Filippo Ceccarelli, la Repubblica 2/6/2012, 2 giugno 2012
Da Prodi a mamma Rosa gli attacchi alla moneta unica capro espiatorio di Silvio – In precario equilibrio tra Patty Pravo, «Pazza idea», e Pancho Villa, che a un certo punto prese a stampare cartamoneta per finanziarsi la revolucion, l´ex premier Berlusconi continua a fare i suoi personali conti con l´euro; ma nel rivolgersi provocatoriamente alla «nostra zecca», dimentica che per ragioni tecniche e di sicurezza le banconote dell´euro si producono solo a Francoforte, mentre alle zecche nazionali spetta di coniare solo le monete e le monetine
Da Prodi a mamma Rosa gli attacchi alla moneta unica capro espiatorio di Silvio – In precario equilibrio tra Patty Pravo, «Pazza idea», e Pancho Villa, che a un certo punto prese a stampare cartamoneta per finanziarsi la revolucion, l´ex premier Berlusconi continua a fare i suoi personali conti con l´euro; ma nel rivolgersi provocatoriamente alla «nostra zecca», dimentica che per ragioni tecniche e di sicurezza le banconote dell´euro si producono solo a Francoforte, mentre alle zecche nazionali spetta di coniare solo le monete e le monetine. Il che renderebbe l´idea del Cavaliere veramente folle («folle folle folle idea, di averti qui»). Troppo facile oggi ricordare la calda accoglienza berlusconiana alla divisa unica, e il brindisi al Quirinale e la «sorpresa», l´euroconvertitore spedito per posta con tanto di lettera del presidente del Consiglio («Vi faccio avere questo piccolo omaggio...») a 20 milioni di italiani. Piuttosto, conviene segnalare che alla fine del 2003, quando già il reclamizzatissimo sogno stentava ad avverarsi, Berlusconi individuò proprio nell´euro la fonte delle difficoltà; e allora non solo gli attribuì l´aumento dei prezzi, cosa anche un po´ vera, ma fece anche presente che lui aveva avvertito chi di dovere (Prodi e Ciampi) di questo rischio, ma quei due, sospirava allargando le braccia, non gli avevano dato retta ed eccoci qui. L´euro era a suo dire sopravalutato. Parola di imprenditore. Quindi penalizzava il made in Italiy. Di qui l´impatto «disastroso», si fece sfuggire nel 2004. Particolare curioso: fu l´allora commissario Ue Mario Monti a sentire il bisogno di riprenderlo: non stava bene che proprio il presidente di un importante paese dell´eurozona se ne uscisse in quel modo «pittoresco» su una faccenda così delicata. Ma niente. Più l´economia italiana si metteva male, e più Berlusconi insisteva, sia pure con sospetta intermittenza. Una volta sul carovita tirò in ballo Mamma Rosa che faceva la spesa al mercato scegliendosi le migliori bancarelle; un´altra volta disse che il super-euro «ci stringe alla gola». Poi, al solito, faceva anche marcia indietro. Per esempio quando Bossi, a Pontida (2005), chiese un referendum per uscire. Eppure, oggi come allora l´impressione è che al di là dei dati economici Berlusconi abbia finito per costruirsi una sorta di «euro espiatorio» a suo uso e consumo, parafulmine e specchio delle sue stesse difficoltà e mancate promesse. Una via d´uscita anche psicologica, però anche da utilizzare politicamente. Se i sondaggi confermavano che la percezione degli italiani sull´euro era negativa, il problema della comunicazione del Pdl era di «associare» questa percezione a Prodi e alla sinistra. Così, una volta ritornato il Cavaliere a Palazzo Chigi nel 2008, e stavolta dissoltesi più rapidamente che mai le chiacchiere sulle magnifiche sorti dell´Italia, l´euro fu additato come il responsabile di ogni sciagura. Era tutta colpa sua. Ma a buon bisogno il premier si presentava come il suo salvatore, essendo l´euro «una bandiera». Del resto, si sa: mosso com´è dalla «visionaria e lungimirante follia» del solito Erasmo ad uso delle folle plaudenti, può dire tutto e il contrario di tutto. Ma se si va a riguardare quello che Berlusconi fu capace di dire - e di sottovalutare - tra l´estate del 2010 e il fatidico 12 novembre del 2011, dal «non un euro vi sarà tolto» pronunciato durante l´intervallo del Bagaglino al discorso dei «ristoranti sempre pieni» passando per quattro o cinque manovre, la penultima delle quali il presidente (con il suo degno ministro dell´Economia) pensò addirittura di innaffiare con lo champagne (29 agosto 2011), beh, se si rileggono le cronache di nemmeno un anno fa c´è da rabbrividire - altro che «stampiamo euro con la nostra zecca». Le idee pazze infatti vanno bene per le canzoni. E qui non c´è più nemmeno una monetina per far cantare nessuno.