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 2012  giugno 04 Lunedì calendario

La spesa ora si fa al dispenser - Macché distributori auto­matici, adesso si chia­mano corner market

La spesa ora si fa al dispenser - Macché distributori auto­matici, adesso si chia­mano corner market . Ro­ba per chi vuole esagerare e non è certo affetto dalla sindrome di Ca­mera Cafè. Quanta tristezza da­vanti al bicchierino di plastica di Luca e Paolo: impiegati sfigati, ve­stiti da sfigati; e che, ovviamente, bevono l’«espresso lungo» da sfi­gati. Di Luca e Paolo i nostri luoghi di lavoro sono zeppi. Tutti lì, da­vanti alla «macchinetta». A rac­contarsi le proprie miserie umane e professionali. Sognando di digi­tare un numero che - invece della «bevanda al cioccolato, gusto for­te » - distribuisca un decotto di feli­cità («gusto moderato», ci si ac­contenta...). Ma una volta fuori dall’ufficio, questi enormi dispenser a mone­ta continuano a seguirci. Li trovi ovunque e, ogni anno che passa, l’evoluzione della specie lascia in­terdetti. Nelle città più grandi so­no spuntati dei veri e propri «ango­li automatizzati» che offrono 24 ore su 24 ogni ben di Dio: dal pane fresco, al latte di caldo, passando per l’acqua tiepida.E poi tramezzi­ni farciti e panini imbottiti al cui confronto il Rustichella dell’auto­grill sembra il risotto con foglia oro di Gualtiero Marchesi. Comparso in Inghilterra alla fi­ne dell’Ottocento, il primo proto­distributore automatico sbolo­gnava una brodaglia destinata a operai col palato di cartone. Ma è nel secondo dopoguerra che le «macchinette» si elevano al rango nobile di status symbol, con tanto di scritta Hot Coffee . Farsi un cap­puccino alla macchinetta diventa sintomo di emancipazione in una società «liquida», nel senso che da quel buco magico vengono fuori anche litri e litri di the al limone. Oggi viviamo in un’età ugualmen­te «liquida» (ma per altri motivi) e non c’è scuola, stazione, ospeda­le, ufficio che non meni vanto del suo dispenser (magari con prodot­ti bio, ogm e naturaly correct). Un giro d’affari mica da ridere, con 2,5 milioni di macchinette presenti in Italia (una ogni 25 abi­tanti) e 6,5 miliardi di consuma­zioni all’anno. Ma non di solo cibo vive lo corner market addict : vale a dire la sempre più emergente tipo­logia antropologica che ai negozi preferisce i corner automatici. E qui- nei corner - che viene il bello. In questi speciali antri delle mera­viglie (ottimi rifugi notturni per barboni) si trovano anche libri (la cultura non ha orari), mazzi di fio­ri (per incorreggibili romanticoni domenicali), cerotti (attenti alle forbici), tappi per le orecchie (e ba­sta con questo casino!) e tante al­tre cose inutilmente utili (o util­mente inutili, fate voi). Nell’aero­porto di Orio al Serio c’è perfino un distributore di lingotti e mone­te d’oro: così, giusto per le spesuc­ce di prima necessità. Ma se volete veramente ridere, dovete piazzarvi davanti ai distri­butori automatici di «oggetti osé». A Milano, in via Palmanova (di fronte alla Biblioteca comunale) ce n’è uno particolarmente ben fornito. Sul davanti ha una tendi­na oscurata che si solleva dopo aver inserito il documento di iden­tità «attestante la vostra maggiore età».A quel punto sullo scaffale ap­pare di tutto un po’: ampia gam­ma di vibratori, manette, frustini, creme «coadiuvanti», slip sexy e via stimolando. E non pensiate che i frequentatori siano persone maleducate. Sentita l’altra notte: «Mi scusi signora, ma quel vibrato­re l’ho visto prima io...». «Ma pre­go, si figuri... io prendo quell’al­tro ». A entrambe, buon diverti­mento.