PAOLO MANZO, La Stampa 4/6/2012, 4 giugno 2012
L’Occidente snobba il vertice verde - «Il Brasile sta dando proprio adesso la peggiore immagine di sé per quanto riguarda le questioni ambientali»
L’Occidente snobba il vertice verde - «Il Brasile sta dando proprio adesso la peggiore immagine di sé per quanto riguarda le questioni ambientali». Le parole dell’ex ministra dell’ambiente del governo Lula, Marina Silva, simbolo della lotta non solo brasiliana ma mondiale per la preservazione dell’Amazzonia, cadono come macigni sul paese del samba. Il momento è delicato, mentre Rio, con una straordinaria operazione di marketing, si prepara ad ospitare in pompa magna, tra il 20 e il 22 giugno prossimi, Rio+20, l’evento sponsorizzato dall’Onu con l’obiettivo di riunire i potenti della terra per discutere di sviluppo sostenibile e delle tematiche ambientali più rilevanti. Ma le durissime parole dell’ex senatrice del partito verde, pubblicate da uno dei più importanti quotidiani brasiliani, Folha de Sao Paulo, non sono in contrasto, anzi confermano le cronache di questi giorni. Che inducono gli analisti internazionali a parlare già di un flop del tanto sbandierato evento. La notizia, confermata dal ministro degli esteri brasiliano Antonio Patriota, della presenza al vertice del presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, getta nuove ombre. Una partecipazione questa che ha fatto subito discutere in Brasile e fuori. Per non parlare delle assenze dei grandi leader del mondo. Dal presidente degli Usa Barack Obama, impegnato nella campagna presidenziale, alla tedesca Angela Merkel, alle prese con la crisi europea, al premier britannico James Cameron. Hanno dato tutti forfait, tanto che uno dei principali columnist del giornale carioca Gobo, Anselmo Goias, ha sottolineato come dei 14 capi di stato che avevano sino a ieri confermato la loro presenza nell’albergo più lussuoso di Rio de Janeiro, il Copacabana Palace, solo uno - senza specificare chi - è europeo. Gli altri tutti africani o asiatici. In totale dei 193 paesi membri dell’Onu parteciperanno delegazioni di 183, con un centinaio di capi di Stato. È prevista, nei tre giorni della conferenza, un’affluenza di 50 mila persone, che già nelle scorse settimane ha mandato in tilt il sistema alberghiero carioca, costretto ad abbassare i prezzi per accogliere le delegazioni. E fragile appare anche l’agenda. A tre settimane dall’inizio dei lavori c’è ancora suspence sulla definizione dei temi precisi che andranno a comporre «gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile», considerati il pilastro di questo vertice. «I temi specifici non sono stati ancora definiti», ha ammesso l’ambasciatore Luiz Alberto Figueiredo Machado, a capo della delegazione brasiliana nelle negoziazioni all’Onu. Il contrasto sembra essere più forte nella definizione delle quantità delle aree tematiche da includere negli obiettivi. Per l’Unione Europea devono essere cinque, altri Paesi parlano invece di 15, il Brasile opta per 8. Quanto a Marina Silva, la sua critica è condivisa da centinaia di Ong brasiliane e internazionali che vedono nell’approvazione del nuovo Codice forestale brasiliano la più grande contraddizione di questo Forum. Da un lato, l’immagine costruita a tavolino di un Brasile che protegge la foresta Amazzonica e si dice in favore dell’ambiente, dall’altro la scelta di realpolitik del governo di approvare un contestatissimo codice che sostanzialmente regala l’amnistia ai disboscatori clandestini e riduce drasticamente le aree da preservare. «Questo codice - dichiara Marina Silva - è il più grande passo indietro mai compiuto finora in questo paese». Che pure nel vertice di Copenaghen del 2009 era stato il primo dei paesi emergenti a voler raggiungere l’obiettivo della riduzione del CO2. E una volta che il vertice sarà concluso, che resterà della lotta per la preservazione ambientale del paese? Marina Silva è pessimista: «Nulla, perché il nuovo codice frutto di un accordo politico ha deciso che l’illegalità ambientale rende».