MATTIA FELTRI, La Stampa 6/6/2012, 6 giugno 2012
Malagrotta, la bomba ecologica che nessuno vuole disinnescare - Ogni giorno, Roma produce circa 4 mila e 500 tonnellate di rifiuti
Malagrotta, la bomba ecologica che nessuno vuole disinnescare - Ogni giorno, Roma produce circa 4 mila e 500 tonnellate di rifiuti. Come spesso succede, la cifra non dice nulla. Prendete una persona del peso di 70 chili. Per arrivare a 4 mila e 500 tonnellate, ne servono 65 mila, cioè tutti gli abitanti di Carrara (sempre che il loro peso medio sia di 70 chili, e probabilmente è inferiore). Ogni giorno, Roma produce una quantità di rifiuti pari al peso di tutta la cittadinanza di Carrara e così, in un anno, ne produce una quantità pari a quasi 24 milioni di uomini del peso di 70 chili. In tre anni, ha prodotto rifiuti pari al peso di tutta la cittadinanza italiana, qui stimata per grassottella. Sono scarti che da quarant’anni finiscono nella discarica di Malagrotta, periferia ovest della città, a sei chilometri in linea d’aria dalla Basilica di San Pietro. Come molti sanno, quella di Malagrotta è la discarica più grande del continente e, secondo i calcoli dei comitati civici, lì sono stati sotterrati rifiuti pari al peso di tutti gli attuali cittadini d’Europa. Malagrotta è una discarica inadeguata alle leggi europee, a quelle italiane e ai più miserabili standard sanitari. Sopravvive per le proroghe, le proroghe delle proroghe e al capolavoro degli amministratori di destra e di sinistra che si sono succeduti alla guida della Regione, della Provincia (con qualche responsabilità in meno) e del Comune nella Seconda repubblica. Tanto è vero che nella primavera dello scorso anno, la governatrice Renata Polverini e il sindaco Gianni Alemanno avevano ricolorato Roma di allegri manifesti nei quali si diceva che - finalmente! evviva! giulebbe! - Malagrotta avrebbe chiuso il 31 dicembre 2011. Più elastica di una profezia dei Maya, la vita di Malagrotta procede ancora oggi e se va bene, ma proprio bene bene, continuerà a far monnezzaro, come si dice qui, per i prossimi sei mesi. È questa la ragione per cui si sta cercando freneticamente un altro buco in cui riversare i rifiuti, pure nei campi fra Roma e Tivoli, a due spanne dalla Villa Adriana: un progetto così bizzarro che si è riusciti a bloccarlo persino in Italia. La soluzione B dice Pian dell’Olmo, nord della Capitale. Lì sono già tutti in piazza, sdraiati per terra o incatenati, e il sindaco è in prima fila con la fascia tricolore. Che l’operazione riesca o no è persino marginale (tranne che per gli abitanti della zona, naturalmente). Perché ovunque si conti di aprire la discarica ci saranno sollevazioni e nonostante gli amministratori assicurino sulla provvisorietà della discarica, visto che la provvisorietà di Malagrotta dura dal 1999. L’altra questioncella riguarda i rifiuti trattati. Qui si rischia di andar nel tecnico e serve un ulteriore appunto. Oggi il Lazio fa circa il 25% di raccolta differenziata, cioè qualcosa meno della Campania dell’emergenza planetaria, che ha nella Salerno di Vincenzo De Luca (70% di differenziata) un angolo di Svizzera. Roma va appena oltre il 20%. Una buona parte dell’area compresa fra Napoli e Avellino arriva al 40%. Sono numeri che spiegano su quale disastro si svegli ogni mattina quella che fu la capitale del mondo. Ed è una raccolta differenziata allegrotta: ci sono cassonetti per la carta, cassonetti per metallo, plastica e vetro, e cassonetti per tutto il resto. Così, dai cassonetti di metallo, plastica e vetro, si salva giusto il metallo, poiché vetro e plastica si sporcano a vicenda. Sono dati ufficiali Ispra dell’anno scorso, e venerdì ci saranno quelli aggiornati. Il punto è che, secondo i piani più recenti, si conta di arrivare al 60% entro il 2012. Quale prodigio produrrà un simile miracolo? Nel frattempo, le amministrazioni garantiscono che nella nuova discarica si riverseranno soltanto rifiuti trattati, che non vuol dire differenziati. Per una vita, a Malagrotta è stato scaricato il tal quale, cioè la roba mischiata così come si trova nei cassonetti. Il trattamento, invece, consente il recupero di materiale e rende il residuo meno pericoloso, quindi indirizzabile in inceneritore e in discarica. L’Ama (l’azienda della nettezza urbana) ha diffuso dati secondo cui a Roma viene trattato il 95% dei rifiuti. Ma un’inchiesta del Noe, il nucleo di tutela ambientale dei carabinieri, dice che i quattro impianti di trattamento della capitale funzionano al 23, al 58, al 60 e al 68 per cento. Cioè, delle famose 4 mila 500 tonnellate di rifiuti, una quantità compresa fra le mille e 500 e le 2 mila tonnellate finisce in discarica così com’è, cioè contro ogni norma mondiale. Ed è il motivo per cui fra pochi giorni scatterà la sanzione europea. Perché gli abitanti di Tivoli, o quelli di Pian dell’Olmo o altri ancora dovrebbero credere a promesse perennemente disattese e a proclami smentiti dai carabinieri? E fino a quando Roma reggerà alla sua dissoluzione? (Si racconta tutto ciò con dovizia di dettaglio grazie al lavoro di Massimiliano Iervolino e dei consiglieri regionali Giuseppe Roccodivita e Rocco Berardo, tre del Partito radicale, l’unico che da lustri denuncia un’illegalità cronica e bipartisan).