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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Il nemico dei laogai cinesi converte Roberto Saviano - Fa impressio­ne vedere uno stimato imprendito­re di 60 anni, che gui­da un gruppo pre­sente in 15 Paesi, prorompere all’im­provviso in un pian­to sommesso

Il nemico dei laogai cinesi converte Roberto Saviano - Fa impressio­ne vedere uno stimato imprendito­re di 60 anni, che gui­da un gruppo pre­sente in 15 Paesi, prorompere all’im­provviso in un pian­to sommesso. Toni Brandi ha subìto due interventi chirurgici in 12 giorni, a una vertebra cervicale e a un ginocchio, e fra 96 ore lo attende il terzo a una spalla. Ma non singhiozza per il dolore postoperato­rio, che pure si fa sentire. No, versa lacri­me per 3 milioni di suoi simili, forse 5, che in questo preciso istante,nell’anno 12 del terzo millennio, nella Cina comunista sof­frono più degli schiavi di Delo nell’antica Grecia,più degli ebrei nell’Egitto dei fara­oni, più dei neri d’America nelle pianta­gioni di cotone. Brandi è il presidente della Laogai rese­arch foundation italiana, la prima affilia­ta europea (e anche l’unica, insieme con quella tedesca) dell’organizzazione fon­data nel 1992 a Washington da Harry Wu, un attivista per i diritti umani nella Repub­blica popolare cinese, nato a Shanghai nel 1937. «Wu ha passato 19 anni della sua vita in 12 differenti laogai. Le timide aper­ture seg­uite alla morte di Mao Zedong por­tarono alla sua liberazione nel 1979. Si tra­sferì negli Stati Uniti, dove divenne profes­sore di geologia all’Università di Berke­ley. Lo invitai per la prima volta in Italia nel 2005, a Busto Arsizio. L’anno dopo, a Roma,rischiò d’essere linciato da una cin­quantina di attivisti dei centri sociali». Laogai è l’acronimo di«laodong gaizao dui»,che significa«riforma attraverso il la­voro »,traducibile,e non solo per assonan­za, in lager. Era il 1950 quando Mao deci­se d’importare in Cina la formula dei gu­lag sperimentata nell’Urss. Esperti sovie­tici aiutarono il dittatore a organizzare i la­ogai, infernali prigioni mascherate da in­dustrie. Le finalità da allora non sono cam­biate: fiaccare con il lavaggio del cervello e la tortura gli oppositori politici e sfrutta­re un’immensa forza lavoro a costo zero. Brandi ha un motivo in più per piange­re: le prime vittime dei laogai sono i cattoli­ci. E lui è un credente granitico. «Non da sempre, dal 1991: mi convertii a Londra, dopo una confessione di due ore con fa­ther Paul Morgan, un pretino di 27 anni». Ma già nel 1990 aveva dato prova di avere più fede di tanti praticanti, fondando una Ong in Lituania per aiu­tare i cattolici che si batte­vano per l’indipendenza da Mosca. «Credo d’essere stato l’unico testimone oc­cidentale dei massacri compiuti dai sovietici: ho visto i 12 dimostranti uccisi con un colpo in fronte a Me­dininkai e i 23 trucidati da­vanti alla Television tower di Vilnius». Che Brandi og­gi sia un buon cristiano è testimoniato dal fatto che ogni tanto si lascia sfuggire un’esclamazione,«Gesù Maria!»,risalen­te alla preistoria del cattolicesimo. «Nono­stante 50 anni di terrore antireligioso, nel­l’ex Cecoslovacchia sento fior di comuni­sti che la ripetono in latino: “ Oh,Jesus Ma­ria!”. Dio serve a vivere meglio. Dove più al­ta è la frequenza religiosa, migliore è la qualità di vita. L’80 per cento dei cinesi è infelice e povero, lo attesta l’Ocse». L’imprenditore conosce bene la realtà della Repubblica ceca perché dal 1991 abi­ta a Praga. È lì che ha sede Gts Alive, il grup­po internazionale di cui è presidente, che distribuisce la Isic (International student identity card)approvata dall’Unesco e al­tri servizi culturali per insegnanti e stu­denti. Romano di nascita, 60 anni, sposa­to, senza figli, opera da sempre nel campo del turismo e dei trasporti. Da impiegato della Compagnia italiana turismo in Bel­gio è diventato direttore generale del gruppo Transalpino-Tourtraco, che gesti­sce 4 milioni di clienti l’anno sui treni d’Europa,per poi passare come ammini­stratore delegato all’irlandese Usit e infi­ne all’Eurotrain international in Svizzera. Per anni il presidente della Laogai rese­arch fo­undation ha predicato come il Bat­tista nel deserto. «Poi un giorno mi ha cer­cato Grazia Maria Dragani, consulente al casting nei programmi tv con Roberto Sa­viano. Ho creato un contatto con Wu. E al­la fine lo scrittore napoletano ha dedicato allo scandalo dei laogai 23 minuti di mo­nologo in Quello che ( non) ho , su