ANDREA TORNIELLI, La Stampa 6/6/2012, 6 giugno 2012
Il banchiere sotto choc: “Ho pensato che qualcuno fosse venuto a spararmi” - L’ ampio cortile interno, così simile a un chiostro dei palazzi vaticani, era ancora avvolto nell’oscurità alle 5
Il banchiere sotto choc: “Ho pensato che qualcuno fosse venuto a spararmi” - L’ ampio cortile interno, così simile a un chiostro dei palazzi vaticani, era ancora avvolto nell’oscurità alle 5.25 di ieri mattina, quando Ettore Gotti Tedeschi, con la valigia in mano, ha sceso l’ultimo gradino del grande scalone e si è avviato verso la macchina. Doveva partire per Milano, come al solito prima dell’alba. Cinquanta minuti di viaggio, lettura dei giornali, messa quotidiana alle 8. Poi nel pomeriggio, doveva prendere un treno per Roma. Tra le carte che portava con sé, anche un documentato memoriale che avrebbe voluto consegnare a Benedetto XVI, per ricostruire le ultime vicende che hanno portato al suo clamoroso licenziamento dallo Ior. Appena arrivato all’automobile, li ha visti: quattro uomini lo stavano aspettando. Il maresciallo ha infilato la mano nella giacca, per estrarre il distintivo da carabiniere. Questione di un attimo. «Ho creduto che fossero venuti a spararmi...». L’ormai ex banchiere di Dio, per una frazione di secondo ha temuto il peggio. Gli hanno mostrato l’ordinanza per la perquisizione, gli hanno fatto capire che doveva cambiare i suoi programmi per la giornata, rinunciando alla trasferta romana. Gotti Tedeschi, con il volto terreo, ha letto velocemente quel foglio. Poi ha urlato il nome della moglie: «Francesca!». Due settimane fa, la clamorosa sfiducia del board della banca vaticana, seguita da un comunicato durissimo e per nulla in linea con lo stile della Santa Sede. Un comunicato moralmente e professionalmente devastante. E ora questa nuova, inaspettata tegola sulla testa. Perquisizione, ma senza essere indagato. L’inchiesta della Procura di Napoli non ha nulla a che vedere con le vicende della banca vaticana. «Quando è salito, accompagnato da tre carabinieri era sconvolto – racconta alla Stampa la moglie del banchiere, una signora distinta e affabile – per fortuna che io ho mantenuto la calma. Mi ero svegliata alle quattro, senza riuscire più ad addormentarmi. Avevo detto il rosario. Ero davvero serena». L’abitazione di via Verdi, a due passi dal teatro municipale, si trova nel cuore antico di Piacenza. Il salotto di casa è una galleria di quadri d’epoca, quasi tutti a soggetto religioso. Su uno dei tavoli, le foto dei cinque figli sono appaiate a quella che ritrae i coniugi Gotti Tedeschi a un’udienza con Papa Ratzinger. Sulla destra, una porta conduce al piccolo studio del banchiere. Una stanzetta triangolare, stretta, monacale, con uno scrittoio in legno scuro non più grande di un vecchio banco di scuola, e una finestra piccolissima di fronte. È pieno zeppo di giornali, articoli, riviste, testi di conferenze, agende. È in questo spazio angusto che durante il fine settimana, dopo aver spento il cellulare, il banchiere cattolico si è messo a ricostruire passo dopo passo i suoi tre anni alla presidenza dello IOR nella memoria che avrebbe voluto portare a Roma, convinto che la sua uscita di scena sia legata alle discussioni sulle nuove norme antiriciclaggio e alle vicende del tentato salvataggio dell’ospedale San Raffaele. Ed è da lì che la perquisizione è iniziata. I carabinieri, in contatto telefonico pubblico ministero Vincenzo Piscitelli, hanno cominciato a rovistare ogni carta, in cerca di lettere o email scambiate con Giuseppe Orsi. Ne hanno trovata una nella quale l’amministratore delegato di Finmeccanica manifestava solidarietà a Gotti dopo la brusca interruzione del suo servizio Oltretevere. Entrambi piacentini, entrambi nati nel 1945, Gotti e Orsi si conoscono e si stimano da tempo e qualche volta si sono frequentati con le rispettive famiglie. I militari inviati dalla Procura di Napoli hanno aperto le valigette ventiquattr’ore dove Gotti Tedeschi conserva meticolosamente da decenni le matrici dei suoi libretti di assegni. Poi hanno aperto una piccola cassaforte, dove insieme a un paio di gioielli erano conservati i rogiti delle case di famiglia. Quando ormai il sole era spuntato, la perquisizione si è spostata per breve tempo nella casa di San Polo, paesino a dieci chilometri da Piacenza, dove la famiglia possiede una casa di campagna. Ma lì non c’è studio, né ci sono carte, tutto si è chiuso in fretta. Nel frattempo, i carabinieri si presentavano anche nell’ufficio milanese del banchiere, a due passi dal teatro della Scala, dove ha sede la rappresentanza del Banco Santander. Alle 10.30 la perquisizione nell’abitazione di via Verdi si è conclusa. Gotti è salito in macchina con gli investigatori ed è partito per Milano, dove Piscitelli lo attendeva per ascoltarlo. Alle 17.30 un SMS alla moglie, preoccupata per il protrarsi dell’interrogatorio: «Ho chiesto di interrompere, continuiamo domani. Mi riaccompagna a casa l’avvocato…».