Matteo Cruccu, Corriere della sera, 29 aprile 2012, 29 aprile 2012
CHI HA UCCISO BOB KENNEDY?
Una testimone riapre il caso: gli assassini sarebbero stati due. E non il solo palestinese Sirhan Sirhan, ancora in carcere
MILANO - Quei colpi di pistola chiusero simbolicamente i ruggenti anni’60 d’America, nuove speranze e nuove frontiere, per l’ultimo di una serie di omicidi eccellenti: era il 5 giugno 1968 quando il candidato democratico alla presidenza, dato per sicuro vincitore, Robert F. Kennedy, venne assassinato come il fratello John 5 anni prima. Il colpevole venne individuato quasi subito, il palestinese Sirhan Sirhan, fanatico isolato che voleva vendicarsi per il supporto dato da Bob agli israeliani nella Guerra dei Sei Giorni, scoppiata esattamente un anno prima.
NUMEROSE CREPE - Un caso chiuso molto velocemente, una verità granitica che oltre un quarantennio dopo mostra numerose crepe: Sirhan non avrebbe agito da solo. Almeno questo sostiene una testimone eccellente in un’intervista rilasciata alla CNN: l’attrice Nina Rhodes-Hughes, presente all’hotel nel giorno fatidico, ha detto di aver udito due pistole far fuoco durante la sparatoria. L’intervista getta nuove ombre sulla gestione delle indagini che furono condotte all’epoca. «È ora che venga fuori, c’era un altro killer», ha raccontato la donna. «La verità deve venir fuori. Basta con le coperture. Va fatta giustizia».
TRA I 12 E I 14 COLPI - L’attrice racconta di aver udito tra 12 e 14 colpi di pistola (non otto come risulta dalla versione ufficiale), e alcuni spari sarebbero venuti dalla cucina dell’albergo, un posto diverso da quello in cui si trovava Sirhan. E di aver raccontato subito la sua verità agli inquirenti, ma di non esser stata ascoltata. Lei come altri testimoni indipendenti che riferirono anch’essi di aver sentito più colpi rispetto agli otto.
NON E’ STATO LUI - Lo stesso Sirhan, ancora oggi in carcere, confessò l’omicidio e poi ritrattò. Proprio nello scorso marzo, i suoi avvocati William Pepper e Laurie Dusek, hanno chiesto alla corte distrettuale di Los Angeles di riaprire il caso, sostenendo di essere in possesso, anche loro, di «prove formidabili» del fatto che il loro assistito non avrebbe sparato i colpi che hanno ucciso Bob Kennedy. Addirittura innocente in questa versione. La corte distrettuale non ha ancora annunciato la sua decisione in proposito. Ma, almeno giornalisticamente, il caso è riaperto: perché c’è bisogno di far luce su quell’oscura stagione della patria della libertà.