La7.L’in­domani il nostro sito Laogai. it è schizzato da 400 a 3.000 visitatori uni­ci al giorno, nonostante un attacco dei pirati informati­ci che sono riusciti a bloc­carlo per 12 ore». La fondazione ha appe­na pubblicato La persecu­zione dei cattolici in Cina (Sugarco Edizioni), una sconvolgente indagine sul martirio che dura da 62 an­ni, curata da Francesca Ro­mana Poleggi. «È una do­cente di diritto ed econo­mia, madre di tre ragazzi. Nel 2003 le chiesi di tradurre un dossier di Wu sulla politica del figlio unico in Cina. Dopo averlo fatto, perse il sonno per tre mesi: il dissidente raccontava dei feti abortiti e mangiati nella minestra». Quanti sono i laogai? «Nessuno lo sa. È un segreto di Stato, co­me il numero delle esecuzioni capitali, an­che se Amnesty international mette la Ci­na al primo posto nella classifica delle condanne a morte. La nostra fondazione pubblica un inventario dei laogai cono­sciuti: l’ultima edizione,nel 2008,ne regi­strava 1.422, con tanto di indirizzi. Si cal­cola che fino a oggi vi siano stati segregati almeno 50 milioni di individui. Ma la cosa forse più rivoltante è che la Dun & Brad­street, un database statunitense delle im­prese, riporti 314 prigioni come se fosse­ro aziende. Peggio: 120 compagnie fra le più famose al mondo pubblicizzano su In­ternet prodotti assemblati nei laogai e 33 lo fanno in lingua italiana». Non ci posso credere. «La commissione bicamerale che si occu­pa della contraffazione sta indagando su un’industria del nostro Paese che avreb­be importato triplo concentrato di pomo­doro da un laogai dello Xinjiang. L’unica al mondo che ha rifiutato di intrattenere rapporti con questi penitenziari spaccia­ti per fabbriche è stata la Volvo, ho visto con i miei occhi la lettera di rinuncia. Pec­cato che poi la Ford l’abbia ceduta alla ci­nese Zhejiang Geely». Una beffa del destino. «Il premio Nobel per la pace 2010, Liu Xia­obo, è tuttora detenuto nella Jinzhou pri­son, condannato a 11 anni di reclusione dopo un processo-farsa. È un laogai aper­to nel 1953, conosciuto anche come Nan­shan prison. Vi si producono interruttori per alta pressione e altiforni del Jinzhou Jinkai electrical group, presente sul Web come Jinzhou new switch. E non è tutto. In Cina vi sono anche circa 70.000 ditte do­ve­il trattamento è identico a quello dei la­ogai, anche se i dipendenti non sono pri­gionieri. Un nome per tutti: la Foxconn che a Shenzhen produce per Apple, Hp, Sony, Motorola e Nokia, dove dal 2010 si sono suicidati 14 lavoratori». Perché si finisce nei laogai? «Per crimini comuni. Più spesso per reati d’opinione. I detenuti per motivi politici o religiosi sono circa la metà del totale. Ci si finisce anche per aver violato la legisla­zione sul figlio unico. In Cina tutte le don­ne sono monitorate e obbligate a portare la spirale. Il permesso per la prima gravi­danza va richiesto all’Ufficio per la pianifi­cazione familiare. Siccome le coppie pre­feriscono un figlio maschio, è diffusa la pratica degli aborti selettivi o della sop­pressione delle neonate femmine. In cer­te province, dove le quote demografiche lo consentono, può essere concessa una seconda gravidanza. Le donne che si ri­bellano sono sottoposte alla sterilizzazio­ne o all’aborto forzato, praticato anche al nono mese. Per aver denunciato questo orrore, Chen Guangcheng, un avvocato autodidatta non vedente,s’è fatto 4 anni e 3 mesi di laogai e 18 mesi di arresti domici­liari, che in Cina significano: negazione delle cure mediche, finestre di casa sigilla­te, telecamere a infrarossi accese anche di notte e sequestro del bastone da cieco, dei giocattoli dei figli, del televisore, del te­lefono, di Internet». Che differenze ci sono fra un laogai e una prigione? «Nel laogai è previsto il lavoro forzato per 16-18 ore al giorno. Sicurezza e igiene non esistono. Si dorme sul pavimento. Il cibo è scarso e somministrato solo in propor­zione al lavoro eseguito. Manfred Nowak, relatore speciale dell’Onu sulla tortura, inviato in Cina nel 2005, ha documentato le brutalità commesse abitualmente sui detenuti, appesi per le braccia, sottoposti a scariche elettriche e al la­vaggio del cervello». Come si lava il cervello? «L’indottrinamento politi­co si effettua con “sessioni di studio”quotidiane al ter­mine dell’orario di lavoro forzato. Segue l’autocritica davanti ai sorveglianti e agli altri detenuti. Ciascu­no de­ve accusare pubblica­mente le colpe commesse e dimostrare la propria lealtà al partito denunciando ami­ci e parenti. Come