intervento sull’economia che da giorni arrivano dagli Usa e, in particolare al presidente americano Barack Obama. «Non è giusto, equilibrato, dire che l’Europa è la causa principale della crisi» aggiunge Draghi durante la conferenza stampa a Francoforte, al termine del Consiglio direttivo. Obama però ribadisce. Serve un «piano immediato» per risolvere la crisi della zona Euro. Della stessa linea anche il primo ministro britannico, David Cameron, con cui Obama ha avuto un colloquio telefonico sulla crisi del debito in Europa e il prossimo vertice del G20.
RESPONSABILIT’A’ DIVISE - Sicuramente, spiega Draghi, «la crisi europea ha effetti sull’economia globale e sui paesi esterni all’area Euro». Ma anche altri Paesi, con «economie chiuse, con un alto debito pubblico, e deficit in crescita» devono «innanzitutto correggere questi sbilanciamenti».
PRESIDENTE BCE: «La crescita economica resta debole, RISCHIO RIBASSI»
Bce, Draghi: « È ingiusto dare la colpa della crisi economica globale solo all’Eurozona »
«La responsabilità è più di paesi con un debito più alto, come gli Usa». Ma Obama ribadisce:«Serve piano immediato»
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MILANO - L’Europa «ha responsabilità» per la crisi globale, ma anche gli altri paesi, soprattutto quelli con alti debiti come gli Stati Uniti, «ne hanno». Il presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, risponde a tono alle richieste di intervento sull’economia che da giorni arrivano dagli Usa e, in particolare al presidente americano Barack Obama. «Non è giusto, equilibrato, dire che l’Europa è la causa principale della crisi» aggiunge Draghi durante la conferenza stampa a Francoforte, al termine del Consiglio direttivo. Obama però ribadisce. Serve un «piano immediato» per risolvere la crisi della zona Euro. Della stessa linea anche il primo ministro britannico, David Cameron, con cui Obama ha avuto un colloquio telefonico sulla crisi del debito in Europa e il prossimo vertice del G20.
RESPONSABILIT’A’ DIVISE - Sicuramente, spiega Draghi, «la crisi europea ha effetti sull’economia globale e sui paesi esterni all’area Euro». Ma anche altri Paesi, con «economie chiuse, con un alto debito pubblico, e deficit in crescita» devono «innanzitutto correggere questi sbilanciamenti».
CRISI EURO - Non esiste una «soluzione miracolo», una «pallottola d’argento» che la Bce possa utilizzare per risolvere la crisi nell’area Euro, afferma Draghi. «La Bce continuerà con la sua politica monetaria orientata alla stabilità prezzi: pensiamo - aggiunge - che sia la cosa migliore sia per l’area Euro che per il resto del mondo». E ancora: la Bce «è pronta ad agire» in base agli sviluppi della situazione, dice Draghi lasciando una porta aperta a eventuali mosse di allentamento della politica monetaria, dopo le elezioni in Grecia del 17 giugno.
LIQUIDITA’ ILLIMITATA - «La Bce fornirà liquidità illimitata a tre mesi al tasso fisso dell’1% alla banche fino alla fine del 2012» dice il presidente dell’Eurotower per cercare di rassicurare i mercati. Draghi non ha però nascosto i problemi e i rischi dell’Eurozona: «La crescita economica resta debole, con una elevata incertezza e crescenti rischi di ribasso connessi, in particolare, ad un ulteriore aumento delle tensioni nei mercati finanziari dell’area Euro e alle loro ricadute potenziali sull’economia». Rischi di peggioramento riguardano anche «gli aumenti dei prezzi delle materie prime nel medio termine» spiega Draghi. E aggiunge: «Recuperare la competitività è condizione necessaria per riprendere una crescita graduale e sostenibile»
COSTO DEL DENARO - Il consiglio di Francoforte, in linea alla attese degli analisti, ha confermato il costo del denaro all’interno dei 17 paesi Uem all’1% e i tassi di depositi e prestiti overnight allo 0,25% e all’1,75%. La decisione, ha spiegato Draghi, non è stata presa all’unanimità: alcuni consiglieri Bce, ma non molti, avrebbero preferito una mossa espansiva. Secondo Draghi, però, la ripresa economica della zona Euro deve confrontarsi con «crescenti rischi al ribasso».
