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 2012  giugno 04 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. LA FORNERO VUOLE ESTENDERE AGLI STATALI LA LICENZIABILITA’ PREVISTA DALLO STATUTO DEI LAVORATORI


CORRIERE.IT
MILANO - «Auspico che ci sia il più possibile parità di trattamento tra i lavoratori del pubblico impiego e quelli del privato, non ho mai detto che voglio licenziare e credo che questo auspicio debba essere preso in considerazione». Lo ha detto il ministro del Lavoro Elsa Fornero a margine di una visita al Centro per l’impiego di via Bologna a Torino.
Le parole del ministro del Lavoro arrivano poco dopo che, a margine di un evento School of Governement - Luiss e Scuola Superiore della P.A., il ministro per la Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi aveva detto: «La delega non conterrà una disposizione specifica sui licenziamenti disciplinari dei dipendenti pubblici, ma si rimetterà al Parlamento».
«PARI OPPORTUNITÀ» - La stessa Fornero ha comunque precisato: «La riforma si chiama "del mercato del lavoro" ed è in una prospettiva di crescita. C’è una delega sul pubblico impiego che appartiene a un mio collega di governo, che se ne sta occupando e io rispetto le deleghe. Detto ciò, io sono anche ministro per le pari opportunità e non credo che riguardino solo uomini e donne, ma anche i pubblici dipendenti e i privati. Mi parrebbe in contrasto con il mio mandato se dicessi che le cose dovrebbero andare diversamente per queste due categorie. Tenendo conto delle specificità quindi auspico una parità di trattamento». «Ma non dite - ha concluso - che questo significa libertà di licenziare».

REPUBBLICA.IT
TORINO - "Tenuto conto delle specificità del pubblico impiego auspico parità di trattamento tra i lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico". Così il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, dopo che il ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi ha chiarito oggi che nella delega del pubblico impiego non sono previsti i licenziamenti.
"Nei giorni scorsi avevo già espresso questo auspicio 2 - ha detto Fornero - e credo che debba essere preso in considerazione. Io sono anche ministro delle Pari Opportunità che non riguarda solo uomini e donne ma anche lavoratori pubblici e privati, lavoratori immigrati e lavoratori nativi. C’è un concetto più ampio e mi parrebbe in contrasto con il mio mandato se dicessi che le cose dovessero andare diversamente".
A fare il punto sul disegno di legge delega sulla riforma del mercato del lavoro dei dipendenti pubblici che il governo si accinge ad approvare era stato questa mattina il ministro Patroni Griffi, spiegando che "non conterrà una dispozione specifica sui licenziamenti disciplinari, ma ci rimetteremo al parlamento". Il nodo da sciogliere riguarda i licenziamenti perché, ha prosegito, "se si prevede che a pagare l’indennizzo sia il dirigente non avremo nessun licenziamento. Mentre se non si prevede questa responsabilità a quel punto pagherebbe pantalone e questo andrebbe a carico della comunità".
Per il ministro si tratta "di un problema non semplicissimo, dobbiamo trovare un equilibrio. Comunque - conclude - la riforma è sostanzialmente pronta. Ci sono un po’ di contrasti ma non riguardano il rapporto con Fornero". Ad ogni modo "non viene meno la valutazione del merito, ma si tratta di far funzionare il sistema che fino ad oggi non ha funzionato".
(04 giugno 2012)