mi ha rac­contato Harry Wu, quando si entra nel campo per prima cosa ti obbligano a con­fessare il tuo presunto crimine. Bisogna farlo ripetutamente, senza mai dimentica­re alcun dettaglio. La confessione è di pri­maria importanza, perché distrugge la di­gnità. Nella miniera dove lavorava Wu, un operaio che non si era autoaccusato a suffi­cienza è stato lasciato legato a torso nudo a una sedia fino a che il suo corpo non s’è ricoperto di zanzare ed è diventato com­pletamente nero. “Di atrocità ne ho viste tante, ma le urla di quell’uomo non potrò mai più dimenticarle”, mi ha detto Wu». Avvengono esecuzioni capitali nei lao­gai? «Non nei laogai: nei sottoscala degli ospe­dali, ormai.L’espianto di organi “freschi” da detenuti appena uccisi è diventato un business fiorente. Nel 2006 un alto funzio­nario del ministero per la Salute, Huang Jefu, ha riconosciuto, durante una confe­renza di chirurghi a Guangzhou, che la gran parte di organi espiantati proveniva da prigionieri condannati a morte. Vi so­no almeno 600 ospedali specializzati in questo traffico. Molti cadaveri vengono venduti a pseudoscienziati che li imbalsa­mano con la tecnica della plastinazione e poi li espongono in mostre a pagamento». In Cina esiste anche il laojiao. «Sì, è un sistema di detenzione ammini­strativa per cui si può essere imprigionati dalla polizia fino a 3 anni, senza processo. Il laojiao è usato contro credenti di tutte le religioni.Mentre l’Occidente ha trovato il suo nuovo Dio nel profitto, la Cina l’ha sempre avuto nello Stato sposato col pro­fitto, come tutti i Paesi comunisti. Per que­sto Vladimir Bukovskij paragona l’Unio­ne europea all’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche. Il grande Aleksandr Solženicyn fu facile profeta all’Università di Harvard nel 1979: “Io ero venuto qui per trovare la libertà e la democrazia. Ma se a voi manca la Luce, finirete per deru­barvi e per ammazzarvi a vicenda”». Quanti pensa che siano gli italiani che conoscono il significato della parola laogai? «Le offro una statistica significativa al ri­guardo. Paolo Zanlucchi, presidente del­la commissione cultura del Comune di Trento, nel 2010 ha proposto una mozio­ne contro il commercio dei prodotti pro­venienti dai laogai. Ebbene, su 12 compo­nenti, solo uno sapeva di che cosa si trat­tasse. E stiamo parlando della commissio­ne cultura...». A sua memoria,i giornali italiani han­no­mai pubblicato un’inchiesta in pri­ma pagina su questa tragedia? «No. Del resto su quanti quotidiani ha let­to dei 35 fra monaci e suore e dei due laici che in Tibet si sono dati fuoco negli ultimi 14 mesi per protesta contro la repressio­ne cinese? O della proposta di legge 3887 che vieta in Italia l’importazione e il com­mercio di prodotti provenienti dai laogai, presentata su nostra iniziativa alla Came­ra nel 2010 da 160 parlamentari e da allo­ra chiusa in un cassetto della commissio­ne attività produttive? O dei cattolici cine­si che a Prato perdono il posto perché van­no a messa?». È mai stato in Cina? «Tre settimane nel 2010». E non l’hanno arrestata? «Sul passaporto c’è scritto Antonio Bran­di. Per loro il criminale è Toni Brandi. In compenso mi avevano arrestato due anni prima in India, dov’ero andato con un’amica tibetana, Karma, moglie del giornalista Piero Verni, in occasione del passaggio della torcia olimpica. Durante i Giochi di Pechino tutti i servizi segreti o­c­cidentali collaboravano con quelli cinesi. Appena sceso dall’aereo insieme con altri 400 passeggeri ho trovato la Cell, l’antiterrorismo in­diano, ad ammanettarmi». Perché s’è innamorato di questa causa? «Perché ritengo immorale che nel terzo millennio vi si­ano ancora i campi di con­centramento e che nessu­no ne parli per non distur­bare interessi finanziari. Questo conferma che libe­ralcapitalismo e comuni­smo sono due facce della stessa medaglia. Oggi in no­me del dio denaro tutto è possibile. Non è più giusto ciò che è giusto, è giusto ciò che conviene. Ma quello che la nostra co­scienza considera immorale, prima o poi ci travolgerà. Il lavoro forzato dei lager ci­nesi causa disoccupazione e bancarotta d’impresa in Occidente. Ormai è sotto gli occhi di tutti: la crisi economica mondia­le è principalmente una crisi morale. Solo Mario Monti può illudersi d’uscirne an­dando a chiedere ai padroni dei laogai di comprarsi il debito pubblico italiano. Le mani che il nostro premier ha stretto a Pe­chino sono sporche di sangue, lo saprà? Ma sì che lo sa.E allora perché l’ha fatto?».