Il Post, 1/6/2012, 1 giugno 2012
LA STORIA DEL KETCHUP
I fast food sono un elemento caratteristico dello stile di vita e dell’alimentazione statunitense, tra i più popolari in tutto il mondo. Dan Jurafsky fa notare però su Slate che la maggior parte dei tipici cibi da fast food non è autenticamente statunitense ma è originaria di un altro tipo di cucina. Gli hamburger – come indica la parola stessa – erano un piatto tipico della città tedesca di Amburgo e furono importati negli Stati Uniti dagli immigrati tedeschi nel XIX secolo. Le patatine fritte, note in inglese come french fries, sono di origine franco-belga. Il ketchup è cinese.
Ketchup è una parola del dialetto del Fujian, una regione della costa sud-orientale della Cina, e significava originariamente «salsa di pesce». È da questo dialetto che proviene anche la parola tè. Jurafsky racconta che l’immigrazione dal Fujian negli Stati Uniti è molto aumentata negli ultimi anni, e ora è facile trovare lungo tutta la East Coast cibi tipici della zona, come il vino rosso ottenuto dalla fermentazione del riso. La storia di questo vino rosso è legata a quella del ketchup, ma mentre il vino è rimasto lo stesso nel corso dei secoli il ketchup si è notevolmente trasformato.
La storia del ketchup inizia più di 500 anni fa, quando il Fujian era il centro marittimo più importante della Cina. I suoi cantieri costruivano navi che salpavano dai suoi porti verso la Persia, il Madagascar e i centri più importanti dell’Asia. Navigando lungo il fiume Mekong, il più importante dell’Indocina, i marinai cinesi scoprirono una salsa di pesce cucinata dai pescatori khmer e vietnamiti: un liquido dal sapore pungente e dal color caramello a base di acciughe salate e fermentate. La salsa viene ancora oggi preparata in Vietnam, col in nome di nuoc mam, e in Thailanda, dove si chiama nam pla. I marinai cinesi le diedero il nome di ke-tchup, che nel dialetto hokkien – quello del Fujian e di Taiwan – significa «salsa di pesce conservato».
I marinai del Fujian esportarono il ke-tchup in Malesia, nelle Filippine e in Indonesia, dove la parola kecap significa ancora oggi salsa. Molti cinesi si stabilirono in questi Paesi introducendo anche il riso rosso fermentato, che veniva usato per cucinare stufati e brasati. Col tempo iniziarono a trasformare il riso rosso in arrak, un liquore ottenuto distillando il riso insieme alla melassa e al vino di palma da dattero. Il risultato era una sorta di rum, tant’è che l’arrak viene anche chiamato rum orientale. A Giava e Sumatra vennero aperte fabbriche gestite da cinesi per produrre la salsa di pesce e l’arrak.
Nel 1600 i mercanti olandesi e britannici arrivarono nell’Asia sudorientale in cerca di spezie, tessuti pregiati e porcellana: scoprirono anche l’arrak e la salsa di pesce, che iniziarono a comprare in grandi quantità dai mercanti cinesi. Il Batavia arrak, distillato in Indonesia, venne inizialmente usato per produrre il punch, una bevanda diffusa tra i marinai britannici della Compagnia delle Indie orientali all’inizio del XVII secolo e poi introdotta in Europa. Oltre all’arrak, i marinai europei iniziarono a consumare anche la salsa di pesce, abituandosi al sapore pungente così diverso da quello dei loro cibi nazionali. Nel XVIII secolo la diffusione e il consumo in Europa di ke-tchup e arrak aumentò sempre di più diventando una notevole fonte di profitto per i mercanti britannici. Per ridurre le spese di importazione, in Regno Unito e negli Stati Uniti molti si ingegnarono a produrre il ke-tchup in casa; nei libri di cucina iniziarono a diffondersi ricette che prevedevano anche variazioni decisive rispetto agli ingredienti originali. La prima testimonianza scritta riguardo il ketchup è del 1690, mentre la prima ricetta apparve nel 1727 nel Compleat Housewife di Eliza Smith e prevedeva acciughe, scalogno, aceto, vino bianco, spezie (chiodi di garofano, zenzero, macis, noce moscata), pepe e scorza di limone.
In Regno Unito se ne diffuse una variante con i funghi: nel tempo divennero un ingrediente fondamentale tanto che dal 1750 al 1850 la parola ketchup indicò qualsiasi salsa scura fatta coi funghi. Successivamente vennero aggiunte anche le noci, come nella versione preparata dalla famiglia di Jane Austen, stando a quanto riportato nel libro da cucina della sua amica Martha Lloyd. Soltanto nel XIX secolo si iniziò ad aggiungere – probabilmente in Gran Bretagna – il pomodoro. Questa variante veniva chiamata tomato ketchup e la prima ricetta in proposito venne elaborata nel 1801 da Sandy Addison e venne in seguito stampata nel libro di cucina Sugar House Book.
Nella metà dell’Ottocento le acciughe vennero definitivamente abbandonate mentre il tomato ketchup divenne sempre più popolare negli Stati Uniti, tanto che le persone lo mangiavano senza problemi quando invece evitavano i pomodori freschi, ritenuti da molti velenosi. Inizialmente il tomato ketchup veniva prodotto in casa o venduto da contadini locali. Il primo a imbottigliarlo e a distribuirla a livello nazionale fu Jonas Yerks, nel 1837. Heinz, la più importante e famosa azienda produttrice di ketchup al mondo, iniziò a produrlo nel 1876, accompagnandolo con una pubblicità che diceva: «Finalmente un sollievo per le madri e le altre donne nella casa!», alludendo al lungo processo necessario per cuocerlo in casa.
La ricetta del tomato ketchup cambiò ulteriormente dopo che nel 1906 Harvey W. Wiley, fondatore della Food and Drug Administration, l’autorità che controlla cibi e farmaci negli Stati Uniti, vietò l’uso del benzoato di sodio – impiegato come conservante nella salsa – dichiarandolo dannoso per la salute. Henry J. Heinz allora inventò una nuova ricetta per eliminare il conservante: impiegò pomodori maturi – anziché acerbi come spesso accadeva – e aumentò la quantità di zucchero, aceto e cipolle. La salsa divenne più densa e dolce. La variante di Heinz si impose presto fra tutte le altre e secondo molti studiosi le sue nuove caratteristiche contribuirono a far diventare il tomato ketchup il condimento più diffuso negli Stati Uniti, in una versione rimasta più o meno invariate rispetto a oggi.
Negli ultimi giorni è stata presentata un’innovazione che potrebbe cambiare – anche se non stravolgere – la storia della salsa. Il ketchup è commercializzato in recipienti di plastica e di vetro: i puristi prediligono il secondo, e uno dei problemi più frustranti del consumo di ketchup è la difficoltà di far uscire agilmente la salsa e i residui che si raccolgono sul fondo e sulle pareti della bottiglia. Lo studioso del Massachusetts Institute of Technology (MIT) Dave Smith ha progettato insieme a un team di ingegneri meccanici LiquiGlide, un rivestimento scivoloso costituito da materiali atossici che può essere applicato a tutti i tipi di recipienti per alimenti e che facilita la fuoriuscita dei condimenti vischiosi. Oltre a rendere la vita più facile ai consumatori, LiquiGlide permetterebbe anche di non sprecare cibo: ha ricevuto il secondo premio della Entrepeneurship Competition della MIT, pari a 100mila dollari.