La reazione di Bruxelles. Riferendosi prevalentemente all’art. 18, la commissione Ue fa sapere che la riforma del mercato del lavoro dell’Italia "è sufficientemente ambiziosa per fronteggiare complessivamente le rigidità e le asimmetrie della legislazione che protegge l’occupazione regolando meglio la flessibilità in entrata e muovendosi verso una rete di sicurezza sociale più integrata". Tali misure "riducono l’incertezza e i costi delle imprese legati alle dimissioni" dei dipendenti, ma "l’efficacia della riforma dipenderà anche dall’interpretazione delle nuove regole da parte dei giudici".
Nel documento che accompagna le raccomandazioni per Paese, Bruxelles sottolinea come il lavoro nero resti un "grande problema" e anche che "la partecipazione al mercato del lavoro e i tassi di occupazione sono ancora bassi, soprattutto per giovani, donne e lavoratori anziani".
L’italia però "negli ultimi pochi mesi" ha risposto in maniera "ampia e determinata" con politiche volte a ripristinare finanze pubbliche solide, e a intervenire sulle debolezze strutturali che il Paese si trascina da molti anni, afferma la commissione europea all’inizio dell’editoriale della relazione tecnica che accompagna il rapporto sulle raccomandazioni all’Italia e che sarà separatamente pubblicato oggi. Ma restano "gravi" le "sfide" che la penisola si trova comunque di fronte in molte aree: dai conti pubblici alla competitività, dal fisco e l’evasione al mercato del lavoro, all’istruzione, ai trasporti e all’apparato amministrativo.
Il primo richiamo è sulla "piena attuazione" della strategia di risanamento dei conti pubblici che la commissione definisce "audace", ma la cui esecuzione appunto rappresenta "una preoccupazione di primaria rilevanza". Inoltre la "debole competitività" del Paese richiede "un migliore allineamento dei salari alla produttività". E poi le tasse. Per Bruxelles "la pesante tassazione sul lavoro si ripercuote negativamente su domanda e offerta". Intanto "ridurre l’evasione fiscale richiede ulteriori e determinate misure ".
Rehn. "Non ci sono ragioni perché l’Italia debba fare manovre aggiuntive a quelle già programmate e in corso di attuazione. Mentre dato l’elevato debito pubblico è prioritario che rafforzi il suo potenziale di crescita economica". Lo ha affermato il vicepresidente della Commissione europea Olli Rehn, responsabile di affari economici e Euro.

PEZZO DI BAGNOLI SULLA RIFORMA DEL LAVORO DAL CORRIERE DEL 1 GIUGNO
ROMA — Dopo quattro voti di fiducia nell’arco di 24 ore, l’ultimo dei quali con 238 sì e 33 no, la riforma del lavoro ottiene il via libera dal Senato e ora passa alla Camera dove il governo conta di farla approvare in modo definitivo entro il mese di giugno. Il presidente del Consiglio Mario Monti ha ricordato che questa legge è stata fatta soprattutto «per i giovani», e ha avuto una positiva valutazione da organismi internazionali. Il problema è ora capire se il testo sbarcherà «blindato» a Montecitorio o saranno possibili ulteriori modifiche come chiesto da Pd e Cgil. Il Professore non si è sbilanciato. Ha poi ringraziato il ministro del Welfare Elsa Fornero per questa «ulteriore riforma dopo quella sulle pensioni che è considerata un esempio sul piano internazionale». Ma proprio ieri sera Fornero, su Radio 24, ha ammesso: «È vero, sugli esodati abbiamo sbagliato, tutti sbagliamo. Non ho mai pensato che i professori non sbaglino mai, ma la riforma delle pensioni l’abbiamo fatta in 20 giorni perché il Paese era sull’orlo del baratro». Adesso, ha aggiunto, «è compito del governo cercare modalità eque» per gli esodati che verranno dopo i primi 65 mila «salvati» (quelli che possono andare in pensione con le vecchie regole) dal decreto Fornero, che però non è stato ancora controfirmato da Monti.
Il nuovo assetto
Ma torniamo alla riforma del lavoro. Il ministro ha voluto rimarcare come questa riforma sia «un tassello di un disegno più ampio e con queste regole, anche sul fronte dei licenziamenti, l’Italia si sia «avvicinata agli standard europei». Per questo nuovo assetto giuridico che spazia dalla stretta sui contratti a termine al contrasto delle partite Iva, dai licenziamenti più facili ai nuovi ammortizzatori sociali, restano però mal di pancia anche delle forze di maggioranza. L’ex ministro Maurizio Sacconi parla di legge «anti impresa, impregnata di cultura cgil» e per protesta ieri non ha votato. Per la capogruppo al Senato del Pd Anna Finocchiaro è stata raggiunta «una sintesi razionale e laica, costituzionale e riformista», ma Cesare Damiano insiste che anche la Camera possa dire la sua. Uno scenario anticipato dallo stesso relatore Tiziano Treu: il Pd «insisterà per miglioramenti sul lavoro delle donne, ammortizzatori e lotta al precariato». Molte comunque le novità introdotte nel tragitto a Palazzo Madama.
Lotta al precariato
Per i collaboratori a progetto è previsto un salario base e verrà rafforzata in via sperimentale per tre anni l’indennità di disoccupazione una tantum che potrà essere di 6mila euro. Le partite Iva saranno tali se il lavoratore avrà percepito un reddito annuo lordo da lavoro autonomo di almeno 18mila euro.
Articolo 18
Possibili i licenziamenti individuali per motivi economici e soggettivi. Nei casi di illegittimità per mancanza di giustificato motivo oggettivo il giudice dispone tra reintegro e indennizzo sulla base dei codici disciplinari. Resta il reintegro per i licenziamenti discriminatori in concomitanza di matrimonio, di maternità e paternità. È obbligatorio indicare i motivi del licenziamento e tentare la conciliazione. La malattia non blocca il procedimento avviato. Introdotto infine un processo speciale abbreviato per le controversie.
Partecipazione dei lavoratori
Approvata una delega per introdurre in Italia forme di partecipazione dei lavoratori nella vita dell’impresa sulle linee della direttiva europea. Fra le varie forme di partecipazione anche quella agli utili o al capitale dell’impresa.
Indennità speciale
È prevista la possibilità di prendere tutta insieme l’indennità di disoccupazione per avviare un’attività di lavoro autonomo. È una misura sperimentale per il periodo 2013-2015, entro un tetto di spesa di 20 milioni per ciascuno dei tre anni.
Disoccupati
Viene rivista la soglia che fa scattare la perdita dell’indennità in caso di rinuncia a un lavoro. Nel testo originario la remunerazione doveva essere non inferiore del 20% all’indennità, con la modifica dovrà essere superiore di almeno il 20 per cento.
Roberto Bagnoli

