ALBERTO MATTIOLI, La Stampa 3/6/2012, 3 giugno 2012
Nuvola o iceberg? Di sicuro è un Gehry - Le similitudini si sprecano. C’è chi parla di «una nuvola», chi di «una crisalide»
Nuvola o iceberg? Di sicuro è un Gehry - Le similitudini si sprecano. C’è chi parla di «una nuvola», chi di «una crisalide». Lui, l’autore, preferisce definirla «un iceberg». Ma non c’è dubbio che la futura sede della Fondazione Louis Vuitton dell’archistar Frank Gehry, al Jardin d’acclimatation del Bois de Boulogne, il polmone verde a Ovest di Parigi, segnerà la storia architettonica della capitale come, a suo tempo, il Beaubourg di Piano o la Piramide di Pei. A 83 anni Gehry continua a disseminare le sue opere per il mondo. Attualmente è in lizza, contro Jean Nouvel e Zaha Hadid, per il futuro National Art Museum of China a Pechino. La sua creazione parigina nasce, come del resto la sua fama, dal celebratissimo Guggenheim Museum di Bilbao. Fu dopo averlo visitato che Bernard Arnault, presidente del gruppo Lvmh (Louis Vuitton Moët Hennessy), la multinazionale del lusso che vale almemo 20 miliardi di euro, decise di affidare a Gehry la nuova sede della fondazione intitolata al creatore delle borsette più famose di Francia e forse del mondo. «La prima chiamata? Ormai sono passati quasi 10 anni», sospira Gehry, intervistato dal «Figaro». Da allora ha accumulato schizzi, progetti e modellini («Non so più quanti ne ho fatti, almeno 30 o 40»), mentre sulle scrivanie di magistrati e avvocati si accumulavano i dossier. Infatti insieme al cantiere è partita anche l’estenuante battaglia legale di chi non vuole che il verde Bois diventi un po’ meno verde. Il contestatore si chiama François Douady, abita nei pressi e vuole che restino come sono. E’ lui che ha creato il Coordinamento per la salvaguardia del Bois, lui che definisce l’opera «pura cementificazione» e lui che cerca di impedirla con continui ricorsi ai tribunali. Quella di Douady sembrava la lotta di Davide contro Golia, perché Arnault gode del sostegno dei politici, sindaco (socialista) di Parigi in testa, dei media e degli «intellos», che da questa parte delle Alpi sono assai più influenti e ascoltati che dalla nostra. E invece dopo ricorsi, controricorsi, appelli e sentenze del Consiglio di Stato, il Coordinamento è riuscito perfino a bloccare i lavori, scatenando le ire di Gehry dall’altra parte dell’Atlantico. Per complessità, lunghezza e bizantinismi, la saga giudiziaria che ne è seguita nulla ha da invidiare a quelle italiane, e infatti non è ancora conclusa. Però alla fine i lavori sono stati sbloccati, anche grazie a una «leggina», un comma inserito in un testo che parlava di tutt’altro e votato sia da destra che da sinistra. Troppa la paura bipartisan di veder sfumare un progetto che, nelle parole del committente, ha la modesta ambizione di «far splendere l’arte e la Francia nel mondo». E anche che Arnault si stufi e faccia come il suo arcirivale in miliardi e mecenatismo François Pinault che, stanco di battaglie a colpi di carte bollate, se n’è andato a Venezia, a Palazzo Grassi. Insomma, l’«iceberg» di Ghery dovrebbe essere pronto, con congruo ritardo, nella primavera del 2014. Il cemento dell’unico piano alto 46 metri sarà circondato da una «nuvola» di vetro che, spiega l’architetto, «come il mondo che evolve senza sosta, cambierà in funzione delle stagioni, delle ore e della luce. Ho voluto creare un’impressione di effimero». Avveniristica, ipertecnologica, colossale, la «vela» (secondo un’altra delle innumerevoli metafore) vince premi prima ancora di essere completata: la Fondazione si è già aggiudicata il riconoscimento d’eccellenza Bim (Building Information Model) dell’Istituto americano degli architetti. I numeri sono impressionanti: 3300 tonnellate di travi metalliche, 6550 di cemento, 108 mila metri cubi di terra scavati per le fondamenta, 13 mila e 500 metri quadrati di vetrate, formate da 3600 pannelli. Resta da capire cosa ci sarà dentro. Di sicuro, la collezione d’arte contemporanea di Arnault, affidata alla curatrice Suzanne Pagé, con opere di Basquiat, Koons, Gilbert&George. E poi il museo diventerà una cornice molto chic per gli eventi organizzati dalla Fondazione, attualmente ospitati al settimo piano del palazzo Vuitton sugli Champs-Elysées e molto ambiti dal «tout Paris». Sempre che monsieur Douady non riesca di nuovo a bloccare tutto...