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 2012  giugno 06 Mercoledì calendario

L’Europeo non è l’Europa “Guai se vince la Germania” - Nello staff della tifosa Frau Merkel c’è già chi ha i brividi perché, sebbene nordici e in teoria non scaramantici, a Berlino i diplomatici ricordano che i vertici non portano bene ai bianchi della Mannschaft

L’Europeo non è l’Europa “Guai se vince la Germania” - Nello staff della tifosa Frau Merkel c’è già chi ha i brividi perché, sebbene nordici e in teoria non scaramantici, a Berlino i diplomatici ricordano che i vertici non portano bene ai bianchi della Mannschaft. Durante il summit europeo di Lisbona del 1992 persero la finale con la Danimarca, ripescata alla vigilia dopo la squalifica della Jugoslavia già in guerra. Proprio i danesi, qualche settimana prima, avevano votato "no" al Trattato di Maastricht, costringendo cambi e mercati a fare il nido sulla tempesta. Il ministro degli Esteri di Copenaghen, Elleman-Jensen, regalò una battuta memorabile: «Se non puoi unirti a loro, battili». Così fece. I tedeschi la presero malissimo. Ora tutto si intreccia di nuovo. Viviamo una crisi economica e di fiducia che minaccia il futuro dell’Europa e mette l’uno contro gli altri i finanziariamente disastrati paesi del Club Med coi rigorosi del Grande Nord. E c’è un torneo in cui i poeti del calcio meridionale che hanno vinto tutto in questo secolo Grecia, Italia, Spagna - sono gli stessi che arrancano fra debiti e riforme dolorose, mentre gli incontentabili Signori dell’Austerità hanno preso l’abitudine di farsi scappare le coppe in zona Cesarini. È successo ai tedeschi nel 2006 e nel 2008, agli olandesi nel 2010. «Economia e deficit sotto controllo non bastano per fare gol», ammette Antonio Missiroli, consigliere del presidente della Commissione Ue, Barroso. Poi ci sono le insidie del calendario. Se i tedeschi fossero primi nel gruppo B, giocherebbero i quarti il 22 giugno, giorno del minivertice organizzato dal premier Monti, che accoglie a Roma la Merkel, lo spagnolo Rajoy, il francese Hollande. In caso di successo, la Germania volerebbe alla semifinale del 28 giugno, data in cui si tiene il summit Ue per la crescita, appuntamento chiave per la costruzione europea. Può capitare di tutto, ma il percorso potrebbe condurre a una Germania-Francia o a una classica contro gli inglesi; la sfida della coppia "HoMer" che non decolla, o la rivincita del G8 di Camp David, dove la Merkel incassò terrea il trionfo del Chelsea, il rigore battuto ai rigori. «Se fosse così - ammette Gunther Oettinger, tedesco, commissario Ue per l’Energia - non ho dubbi che farebbero interrompere il vertice». Rallentare la corsa del Patto per la crescita? Più che probabile, davvero. «Una vittoria tedesca potrebbe anche non essere una buona notizia - ammette un diplomatico -, aumenterebbe il senso di autorità del Paese». Però, dice Guy Verhofstadt, leader Libdem all’Europarlamento, «se perdono sarà ancora più difficile parlare con loro e convincerli ad accettare la mutualizzazione del debito». Oettinger ci scherza su: «Se serve a risolvere i problemi di debito, allora va bene che vinca l’Italia». In chiave macroeconomica e europea abbiamo abbinamenti interessanti, nel gruppo C la crisi picchia dura. Domenica gli azzurri affrontano la «partita dello spread» con gli spagnoli, la disfida fra i bersagli delle ramanzine di Berlino che alla fine gliele suonano sul terreno verde. In termini di bilancio, siamo il girone più in rosso. Con gli iberici, gli irlandesi salvati da Ue/Fmi e i croati che nell’Ue non ci sono, sommiamo un 5,5% di deficit in funzione del pil, quasi il doppio della soglia virtuosa richiesta dai Trattati Ue. «Vorrei che il calcio riuscisse ad infondere un po’ di ottimismo a un continente che ha bisogno di guardare al futuro con più speranza», confessa ecumenico Martin Schulz, presidente del parlamento europeo, tedesco, socialista. Il calcio federale «competitivo e solido nei bilanci», è un «esempio da meditare in vista dei veri campionati d’Europa, quelli che a fine giugno dovranno stabilire se è possibile sperare La Francia campione sarebbe l’ideale: è la vera forza nuova, la più attenta allo sviluppo sociale in un avvenire condiviso e pacifico», aggiunge Mario Mauro, capogruppo del Pdl a Strasburgo. «Sarebbe interessante per l’Europa se la spuntasse la Francia - rivela il diplomatico anonimo -. Dopo Sarkò è la forza nuova, più attenta allo sviluppo sociale, meno prona ai tedeschi; vincesse gli Europei, l’effetto sarebbe amplificato». I bookmaker non credono ai «Bleu». Vedono bene ancora gli spagnoli, i tedeschie gli olandesi. «Campionato equilibrato», chiosa Oettinger, e poi bisogna tener d’occhio i padroni casa. La Polonia ha scampato la recessione, vuole una vittoria per contare di più politicamente, pure lei per fare un dispetto ai tedeschi. L’Ucraina ha meno chance e meno tifosi, causa Timoshenko in galera: ha svelato un’Ue debole e incapace di una linea univoca sulla partecipazione ai match. A Bruxelles, senza dirlo, sperano tutti che non ci sia occasione per festeggiarla.