Mario Draghi (Imagoeconomica)
INVARIATE STIME DI CRESCITA - Tuttavia la Bce ha confermato per il 2012 le previsioni di crescita della zona Euro: tra -0,5% e 0,3%, mentre per il 2013 il range è compreso tra 0,0% e 2,0%. Rispetto alle stime dello scorso marzo le proiezioni macroeconomiche sono leggeremente riviste al ribasso per l’anno prossimo. Per quanto riguarda l’inflazione l’istituto di Francoforte conferma che i prezzi al consumo di attesteranno al 2,4% nel 2012, mentre nel 2013 rallenteranno all’1,6%, come già previsto a marzo.
ITALIA E SPAGNA - La Spagna deve essere «realistica» nel valutare un salvataggio europeo. Draghi spiega che «è una loro decisione se vogliono usare Efsf», ma anche che «qualsiasi decisione dovrebbe basarsi su una valutazione realistica dei requisiti per ricapitalizzare le banche e sui soldi disponibili senza l’aiuto esterno». E aggiunge: «Paesi come l’Italia, la Spagna, l’Irlanda, il Portogallo e la stessa Grecia hanno fatto sforzi enormi e raggiunto progressi considerevoli; ora devono continuare e completare il lavoro».
PIAZZA AFFARI - Piazza Affari arriva a più che dimezzare i guadagni mentre il presidente della Bce tiene il consueto discorso che segue la riunione del comitato di politica monetaria di Francoforte. A deprimere le quotazioni azionarie, in parallelo allo sgonfiamento dell’euro contro dollaro, il riferimento alla crescita economica, che nella zona euro resta debole e agli aumentati rischi al ribasso sulle prospettive dell’economia.
MILANO - L’Italia soffre la recessione, un «feroce» credit crunch, la bassa redditività: così il centro studi di Confindustria nel rapporto annnuale. La nostra produzione manifatturiera scivola da quinta a ottava nella classsifica planetaria, scavalcata da India, Brasile e Corea Sud. È a rischio «la stessa sopravvivenza» di «parti importanti dell’industria» italiana.
LA VISIONE BREVE - Tra i punti deboli del nostro Paese, rileva il capo del centro studi di Confindustria, Luca Paolazzi , ci sono «l’ inefficienza della pubblica amministrazione» e la mancanza di «governi dalla visione di lungo periodo».
LA CINA SALDA IN TESTA, DAVANTI AGLI USA - Confermando una «scalata degli emergenti», nella classifica per produzione manifatturiera, l’Italia con una quota che scende dal 4,5 al 3,3% dal 2007 al 2011, passa dalla quinta all’ottava posizione, superata da India, Brasile e Corea del Sud». In tesa è salda la Cina. Perdono quota di produzione gli Stati Uniti (-3,9 punti), Francia e Regno Unito (entrambi -0.9) , Spagna (-0,7) e Canada (-0,4).
L’ Unione europea cala dal 27,1% al 21%. La classifica dei Paesi produttori, nel 2011 vede quindi prima la Cina che, al primo posto da un triennio, ha «scavalcato ormai stabilmente» gli Stati Uniti.
IMPORTAZIONI E R&S - In Italia, aumentano le importazioni senza tuttavia spiazzare i prodotti domestici. Resta bassa la spesa in ricerca e sviluppo. Oltre all’esigua spesa in questi settori, c’è «un numero di brevetti per abitante che è inferiore rispetto ai principali concorrenti internazionali, meno della metà di quello tedesco».
