Giancarlo Perna, Il Giornale, 4.6.2012, 4 giugno 2012
Leoluca Orlando, che prese la migliore maturità d’Italia del suo anno, ha sempre rovinato tutto per il suo troppo odiare espargere veleni
Leoluca Orlando, che prese la migliore maturità d’Italia del suo anno, ha sempre rovinato tutto per il suo troppo odiare espargere veleni. Rieletto per la quarta volta sindaco di Palermo, dopo un lungo purgatorio. Prosperò nelle brighe. Si autopromosse denigrando i rivali. Se non gradiva il risultato di un’elezione accuava l’avversario di brogli elettorali o di avere rastrellato voti mafiosi. Usò il metodo anche con il socialista Claudio Martelli che nel 1987, per capriccio, si fece eleggere alla Camera a Palermo. Mertelli se lo legò al dito e quando Orlando, nel ’93, fu rieletto sindaco gli dimostrò che era stato votatissimo nei quartieri pià coppoluti: kalsa, Zen, Ciaculli. Leoluca fece spallucce, perchè quello che vale per gli altri non vale per sè, e continuò metodicamente a "mascariare" il prossimo. Tutt’ora, che ha 65 anni (in agosto), non ha perso il vizio. A marzo invalidò, nella sostanze, le primarie parlemitane della sinistra, gridando come un ossesso, "brogli, brogli", senza averne le prove. Con questa scusa, si è autocandidato sindaco contro il vincitore della lizza e suo ex pupillo, Fabrizio Ferrandelli e ha vinto con il 72,4 per cento dei voti contro il 27,5 di Ferrandelli. Senz’altro un trionfo sull’avversario, ma un fiasco in termini assoluti. Essendo stata l’affluenza inferiore al 40 per cento, ne deriva infatti che solo il 28 per cento degli aventi diritto ha votato Orlando e che il restante 72 si è ben guardato dal farlo. L’elezione di Orlando è uno schiaffo alla memoria del giudice ucciso. Il 17 maggio 1990, il faccione di Leoluca, anche allora sindaco, fece capolino a Samarcanda di Santoro. L’ospito con il solito broncio da intrigante sparò: "Il giudica Falcone nasconde le carte nel cassetto". All’osso, il sindaco col ciuffo sosteneva che il Divo Giulio fosse "punciutu", cioè avesse stretto con i mafiosi il patto di sangue - dito bucato contro dito - e che affiliati fossero i suoi amici politici. La colpa di Falcone invece - sempre ai suoi occhi - era di non essersi lasciato infinocchiare da un mafioso, certo Giuseppe Pellegriti, pseudo pentito che godeva però della piena fiducia di Leoluca. Costui aveva "rivelato" che fu Lima a ordinare l’omicidio di Piersanti Mattarella, avvenuto nell’80. Falcone capì al volo la panzana e incriminò Pellegriti per calunnia. Ciò scatenò la rabbia del sindaco e dei suoi professionisti antimafia che volevano invece incastrare gli andreottiani e avevano passato il tempo a catechizzare Pellegriti (come rivelerà Falcone al Csm). Questo l’antefatto della "denuncia" di Orlando allo show di Santoro, in cui l’interessato fu aggredito in sua assenza e contro il principio di lealtà. Così Falcone finì nel tritacarne della "primavera" di Palermo, l’orrida stagione dominata dal duo Orlando-Padre Pintacuda al motto imbecille: "Il sospetto è l’anticamera della verità".Al punto che perfino l’attentato alla villetta all’Addaura, di cui Falcone fu vittima, si ritorse contro di lui.Il giudice ne trasse due indizi: che la mafia lo voleva morto e che tentava di ucciderlo adesso perchè lo considerava più vulnerabile. Gli orlandiani sparsero la voce che era stata una messinscena di Falcone. Così la sua figura perdeva smalto. Falcone fu convocato a Roma dal Csm con la seduta del 15 ottobre 1991. Falcone inchiodò Orlando con alcuni giudizi che lo dipingono per l’eternità. "Orlando - disse - sarà costretto a spararle ogni giorno più grosse. Lui e i suoi sono disposti anche a passare sui cadaveri dei loro genitori. Questo è cinismo politico. Mi fa paura". Spiegò che, contrariamente alle accuse del sindaco, "nei cassetti non c’erano prove, perchè ormai erano stati tutti svuotati" e gli eventuali accantonamenti erano solo "indagini fatte male". Se poi il sindaco si è incattivito, è perchè non ha digerito l’arresto di Vito Ciancimino, il mafioso. Ecco dunque, Leoluca ce l’aveva col giudice perchè gli aveva arrestato il Cianci. Oltre, naturalmente, avergli mandato a monte il piano contro Andreotti. Verso la fine dell’udienza, il giudice fa un affresco della Palermo del duo Orlando-Pintacuda. "Non si può andare avanti in questa maniera... è un linciaggio morale continuo...". Le ultime parole dell’arringa sono da incidere nel bronzo: "La cultura del sospetto non è l’anticamera della verità; la cultura del sospetto è l’anticamera del khomeinismo". La profezia: "Mi stanno delegittimando. Cosa Nostra fa così: prima a insozza la vittima, poi la fa fuori". Falcone morì sette mesi dopo, il 23 maggio 1992. Orlando andò al funerale, ciuffo in doglie e aria del cane bastonato. Sul sagrato della chiesa Maria Falcone, sorella dell’ucciso, lo affrontò: "Hai infangato il nome, la dignità, l’onorabilità di un giudice integerrimo". E gli girò le spalle. Leoluca piagnucolò: "E’ una cosa che mi fa molto male". Chi oggi li accomuna come se fossero stati sulla stessa barricata, mente. Chi è dalla parte di Falcone non può stare con Orlando. Ecco perchè la scelta elettorale di Palermo è un brutto indizio.