VALENTINA CONTE SU REPUBBLICA DEL 1° GIUGNO

ROMA - Via libera del Senato alla riforma del Lavoro. Dopo i quattro voti di fiducia incassati dal governo tra ieri e mercoledì sui quattro maxi-emendamenti in cui il provvedimento è stato diviso (flessibilità in entrata e in uscita, ammortizzatori, formazione), il ddl è pronto per l´esame della Camera, dove i tempi saranno altrettanto brevi per consentire la conversione in legge entro giugno. «È il mio auspicio», insiste il ministro Fornero, viste anche «le esortazioni sul piano internazionale» a fare presto. Ma «non so se il testo sarà blindato».
«Faremo le valutazioni che saranno necessarie», aggiunge il premier Monti, ieri in aula per il voto finale sull´intero blocco, soddisfatto di una riforma che definisce «di profonda struttura», nata da un dibattito «intenso e giusto», fatta «per il bene dei giovani e non per il plauso delle categorie», soprattutto apprezzata da «organismi imparziali», quali Ocse, Fmi e Commissione europea. Un «tassello importante di un disegno più ampio», per il ministro del Welfare, che «non cancella le garanzie dei lavoratori», ma riconsegna all´Italia un articolo 18 «europeo». Non così la Cgil che contesta il ricorso alla fiducia e bolla la riforma come «pasticcio inestricabile». Un testo «squilibrato», secondo il segretario Camusso che rincara: «È esattamente ciò che non serve al lavoro e al Paese». Per questo, «la mobilitazione della Cgil continua, decideremo quando e come». E sull´eventualità di uno sciopero generale, risponde secca: «Vedremo».
Cambia, dunque, l´articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Tre tipologie di licenziamento: discriminatorio, economico e disciplinare. Il primo sempre nullo. Il secondo, se illegittimo, consente il reintegro solo in casi di «manifesta insussistenza». Il terzo, solo sulla base dei casi previsti dai contratti collettivi (non più anche dalla legge). Minore discrezionalità dei giudici, maggiore chance di indennizzo. La procedura di conciliazione, poi, non sarà bloccata da malattie "fittizie". Per quanto riguarda la flessibilità in entrata, arriva il salario di base per i cocopro, la cui indennità di disoccupazione "una tantum" viene rafforzata (6 mila euro per almeno 6 mesi di lavoro in un anno). Le partite Iva "vere" saranno quelle che fatturano più di 18 mila euro l´anno e con competenze "elevate". In via sperimentale, fino al 2015, il lavoratore può incassare l´Aspi (il nuovo ammortizzatore sociale) in un´unica soluzione per avviare un´attività di lavoro autonomo. Nelle aziende con meno di 10 addetti il rapporto tra apprendisti professionisti non può superare quello di 1 a 1. Se l´azienda che impiega apprendisti non rispetta il vincolo di stabilizzazione (30% nei primi tre anni, 50% a regime) dopo 36 mesi potrà assumere solo un apprendista "una tantum". E poi basta.