Antonio Pascale, Corriere della Sera - Roma 04/06/2012, 4 giugno 2012
L’APRIPISTA ELETTRICO
Giornata di festa: vado a provare una nuova auto elettrica. Che bello, scivolo sulla strada, il motore produce un discreto ronzio, un soffio di vento. La mia mente elabora immagini bucoliche. Il motore elettrico è soffuso, sono quasi invisibile, devo bussare un paio di volte sennò i pedoni mi finiscono sotto le ruote. Mi spiegano, poi, alcuni dettagli tecnici, autonomia, velocità, e sono sempre più convinto, del resto, i vantaggi sono evidenti: contribuirei ad abbassare il volume delle polvere sottili che a Roma sono alti. Ci sono state giornate nelle quali a picchi di polveri sottili sono corrisposti picchi analoghi di asma e gravi malesseri. Non starei lì a sgasare, in folle, al semaforo, perché il minimo non regge, nemmeno dovrei cercare quel benzinaio che sconta due centesimi in più la benzina. Mi sento buono, giusto, e mi sento buono e giusto con poco, il che non guasta. La voglio, sì, comincio a comportarmi come un bambino capriccioso. Ah! C’è un unico problema. La ricarica. Ci vuole qualche ora. Vabbè, mi dicono, facile: basta una semplice presa casalinga, attacchi, magari di notte e la mattina sei di nuovo carico, buono, giusto, pronto a iniziare la tua battaglia contro le polveri sottili. Presa casalinga? Tossisco discretamente: ma io vivo in un condominio. Al primo piano, dove la prendo la corrente? Che faccio, compro una prolunga e faccio passare il filo, che so, dalla finestra alla strada? Ammesso che trovi posto sotto la finestra. Quindi, mi chiedono, lei non ha il box? No, rispondo, già è troppo che ho la casa, devo ancora finire di pagare il mutuo, e qui il mio interlocutore apre le braccia, come a dire: non me ne parli. Calma e sangue freddo, non ci scoraggiamo per così poco. Fra poco metteranno prese per la corrente. Lei arriva, paga qualche centesimo e ricarica. Riprendo coraggio. Chiedo: ma ci sono già? Sì qualcuna. Qualcuna? Sì, tipo un paio a piazza del Popolo. Piazza del Popolo? Io abito a Monteverde nuovo, che faccio? Vado a piazza del Popolo, la lascio lì, poi la riprendo? Non si scoraggi, mi conforta, lei si consideri un’apripista. Un’apripista? Sì, se qualcuno non comincia — e con un po’ di sacrifici — poi nessuno la segue. Giusto. Però, dico, ragioniamo: se nella mia strada installano, e voglio esagerare, dieci prese pubbliche, e se ci sono venti auto elettriche, come facciamo con la ricarica? Bisogna occupare un posto per svariate ore, mica è come il benzinaio, fai il pieno e riparti. Che faccio? Chiamo gli altri proprietari per accordi? Dalle sette alle dieci io, poi tocca a te? Facciamo riunioni di quartiere per decidere? Ammesso che ci fossero anche cento prese per cento auto elettriche, va a finire che torno a casa e, siccome non c’è mai parcheggio, trovo uno con l’auto a benzina che ha occupato il mio posto, proprio quello con la bocchetta elettrica. Va a finire che a forza di girare, mi si scarica la batteria, la macchina si ferma, blocco il traffico, do di matto, arrivano i vigili e mi portano via, a me e all’auto elettrica. Uffa. Amministratori capitolini, voglio la mia auto elettrica, voglio abbassare le polveri sottili, non mi fate scervellare, pensate voi al come, che fate mi lasciate solo, a fare l’apripista? Siate capricciosi anche voi, trovate la soluzione, è a fin di bene.