Giampaolo Pansa, Libero 3/6/2012, 3 giugno 2012
GRILLO E IL SUO GURU SONO GIÀ DELLA CASTA
Del primo guru, ossia Beppe Grillo, sappiamo già tutto o quasi. È un personaggio che non mi è mai piaciuto. Non sopporto i dilettanti, anche quelli della carta stampata. Parlano o scrivono di faccende che non conoscono. Copiano i compiti in classe degli altri. Spesso sono ignoranti, ma fanno di tutto per sembrare il contrario. In sostanza, si prendono gioco di chi li segue. È così anche Grillo? Sul conto del leader di Cinque Stelle ormai esiste una letteratura che si avvia a diventare sterminata. Pagine e pagine che lo dipingono con tutti i colori possibili. Ho spulciato gran parte dello zibaldone. E mi sono reso conto che si va da un eccesso all’altro. Grillo è il messia che può salvare l’Italia dalla crisi che strazia la politica professionale, restituendo il potere all’uomo della strada. Grillo è soltanto un comico furbastro e villano che cerca di conquistare i media, spacciando idee pericolose capaci di produrre soltanto disastri.
Esiste una via di mezzo? Penso di sì. Può essere bonaria e, al tempo stesso, schietta. L’opinione del Bestiario è che Grillo sia soltanto un sognatore. Ne ho conosciuti tanti come lui. Il primo l’ho incontrato nella mia città natale. Era un professore di matematica che lavorava da anni a una formula capace di garantire al mondo un futuro di pace e di prosperità. In proposito aveva scritto un paio di libri che nessuno gli pubblicava. Teneva conferenze davanti a sale vuote. Neppure in casa la moglie e la suocera gli davano retta. Era un tipo alla Grillo. Sessantenne, tozzo, barbuto. Se nell’Italia del primo dopoguerra fosse esistito un sistema mediatico simile a quello d’oggi, forse lo sfortunato professore sarebbe diventato famoso.
IL MEGAFONO DEI MEDIA
I media odierni sono molto forti e democratici. Nel senso che possono elevare dalle stalle alle stelle un signore qualsiasi che buca il video e nelle interviste ai giornali le spara grosse. In molti casi, quando i media si stancano e guardano altrove, l’eroe del momento viene dimenticato. E dalle stelle ritorna nelle stalle. È quel che accadrà anche a Grillo?
Ecco una domanda che oggi, non ha risposta. Però quanto vedo e leggo mi induce a pensare che il leader stellare sia un sognatore piuttosto debole perché è superficiale. Il tipo tutto chiacchiere e vecchie idee. Lo rivela la maxi intervista concessa a un giornalista sveglio come Gian Antonio Stella e pubblicata venerdì da Sette. Un fiume di parole che distrugge Grillo. Succede spesso così quando i giornali danno molto spago a un tizio sulla cresta dell’onda. Risposta dopo risposta, lo spago rischia di diventare una corda alla quale l’intervistato finisce con l’impiccarsi da solo.
Grillo si è dipinto come il vecchio professore della mia città. Il suo messale sa di stantio. Passa da una promessa all’altra, secondo lo stile polveroso della Casta. Voglio che cambi la società intera. Vogliamo una rivoluzione culturale. La democrazia diretta. Senza partiti né gerarchie. Porto in politica i boyscout. Loro salveranno l’ambiente. Con la raccolta differenziata dei rifiuti. I pannelli solari. Le automobili a idrogeno. Il risparmio energetico. I referendum popolari. Un salario di cittadinanza per tutti. Insomma, promette ancora Grillo, costruiremo «l’iper-democrazia».
È un guru, questo? Oppure è soltanto un chiacchierone diluviale che sfrutta il disprezzo di molti italiani per la partitocrazia odierna? Proviamo a immaginare che la Casta vada a carte quarantotto. Che cosa faranno il leader stellare e i suoi boyscout? Tenteranno di governare la crisi italiana con l’iper-democrazia? Ma a quel punto il sogno, o il bluff, finirà. E ci ritroveremo tutti con le chiappe per terra.