Repubblica
MILANO - L’Italia soffre la recessione, un "feroce" credit crunch e la bassa redditività: lo rileva il Centro Studi di Confindustria (Csc), spiegando che l’Italia arretra, per produzione manifatturiera scivolando da quinta a ottava, scavalcata da India, Brasile e Corea Sud e mettendo a rischio "la stessa sopravvivenza" di "parti importanti dell’industria". Nel rapporto si legge anche che "per rafforzare il manifatturiero, motore della crescita attraverso l’innovazione, è tornata strategica la politica industriale": ma è un punto debole del nostro Paese - rileva il responsabile del Csc, Luca Paolazzi - per i limiti legati alle "inefficienze della pubblica amministrazione" e alla mancanza di "governi dalla visione di lungo periodo".
Confermando una "scalata degli emergenti", nella classifica per produzione manifatturiera "l’Italia con una quota che scende dal 4,5 al 3,3% dal 2007 al 2011, passa dalla quinta all’ottava posizione, superata da India, Brasile e Corea del Sud". In testa è salda la Cina. Perdono quota di produzione gli Stati Uniti (-3,9 punti), Francia e Regno Unito (entrambi -0,9), Spagna (-0,7) e Canada (-0,4). Crescono di più Cina (7,7 punti), India, Indonesia. Nel complesso l’Ue15 cala dal 27,1% al 21%. La classifica dei Paesi produttori, indica il Csc, nel 2011 vede quindi prima la Cina che, al primo posto da un triennio, in vetta ha "scavalcato ormai stabilmente" gli Stati Uniti. Poi il Giappone (tra i paesi che
"reggono l’urto"), la Germania, la Corea del Sud, Brasile, India e Italia.
Un quadro difficile su cui s’inserisce una specificità tutta italiana. "La situazione finanziaria delle imprese - si legge nel rapporto - è stata aggravata dall’ulteriore allungamento dei tempi di pagamento della pubblica amministrazione, giunti a 180 giorni nel primo trimestre 2012, dai 128 giorni nel 2009. In altre economie è invece avvenuto il contrario: i tempi di pagamenti della pubblica amministrazione sono stati accorciati in Francia a 65 giorni e in Germania a 36 giorni".
"Far ripartire la nostra economia", dice Fulvio Conti, il nuovo vicepresidente di Confindustria per il Centro Studi "è una sfida che richiede di tornare a pensare in maniera strategica, puntare sugli investimenti di lungo periodo, soprattutto in infrastrutture e innovazione, e di riequilibrare il carico fiscale per favorire investimenti e una ripresa dei consumi". Il nostro è un "Paese lento", a "cui manca una visione di lungo periodo", e "manca un progetto Paese che identifichi le priorità e le linee di sviluppo", avverte Conti.
Come se non bastasse, in un quadro complessivo pericoloso per l’industria, "gli eventi sismici di maggio hanno colpito un’area di altissima vocazione manifatturiera e cruciale per lo sviluppo industriale del paese, rendendolo se possibile ancora più impegnativo".
(06 giugno 2012)
ROMA - Ogni italiano ha un "debito" di 31 mila euro. È la stima fornita dal Censis nella ricerca ’Dove sta oggi la sovranità’. Il debito, su ogni italiano, era pari a 242 euro nel 1970 ed è lievitato in 40 anni a 31 mila euro. Gli italiani sono consapevoli di questi dati disastrosi, tanto che il 55,1% preferisce che ai vertici dello Stato ci siano "persone competenti, anche se non elette dal popolo". Nonostante i sacrifici, gli italiani non vogliono distaccarsi dalla Ue: per affrontare l’attuale sitazione il 41,3% della popolazione ritiene necessario "accettare le indicazioni della Ue". Solo il 16,6% vuole uscire dall’euro.
