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 2012  giugno 06 Mercoledì calendario

ERRANI, PICCOLA REGINA DI TATTICA A PARIGI L´ITALIA È SEMPRE DI MODA


Chissà se la Signora Angela Merkel ha trovato il tempo per assistere alla vicenda che ha coinvolto la sua omonima Angelica Kerber, opposta a una piccolissima italiana. Chissà se simile match le ha suggerito qualcosa che andava mormorando la mia vicina francese, memore di La Fontaine: Dopo aver troppo cantato / la cicala dissipata / si trovò senza moneta / fu costretta a dura dieta. Forse la Signora Merkel, più che al suo capo allenatore Schäuble, dovebbe rivolgersi ad un altro sciagurato mediterraneo quale Lozano, l´assistente della nostra formichina, il cui successo sulla tedescona è dovuta, oltre che alla sagacia, al senso del risparmio.
Infatti, nel compulsare il taccuino in cui ho più volte infitto, per il nervosismo, il mio pennino di scriba vecchio stile, trovo una incredibile annotazione: la dissipazione ha spinto la tedesca di Kiel a 55 errori, mentre la formichina di Bologna ne ha sofferti solo 36. In queste due cifrette è racchiusa una delle spiegazioni della vittoria di Formichina Sara, mentre altri aspetti possono ritrovarsi nell´abilità tattica ad adeguare gli schemi al mancinismo dell´avversaria, che privava quasi completamente Sara della possibilità di aprirsi il campo col suo strettissimo rovescio cross, aprendo cosi il lato destro avverso alla successiva penetrazione di diritto.
Altra ragione del successo, la stessa Sara ha indicato nella sua nuova racchetta prolungata, quella Babolat che, già a fine Settecento, produceva corde in budello «simili a quelle della citera» e cioè di una cetra. La Babolat che formichina pare aver acquistato sciogliendo un precedente contratto con una penale di 30.000 dollari. Ma, oltre a tutto ciò, è stato il grande cuore a concedere alla Errani il recupero di ben tre breaks nel secondo, sino ad issarsi a dominare il decisivo tiebreak per 7 punti a due. È presto per far progetti che si spingano oltre la semi con Samantha Stosur, ma sembra che, nella scia della Leonessa, la Formichina possa aiutarci, una volta di più, nel passaggio da comparse a protagonisti del Roland Garros.
Due cinque set dei quarti maschili sono poi giunti a ricordarci che il grande tennis - titolo usurpato di un mio vecchio libro - è giusto il best of five. Ha iniziato col lasciare tutti perplessi il Federer di questo torneo, simile ad un´imitazione gestuale ma non esaltante del mattatore che da anni ci incanta, quasi il campo divenisse, sotto i suoi piedi, un enorme palcoscenico. Pur sostenuto da una sorta di ginocchio artificiale, Del Potro pareva ritornato il ragazzo ancora intatto del 2009, quello che passò come un uragano sopra Flushing Meadows. E tuttavia, col passare del tempo, quella sorta di controfigura di Roger andava sempre più a fuoco, sempre più riassumeva le sublimi connotazione del vero Federer. Sinché la partita smoriva, al punto di non lasciarmi sospetto alcuno, mentre mi trasferivo sul Centrale.
Venivo qui sommerso dai cori che inneggiavano a Tsonga-Tsonga, quasi si trattasse di Dupont, il Brambilla francese. Ma almeno i giudici non erano sciovinisti quanto i fanatici, e un Nole Djokovic simile a quello sofferto - dai serbi - contro Seppi riusciva a togliersi dalle trappole di quattro match point, e a sopravvivere. È quindi terminata in gloria la vicenda di due grandi campioni in mediocre forma. Ma proprio le grandi distanze ci hanno insegnato che, a volte, la condizione si trova alla fine del Tour.