Poi c’è il secondo guru: Gianroberto Casaleggio, 58 anni, sei meno di Grillo che in luglio ne farà 64. Il successo delle Cinque stelle ha portato anche lui alla ribalta. Forse ne avrebbe fatto volentieri a meno,perché la notorietà non reca soltanto vantaggi. A quel punto ha commesso un primo errore marchiano. Invece di tutelarsi con l’aria di mistero che lo proteggeva, si è deciso a dire la sua attraverso una lunga lettera spedita al Corriere della sera. E pubblicata il 30 maggio, con un giorno di anticipo sulla smisurata intervista di Grillo. Casaleggio sarà di certo un grande esperto di computer e di web,ma ha commesso un secondo errore: rivelare che le Cinque stelle non sono un movimento monocratico, con un solo leader. No, i capi supremi sono due. Uno è Grillo, l’altro è lui. Il guru bis rivendica i propri meriti. Sono il cofondatore stellare. Ho scritto anch’io le regole per la certificazione delle liste elettorali. Ho organizzato la raccolta delle firme per l’iniziativa di legge popolare. Ho studiato come abolire i finanziamenti all’editoria ed eliminare i contributi statali ai partiti. Il libro di Grillo, «Siamo in guerra», ha pure me come autore. Non sono il «piccolo fratello» di Beppe, ma un fratellone a pari merito.
DIARCHIA IMPOSSIBILE
Perché il Casaleggio dalla lunga chioma ha sbagliato nel presentarsi così al pubblico? Si può sapere tutto della Rete, essere convinti che «stia cambiando ogni aspetto della società» e tentare «di prevederne gli effetti», e nello stesso tempo ignorare l’abc della politica. La gente stufa della Casta va in cerca di un capo, non di due. Le diarchie vengono sempre guardate con sospetto. Oggi i leader sono una coppia, domani potrebbero essere cinque, dopodomani diventare dieci. La Casta si è fottuta così, con troppi capi fatalmente indotti a litigare, a dividersi, a combattersi.
Forse è per fugare questi sospetti che la coppia G&C, dopo il successo elettorale nelle amministrative, si è data un tono autoritario. Mettendo bocca nelle scelte dei pochissimi sindaci Cinque stelle. Soprattutto a Parma, l’unico grande centro conquistato dal movimento. Con esiti fastidiosi. E non soltanto per il giovane sindaco Federico Pizzarotti. Lui si è visto imporre Tizio piuttosto che Caio come assessore o addirittura come city manager alla guida della burocrazia comunale.
Il fastidio provato dai Pizzarotti si è subito rovesciato sui due guru. Accusati di essere assai meno iper-democratici di quanto vogliano apparire. E di comportarsi da arroganti impiccioni, da maestroni boriosi, convinti di saperla più lunga dei loro militanti. Ossia della truppa volontaria che sta in trincea, ci mette la faccia e si sfianca in campagne elettorali dalla povertà francescana.
Per i due guru può essere un brutto segnale. La coppia Beppe e Gianroberto dovrebbe conoscere a fondo una verità: la Rete è volubile. I tanti che bruciano la giornata a cliccare sul computer per apparire in Facebook, o dire la loro su Twitter, possono anche cambiare idea e distruggere i miti che hanno creato.
Nel pianeta di Internet non c’è costanza di scelte. Grillo, che non è uno sciocco, lo sa bene. Lo stesso vale per l’altro guru. Non è un reato pensare di cambiare il mondo con una rivoluzione culturale. Ma può accadere che a questo compito vengano delegati altri signori.
Proviamo a dirla in soldoni: i veri padroni di Grillo e di Casaleggio sono i milioni di tizi qualsiasi che li hanno fatti diventare grandi. Nulla vieta di pensare che possano anche farli ritornare piccoli. Quella dei boyscout è una compagnia di infaticabili. Non stanno mai fermi. Ne inventano sempre una. Basta aspettare e vedremo quanto i due guru riusciranno a durare.
Giampaolo Pansa