Cittadini senza sovranità. Gli italiani si sentono privi di sovranità sia nel proprio Paese che in Europa. Cresce la sensazione che il potere sia altrove, tant’è che il 77% degli italiani ritiene di non averne più entro i confini nazionali. E la pensa così anche l’84% dei greci e il 52 degli spagnoli. Giudizio positivo sul governo dei tecnici, almeno per il 55% dei nostri connazionali, il tutto in nome della ’competenza’, che ancora esercita un suo fascino, rivela l’indagine Censis. Chi esercita il potere reale ’nel’ e ’sul’ nostro Paese in questa fase? Alle domande del centro studi (a risposta multipla) il 57% degli italiani ha risposto ancora il governo nazionale, ma per il 22% è l’Ue, per un altro 22% i mercati finanziari internazionali e per il 13% gli organismi sovranazionali (dal Fondo monetario internazionale alla
Banca mondiale). Solo per il 45% dei soggetti con titolo di studio più elevato la sovranità risiede ancora nel governo nazionale, mentre per il 25% è stata ceduta all’Ue.
Un italiano su due pronto a sacrificio. Un italiano su due (51%) sarebbe disposto ad almeno un sacrificio individuale per contribuire a generare risorse utili per allentare il peso del debito pubblico, rivela l’indagine. Tra i sacrifici possibili, poco meno del 22% è pronto a pagare di più alcuni servizi pubblici, il 21,8% ad andare in pensione più tardi, il 21,6% a pagare una tassa una tantum, meno del 18% a destinare allo Stato alcune ore di lavoro extra e il 10,6% a pagare più tasse. Stando alla ricerca, inoltre, c’è una disponibilità maggiore a chiedere sempre le ricevute fiscali, anche se comporta un costo più alto di prodotti o servizi (76%), e a denunciare gli evasori fiscali.
Italiani divisi su misure anti-crisi. Italiani incerti sulle misure per uscire dalla crisi: il 41% è tentato dall’accettare passivamente le indicazioni dell’Ue applicando i piani di risanamento finanziario, mentre il 42% si professa ancora apertamente indeciso, rileva il Censis, aggiungendo che c’è anche un 17% di nazionalisti a oltranza, che sarebbero anche disposti a uscire dall’euro. Italiani divisi anche ’fiscal compact’, con il 51% favorevole e il 49% contrario. In particolare, le persone meno scolarizzate sono in prevalenza contrarie (72%) mentre i laureati sono in maggioranza favorevoli (57%). Gli ostili al fiscal compact si concentrano nel Nord-Est (54%) e nel Mezzogiorno la quota più alta di bendisposti (55%).
Lavoro: 1 su 4 crede nella ’spintarella’. La sfiducia nel mondo del lavoro colora di nero le prospettive future degli italiani: sono oltre 7,5 milioni i lavoratori che si dichiarano convinti che nel settore in cui sono occupati si perderanno posti di lavoro nei prossimi anni e uno su 4 ritiene che per lavorare sia più importante trovare la cosiddetta ’spinta’, cioè la raccomandazione. Ridotta anche la fiducia degli italiani nell’istruzione: solo il 24% delle persone è convinto che i laureati trovino buoni lavori con buone remunerazioni; il 32% pensa che un laureato deve comunque passare un lungo periodo di ricerca dell’occupazione prima di trovare una buona collocazione. Forte la sensazione degli italiani di essere abbandonati dai canali di promozione sociale, che genera la paura di essere soli di fronte alle difficoltà della vita. Vanno letti in questa prospettiva, secondo il Censis, i 340 suicidi in più nel biennio 2009-2011 rispetto a quello precedente e l’aumento consistente della vendita di psicofarmaci.
(06 giugno 2012)
MILANO - Crescita zero per il Pil dell’Eurozona e dell’Ue nel primo trimestre dell’anno: la conferma è arrivata oggi da Eurostat. Nello stesso periodo l’Italia ha registrato una flessione del Pil dello 0,8%, il risultato peggiore tra quelli riportati da Eurostat dopo l’Ungheria (-1,3%) e la Repubblica ceca (-1%).
Rispetto al primo trimestre del 2011 e dopo le correzioni stagionali, il Pil - secondo i dati Eurostat - nel periodo gennaio-marzo 2012 ha registrato una flessione dello 0,1% nella zona euro, mentre è cresciuto dello 0,1% nell’insieme dei 27 Paesi dell’Unione europea: nel trimestre precedente le variazioni erano state pari rispettivamente a +0,7% e +0,8%.
