Roberto Giardina, ItaliaOggi 2/6/2012, 2 giugno 2012
La Germania non fa parate militari – Per la parata militare del 2 giugno perché non imitiamo i tedeschi che hanno fama di popolo guerriero? Da quando esiste la repubblica federale non l’hanno mai fatta
La Germania non fa parate militari – Per la parata militare del 2 giugno perché non imitiamo i tedeschi che hanno fama di popolo guerriero? Da quando esiste la repubblica federale non l’hanno mai fatta. Perché ne hanno fatte troppe in passato e si vergognano dei crimini commessi nell’ultima guerra? Noi eravamo loro [...] Per la parata militare del 2 giugno perché non imitiamo i tedeschi che hanno fama di popolo guerriero? Da quando esiste la repubblica federale non l’hanno mai fatta. Perché ne hanno fatte troppe in passato e si vergognano dei crimini commessi nell’ultima guerra? Noi eravamo loro alleati, se non ricordo male. Per la verità, di recente i soldati della Bundeswehr sono tornati a sfilare. Sotto l’Arco di Trionfo, invitati dai francesi, ex secolari nemici, per la festa nazionale del 14 luglio. La mia prima parata militare la vidi a Palermo nel ’53, appena otto anni dalla fine della guerra, perché i panzer sfilavano per Via Libertà sotto le mie finestre. E mi piacque, giocavo come tutti i futuri pacifisti con i soldatini di piombo, che poi erano di plastica. La nostra guerra non è la Krieg dei tedeschi. I film bellici all’italiana in Giappone li chiamano «macaroni combat». A me sembra un complimento. Helmut Schmidt, che la guerra la fece, quando comprammo dalla sua Germania gli ultrasofisticati panzer Leopard, commentò: «A che gli serve un carro armato con cinque marce? Agli italiani ne basta una sola. La marcia indietro». Un altro complimento da «Schnauze», il grugno, come chiamavano il Cancelliere. Ma anche Schmidt, quando era ministro della difesa, alla fine degli anni Sessanta, e riorganizzò le forze armate, affermò che i «soldati erano cittadini in uniforme». Basta con la tradizione militare prussiana. E fu introdotto il principio della «Innere Führung», come dire la guida interna, quella della propria coscienza, voluta dal generale Wolf von Baudissin, secondo cui ogni militare ha il diritto di non obbedire a un ordine che ritenga sbagliato. I tedeschi sfilavano dall’altra parte del Muro, finché di Germanie ce n’erano due, come piaceva ad Andreotti. I soldati della Nva, l’esercito della Ddr, erano gli unici al mondo a saper marciare in battaglioni 18 per 18. Ogni soldato in più messo in riga raddoppia la difficoltà, spiegavano gli esperti. Tanto per dimostrare che i «cattivi» erano gli altri, cioè noi, li vidi sfilare per la Unter den Linden con i fiori nelle canne dei mitragliatori. Quando il Muro cadde, Time o Newsweek scrissero che la nuova Germania avrebbe avuto di nuovo il più temibile e numeroso esercito al mondo. Un articolo, da ricordare a quanti stimano la stampa americana, in cui si sommavano gli effettivi di una parte e dell’altra. Ovviamente, non andò così. Ero convinto che, in caso di conflitto, i tedeschi dell’Est e dell’Ovest non si sarebbero sparati addosso, per fortuna nessuno potrà dimostrare che mi sbagliavo. Un paio d’anni fa, al Musikfestival della Nato, nello stadio di Kaiserslautern, la banda militare tedesca intona il vorticoso can can da Orfeo all’inferno di Offenbach, e al termine delle irresistibile musica, quando nei quadri di Toulouse Lautrec le ragazze gettano le gonne all’aria, i soldati di Angela Merkel si inginocchiano sul prato e puntano i fucili a terra. Stupendo e inaspettato.Si mette in scena solo il giuramento delle reclute, senza grande pubblico, alla presenza di qualche politico. Cerimonia contestata dai pacifisti, e si ha qualche problema a trovare la materia prima. Le reclute, appunto. Quando esisteva la leva obbligatoria, scarseggiavano i giovani idonei, una buona metà veniva riformata: i giovani erano troppo grassi, troppo fiacchi, non adatti alla vita militare per altre cause. Anche oggi con i volontari, la Germania ha difficoltà a ricoprire gli effettivi, per adempiere alle varie missioni nel mondo, spesso a fianco dell’Italia. L’anno scorso su 3.440 arruolati dopo cinque settimane ne vennero rimandati a casa 450, il 13%, che proprio non ce la facevano. I militari di carriera in libera uscita preferiscono jeans e maglioni. Nessuno indossa le uniformi per il tempo libero, tanto da provocare i rimbrotti della Bundesrechnungshof, la Corte dei conti: perché sprecare milioni di euro all’anno per indumenti che rimangono negli armadi? Non c’è affatto il fascino della divisa, grigia e dimessa. Se sfilassero non sarebbero neanche eleganti, con disappunto dei registi hollywoodiani che nei loro film vestono sempre le SS di nero, con la divisa di gala, anche al fronte.