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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Alla Scala si stecca sul bon-ton - L’abito non fa il monaco. Non è così. Almeno in certe attività e so­prattutto in certe occasioni

Alla Scala si stecca sul bon-ton - L’abito non fa il monaco. Non è così. Almeno in certe attività e so­prattutto in certe occasioni. Que­sto pensiero è ritornato vedendo il direttore d’orchestra Daniel Ba­renboim in occasione del concer­to al Teatro alla Scala in onore del Papa. Benedetto XVI, al di là di qualsiasi considerazione pur alta di ordine religioso, è un capo di Stato. E quando si danno le terga (privilegio riservato solo ai diretto­ri d’orchestra, agli autisti e ai coc­chieri) a una personalità doppia­mente rappresentativa, bisogna che l’abbigliamento,meglio il por­tamento, sia all’altezza dell’occa­sione. Barenboim non indossava la te­nuta dei suoi professori d’orche­stra, il frac. Transeat . Ma l’abito so­stitutivo era indossato con disin­volta trasandatezza, soprattutto nel particolare della camicia (col­letto cosiddetto coreano) ampia­mente sbottonata. È una moda odierna, si sa. Ma la moda non può essere invocata quando il di­rettore musicale del Teatro alla Scala è in veste ufficiale, trattando­si del concerto offerto da Milano al Papa in vista. I cosiddetti «laici» di pensiero invocano comoda­mente non solo la libertà di costu­me, ma anche una supposta mag­giore praticità e conseguente rin­novamento rispetto alla vetusta tradizione. Seguendo questo alto pensiero, per oltre due secoli, il di­rettore d’orchestra ha operato in condizioni costrittive. Opinione che oggi non sarebbe condivisa da molti illustri direttori del passa­to prossimo i quali sostenevano essere il frac, oltre che la loro «divi­sa », un capo d’abbigliamento adatto a favorire la fluidità del ge­sto e l’impostazione verso gli ese­cutori. A parte, si intende, il fisico occorrente. Addirittura la storia ricorda car­riere direttoriali agevolate dal fat­to che «portavano bene» l’abito da cerimonia. Erano casi rari e non auspicabili per chi pensa alla musica e non al look. Esempio in­confuta­bile è il ricordo dell’ameri­canissimo Leonard Bernstein, nel­la vita di ogni giorno portatore di abbigliamento etnico, casual e va­riopinto. Ma sul podio indossava il prescritto frac, corredato da inappuntabile camicia inamida­ta. Certo si può obiettare che Her­bert von Karajan, anche in presen­za del predecessore di Benedetto XVI in San Pietro, diresse la Messa dell’Incoronazione di Mozart con un elegantissimo abito, sostituto del frac, corredato da camicia ina­midata e cravatta. Bisogna ricor­dare che il grande direttore au­striaco era affetto da una dolorosa infermità all’apparato scheletri­co che gli arrecava indicibili soffe­renze. In condizioni fisiche nor­mali Karajan, eccelse doti diretto­riali a parte, è stato sempre un mo­dello di eleganza, vanto della sar­toria italiana. Tanto per non farsi mancare niente, alla Scala è stata notata fra i cantanti solisti una signora in abi­to rosso e a spalle e braccia scoper­te. Innovazione o non conoscen­za delle regole? A conti fatti non è solo questione di frac.