Per l’Italia i dati Eursotat confermano una flessione del Pil su base annua dell’1,3%, un dato migliore solo a quelli di Grecia (-6,2%), Portogallo (-2,2%) Ungheria (-1,5%) e Cipro (-1,4%) e a pari merito con l’Olanda. L’istituto europeo di statistica conferma anche il ruolo trainante svolto dalla Germania: il suo Pil nel primo trimestre del 2012 è cresciuto dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dell’1,2% nei confronti dello stesso periodo del 2011. Rilevanti anche i risultati della Polonia: più 0,8% sul trimestre precedente e più 3,8% su base annua.
Corrier
MILANO - Decolla Piazza Affari con il discorso del presidente della Bce Mario Draghi. Milano chiude a +3,5%, in rialzo anche i principali mercati europei (Londra +2,36%, Parigi +2,42%, Francoforte + 2,09%). Nonostante alcune dichiarazioni del governatore abbiano deluso chi si aspettava misure ulteriori di stimolo all’economia. La Bce al contrario ha confermato il costo del denaro sui livelli attuali lasciando solo intravedere la possibilità di una prossima mossa espansiva. I mercati in Europa hanno ripreso slancio e ritrovato un rally rialzista che era partito già in mattinata, ancor più dopo l’avvio in forte rialzo di Wall Street. Il rialzo più forte è stato quello di Milano, trainato dai balzi dei gruppi bancari dopo una lunga fase di debolezze.
TITOLI - A Milano rimbalzo per Bper (+9,7%), Finmeccanica (+7%), Lottomatica (+7,3%) e Telecom (+6,6%). Ancora in rialzo Mps (+4%), in attesa della cessione di asset e Generali (+3,7%). Sul valutario, l’euro tratta sopra quota 1,25 dollari (1,2429 ieri) e 98,99 yen (97,25). In rialzo il petrolio, con i contratti sul Wti a 86,77 dollari al barile (+1,72%).
MILANO - La Bce ha deciso di lasciare invariati i tassi d’interesse. Fermo dunque all’1% il tasso di rifinanziamento pronti contro termine, allo 0,25% quello sui depositi e all’1,75% quello marginale. È questa la decisione presa dal consiglio direttivo della Banca centrale europea, che si è riunito a Francoforte. Alcuni osservatori prevedevano un ulteriore taglio dei tassi che però non è arrivato. Alle 14,30 è cominciata la conferenza stampa di Mario Draghi e dopo le sue parole le borse hanno dimezzato i guadagni.
LE PAROLE DI DRAGHI - La Bce mantiene invariate le sue stime sulla crescita economica e sull’inflazione nell’Eurozona per quest’anno ha detto Draghi, secondo il quale il Pil dell’area euro subirà una contrazione dello 0,1% nel 2012. Per il 2013 la Bce taglia le sue previsioni portando la crescita dall’1,1% stimato a marzo all’1%. Per quanto riguarda l’inflazione l’istituto di Francoforte conferma che i prezzi al consumo di attesteranno al 2,4% nel 2012, mentre nel 2013 rallenteranno all’1,6%, come già previsto a marzo. E poi il monito: «Il consolidamento fiscale nel medio termine non può, e non deve, essere basato su aumenti delle tasse».
SFORZI ENORMI - «Paesi come l’Italia, la Spagna, l’Irlanda, il Portogallo e la stessa Grecia hanno fatto sforzi enormi e raggiunto progressi considerevoli, ora devono continuare e completare il lavoro». ha detto il presidente della Bce. E poi esprime, a nome del direttivo dell’Eurotower, il suo «apprezzamento» sull’«intesa tra i leader dell’ultimo vertice europeo per rafforzare la loro visione di lungo termine per un’unione economica e monetaria. Il Consiglio direttivo - aggiunge - lo considera un passo molto importante».
Redazione Online