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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Stavo già per mettere il coperchio sulla grossa pentola dove si sono accumulate le esperienze spirituali e intellettuali di otto decenni appassionati e appassionanti, quando un inaspettato concorso di circostanze, stupefacente e imprevedibile, ha trasformato la mia vita di vecchio diplomatico a riposo in una baraonda senza respiro

Stavo già per mettere il coperchio sulla grossa pentola dove si sono accumulate le esperienze spirituali e intellettuali di otto decenni appassionati e appassionanti, quando un inaspettato concorso di circostanze, stupefacente e imprevedibile, ha trasformato la mia vita di vecchio diplomatico a riposo in una baraonda senza respiro. Un breve testo dal titolo provocatorio (Indignatevi!, ndr), uscito dalla mia penna, è partito come un proiettile attraversando prima i paesi francofoni e poi scavalcando ogni confine, chiedendo ai suoi lettori, ormai innumerevoli, d´indignarsi. Non avevo valutato né il rischio che correvo né l´accoglienza talvolta entusiasta che l´appello avrebbe suscitato. Avevo scatenato un vero uragano! Occorreva cercare di capirne le ragioni e trarne, soprattutto, le conseguenze. Sì, quel testo era arrivato al momento giusto. Uscita da vent´anni di imperialismo del denaro, dal quale i governi non erano stati in grado di preservare i propri cittadini, la società mondiale offriva ai popoli che la compongono un quadro davvero deprimente e incongruo. Richiamando i valori di libertà e giustizia su cui, all´uscita dal caos spaventoso degli anni Quaranta, la mia generazione aveva inteso costruire un mondo migliore, e sottolineando come quei valori erano stati traditi, quel mio appello a indignarsi arrivava al momento giusto. E io, per parte mia, non potevo fermarmi lì. Quel successo comporta per me un dovere. Oltre alla sorpresa per aver toccato il tasto giusto mettendo su carta solo alcune semplici idee a mio avviso del tutto evidenti, ho provato naturalmente anche gioia. Una gioia di vivere che si rinnovava ogni volta che un pubblico di giovani ascoltatori mi poneva le sue domande allarmate, alle quali finivo immancabilmente per rispondere recitando delle poesie. È un momento magico per me. Il vecchio tranquillo ambasciatore si trova di fronte ad aspettative che ha creato egli stesso. È il momento in cui la vecchiaia che mi appartiene mi offre l´occasione di un ultimo rilancio: una nuova finestra sul mondo e sui miei contemporanei. Ciò che dico, infatti, non ha altro significato se non in quanto frutto di una lunga vita, nel corso della quale ho conosciuto, incontrato, scoperto molte cose, e vissuto le esperienze più varie. Un tale accumulo di memoria umana costituisce un tesoro di senso. È il fatto di avere attraversato un secolo pieno di invenzioni, speranze e orrori, di avere pienamente vissuto quell´avventura, che fonda la mia attuale credibilità. Perché forse ho un debito di senso con la vita – e posso permettermi, oggi, di restituirlo tramite la mia testimonianza. Tra eclisse della durata, rottura del legame generazionale e società dello spettacolo, ai tempi attuali il fattore età ha assunto uno strano valore. Agli occhi dei nostri contemporanei l´esperienza vissuta sembra a volte meno importante delle esperienze che non sono ancora state fatte, non sono ancora state avviate. Nel suo piccolo Essai d´intoxication volontaire, Peter Sloterdijk parla di "diseredità integrale". Vale a dire di «quello strano modo in cui le giovani generazioni si staccano di netto dai loro genitori» – salvo dover poi reimparare tutto da sole. Da qui la domanda: che cosa avrebbe da proporre al mondo un vecchio gentiluomo come me, e perché dovrebbe essere ascoltato? Tra l´altro, non ho davvero la preparazione filosofica indispensabile per essere un pensatore politico. Per cui si avrà ragione di credere che a dare forza alle mie parole sia piuttosto l´esperienza che non la forza del pensiero. Ma è forse venuto per me il momento di fare i conti. La fine, però, non accenna ad arrivare. Ho varcato, con un certo allarme, la soglia dei novant´anni diventando un sopravvissuto. Uno di quei sopravvissuti, sempre più rari, dotati di una memoria tornata di colpo fondamentale, alla quale va attribuito tutto il significato che essa può avere. A conti fatti? Non tutti i conti sono ancora fatti. Oso sperare che non sia l´ultimo rendiconto. © Libella, Paris, 2011 © 2012, Bompiani/RCS Libri S.p.A.