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 2012  giugno 02 Sabato calendario

Max & Sic Diversi Uguali Vincenti – Le loro strade si sono incrociate una volta sola. È il 27 settembre 2009, a Imola si corre il GP d’Italia del Mondiale Superbike e tutti i riflettori sono puntati sull’Aprilia

Max & Sic Diversi Uguali Vincenti – Le loro strade si sono incrociate una volta sola. È il 27 settembre 2009, a Imola si corre il GP d’Italia del Mondiale Superbike e tutti i riflettori sono puntati sull’Aprilia. Perché in quell’occasione il pilota titolare Max Biaggi divide il suo box con un ospite: Marco Simoncelli, campione del mondo in carica della classe 250. Per tutto il weekend i due si filano poco. Il romano sta cercando di chiudere al meglio la stagione mentre il Sic, quando guardava in tv le mitiche sfide tra Biaggi e Rossi, ha sempre tifato per il secondo. Gara-1 non è il massimo per Marco: finisce a terra mentre Max chiude secondo. In Gara-2 Simoncelli fa un sorpasso dei suoi proprio ai danni di Biaggi, soffiandogli il terzo posto. Per quel podio inaspettato in Sbk, Simoncelli ringrazia soprattutto il suo capotecnico storico, Aligi Deganello, che lo aveva aiutato a conquistare il titolo 2008 in 250 con la Gilera e che rimarrà al suo fianco anche in MotoGP fino al 23 ottobre 2011. Fino a quella maledetta caduta in Malesia che lo ha portato via per sempre. La sera prima avevano fatto la loro solita partita a scopone, un rito ormai prima di ogni gara. Distrutto dal dolore Aligi, bolognese di 58 anni, non se l’è sentita di continuare a lavorare in MotoGP. Contattato dall’Aprilia, dove è nato professionalmente, ha optato per la Superbike. Oggi è il capotecnico di Max Biaggi. Una scelta sorprendente: difficile immaginare due piloti più diversi tra loro. Aligi, ricorda quella gara del 2009? «Ricordo che eravamo in Sardegna insieme. Con mia moglie ho una piccola casa e Marco, per prendermi in giro, quando veniva a trovarmi diceva "vado dai nonni". Stavamo giocando a biglie sulla spiaggia quando arrivò la chiamata dall’Aprilia. Lui era entusiasta come quando regalano un gioco nuovo a un bambino». Nel box con Biaggi vi parlavate, chiedevate consigli? «In realtà Max è molto riservato e non volevamo dargli noia. Per noi era un gioco. Gli era appena nata la bimba e avevamo parlato solo di quello». Perché ha scelto un pilota così diverso dal Sic? «Ero già d’accordo con Fausto Gresini, quest’anno avrei dovuto continuare con il suo team e seguire Michele Pirro con la stessa squadra di Marco. Avevo firmato il contratto. Ma provavo una sensazione di disagio nel vedere che c’erano tutti tranne uno. Gresini ha capito che dovevo venire via da una situazione davvero pesante. Ho letteralmente strappato il contratto. Poco dopo mi hanno chiamato dall’Aprilia proponendomi la Superbike. La sfida mi piaceva ma ero preoccupato perché in questi anni mi hanno sempre parlato del caratteraccio di Biaggi. Ma appena ho chiamato Paolo (Simoncelli, il papa di Marco; ndr), mi ha spiazzato. "Vacci subito, è un segno del destino", mi ha detto». Il primo incontro con Biaggi? «Ci siamo visti a Noale. Ero curioso ma lui è stato rassicurante. Mi è sembrato subito educato, leale, sincero: una persona onesta. E aveva anche preso una bella batosta visto che era stato "tradito" dalla sua ex squadra. Aveva bisogno di ritrovare serenità e continuità». Sic e Max, diversi come il diavolo e l’acqua santa? «Marco era estremamente aperto, quasi eccessivamente. Super disponibile con tutti e si fidava anche troppo. Max da quel punto di vista ha vissuto di più, forse ha preso più fregature ed è meno disponibile. Si fida meno della gente». Cosa li accomuna? «La voglia di vincere e la sensibilità nel mettere a posto la moto. E poi tutti e due educati, sinceri e leali». Li ha mai sentiti parlare l’uno dell’altro? «Gli idoli del Sic erano più romagnoli, e lo ha detto più volte. Ma ha sempre ammirato Max per la velocità. "Caspita se va forte", mi disse dopo la gara a Imola. Max, invece, fa molta attenzione ad affrontare certi temi. Non siamo mai entrati nel dettaglio. A volte, anche se non dovrei, sono io a parlare di Marco». Biaggi le chiede mai come sta? «No. Ma non perché non gli interessi. È solo per delicatezza. Anche lui è un uomo che ha sofferto tanto nella sua vita. È una forma di rispetto del mio dolore». Lo conferma anche il fatto che ha mandato messaggi di conforto ai genitori di Marco dopo la tragedia. «Esatto. Una cosa che ho imparato lavorando con lui è che ci sono piloti molto efficaci dal punto di vista mediatico ma umanamente deludenti. Posso garantire che umanamente Max da dei punti a tutti. Fa tanto, ma non lo dice. Anche Marco era un grande». Che rapporto ha ora con Max? «Buono. Ci sono ancora lavori in corso perché devo imparare a interpretarlo bene e viceversa». Come affronta Biaggi la tensione pre-gara rispetto a Simoncelli? Max preferisce restare da solo. Accanto a lui c’è solo il preparatore Marino Laghi. Marco, invece, era aiutato dal padre al 100%. E andava a nozze quando alle gare c’erano anche la sorellina, la mamma, la fidanzata. Come un cane da gregge che ha bisogno della famiglia unita. Max separa più il lavoro dalla famiglia». Quest’anno, nel weekend della prima gara della stagione Sbk in Australia, vinta proprio da Biaggi, è morto un altro giovane pilota... «Micidiale. Oscar Mcintyre aveva solo 17 anni. Ho pensato fosse una maledizione. A Phillip Island Marco era arrivato secondo e aveva ricordi belli perché in Australia col papà era stato molto bene. Poi mi sono ritrovato sul podio con Max con le immagini della morte di quel ragazzino al sabato. Un misto di emozioni incredibili». Eugene Laverty, compagno di squadra di Biaggi, corre con il numero 58. Lo stesso di Marco. «Il numero in sé mi è simpatico e mi fa molto piacere vederlo. Dispiace solo che sia così brutto il disegno. Lo diceva sempre anche il Sic "Ha disegnato un 58 bruttissimo". Però insieme facevamo il tifo per lui proprio per il 58». Quanto le manca Marco? «Tanto. Non riesco a dire quanto, ho il 58 ovunque, anche sull’orologio. Mi dispiace di non poterlo rivedere, di non poter fare più tante cose con lui. E più di tutto vedere quanto manca ai suoi genitori. Non passa un minuto senza che pensino al figlio. È proprio un pasticcio!». La sera prima di una gara giocherebbe a scopone anche con Biaggi? «Volentierissimo. Ma non mi sono ancora azzardato a chiederglielo».