Elio Borgonovi e Silvia Angeloni, Il Sole 24 Ore 4/6/2012, 4 giugno 2012
ATTENZIONE ALLO «SPREAD GRIGIO»
Oltre che di spread "finanziari", occorre tornare a occuparsi e a preoccuparsi di spread "umani", perché dalla loro analisi possono discendere utili spunti per intraprendere vere azioni di cambiamento.
Il Rapporto mondiale sulla disabilità, pubblicato dall’Oms e dalla Banca mondiale nel 2011, intende segnalare e rimuovere quel grave differenziale che, in termini di qualità della vita umana, crea forti diseguaglianze tra le persone con disabilità e le persone normodotate. Eliminare o ridurre quel divario esistenziale vuol dire non solo ridare dignità alla vita delle persone con disabilità, ma anche ridurre la povertà nel mondo. La disabilità, come sottolinea il Rapporto, è un problema che ha riflessi sullo sviluppo per il suo legame bidirezionale con la povertà: la disabilità può aumentare il rischio di povertà, e la povertà può aumentare il rischio di disabilità.
Le statistiche che emergono dalla fotografia della disabilità nel mondo sono inquietanti. Secondo stime del 2010, sono oltre un miliardo le persone che vivono con una qualche forma di disabilità, ossia circa il 15% della popolazione mondiale, percentuale peraltro destinata ad aumentare. Il Rapporto rammenta come la disabilità sia parte della condizione umana. Ogni persona, nell’arco della propria vita, sperimenta una forma di disabilità temporanea o permanente. Si ricorda che la disabilità è la situazione che una persona con un problema di salute sperimenta ogniqualvolta incontra un ambiente ostile. Questa nozione evidenzia come la disabilità non sia un attributo della persona, ma la possibile conseguenza di una relazione con gli altri.
Con estrema lucidità e dovizia di dettagli, il Rapporto descrive tutte le barriere che, durante le varie tappe della vita, possono impedire alle persone con disabilità il pieno godimento dei diritti umani. Le prime forme di discriminazione, in ordine temporale, sono quelle subìte all’interno del sistema educativo, che spesso nega validi livelli di istruzione a bambini e adolescenti con disabilità. Lo scarso livello di scolarizzazione può diventare un pericoloso alibi per praticare e giustificare un’ennesima forma di discriminazione: l’esclusione dal mercato del lavoro degli adulti con disabilità. Per queste persone si è accertato un tasso di disoccupazione pari al doppio di quello rilevato nel resto della popolazione in età lavorativa. Inoltre nelle ipotesi migliori, e cioè nel caso di occupazione, le persone con disabilità, a parità di produttività e di competenze con i lavoratori normodotati, hanno in genere retribuzioni più basse, malgrado la loro vita quotidiana sia più costosa.
La spirale negativa non si limita a ridurre il benessere della vita delle persone con disabilità, ma finisce per impoverire anche la condizione di quei familiari che, spesso in silenzio e con rassegnazione, colmano le lacune di uno Stato indifferente e di una società distratta. Soprattutto le donne, tradizionalmente votate alla cura dei bambini e degli anziani, diventano i caregivers informali delle persone con disabilità, rinunciando a lavori che potrebbero generare redditi, nonché tutti quei benefici psicologici tipicamente ascritti a una vita lavorativa attiva.
La mancanza di adeguate politiche e di azioni di sensibilizzazione culturale determina il perverso passaggio dalla disabilità alla povertà. Ma vale anche la relazione inversa. La povertà, che notoriamente si associa a condizioni igieniche e alimentari carenti, a servizi sanitari insufficienti, ad ambienti di vita e di lavoro insalubri e pericolosi, determina o acuisce le condizioni di disabilità.
Come ricorda il Rapporto, la disabilità aumenta non solo con la povertà, ma anche con l’età, e le popolazioni dei Paesi più sviluppati stanno invecchiando a ritmi inauditi. Secondo alcune ricerche, nei Paesi in rapido sviluppo continueranno ad aumentare gli anni di vita vissuti con disabilità, soprattutto perché in età adulta aumentano le malattie che possono degenerare in disabilità. La non sostenibilità economica della spesa sociale indotta dalla disabilità è fonte di preoccupazione per molti Paesi.
Nelle conclusioni il Rapporto suggerisce tutta una serie di concrete raccomandazioni che, se messe in atto, contribuirebbero a migliorare la vita delle persone con disabilità e della società nel suo complesso. Si auspica pertanto un’ampia diffusione del Rapporto, che si presenta come un’utile guida per perseguire obiettivi di sviluppo, di benessere e di giustizia sociale a livello globale, con una prospettiva completamente diversa da quella che ha dominato il dibattito degli ultimi anni, tutto concentrato ad aggiornare il dato comunque modesto dei falsi invalidi, piuttosto che ad affrontare i problemi reali dei veri e numerosi disabili.